Spolia II – Federico Rossignoli


 
 


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 4 euro


 
 

Spolia II
Federico Rossignoli

Samuele Editore 2017, collana Scilla
traduzione di Sandro Pecchiari
prefazione di Giovanna Frene

pag. 74
Isbn. 978-88-96526-89-7

 
 
 
 

Questo libro è stato pubblicato grazie a una Campagna di Crowdfunding promossa da Ulule.com.

Sostenitori:

Erminio Alberti, Michela Altran, Chiara Baldini, Domenica Benci Piccini, Ilaria Boffa, Laura Borghesi, Mariangela Bruno, Mina Campaner, Giovanna Carlo di Ronco, Giuseppe Celotto, Flaminia Cruciani, Laura De Beni, Lilya Destradi, Claudia Di Palma, Mario Famularo, Marcello Ferrante, Alessandro Fo, Daniela Fon, Bruna Forniz, Gino Franchetti, Carmela Fratantonio, Francesco Gulic, Francesca Hrast, Michele Marson, Roberta Mejorin, Elena Montisci, Gabriella Musetti, Michele Paoletti, Sandro Pecchiari, Toni Piccini, Piero Polidori, Maria Milena Priviero, Riccardo Raimondo, Laura Ricci, Marco Rossignoli, Francesco Sassetto, Fulvio Segato, Carlo Selan, Andrea Sirotti, Rachel Slade, Sonia Tersar, Teodora Tommasi, Alberto Toni, Giorgia Vecchies, Art Project Team

 
 

Dalla prefazione:

Ciò che resiste, che è resistito fino a noi, è “Ilio sacra”, la parola nuda della poesia: un nome, sacro perché nome, rispetto al quale le vicende dei vincenti diventano, giocoforza, sacrileghe. È Ilio sacra, la poesia, a farsi carico delle fallacie dell’essere umano. Tutto crolla sotto l’incendio della violenza, tranne la parola evanescente della poesia, che nessuna spada potrà mai trafiggere. E se infine tutto quello che resta è solo la poesia (non ciò che fonda, come in Hölderlin: proprio ciò che resta), allora gli Epinici dell’ultima sezione, costruiti su modello pindarico, ne dimostrano infine la gratuità, il fare tutto per la gloria di un semplice serto di foglie, per il poter attingere, nell’eternità perfetta dell’attimo corporale, un frammento di divinità nel nostro tempo, a fondamento dell’io che crea, distruggendo e salvando, nel dilemma irrisolvibile della parola poetica: “Sono mare anch’io, sono spuma e onde, / tendo i nervi e bagno le ginocchia, / sono l’atto di violenza degli abissi, / la condanna nuda, vittoria senza fine” (Afrodite iperborea).

Giovanna Frene

 
 
 
 
Leda e il cigno
 
Su di me si spegne il volo.
Il mio corpo è sua custodia,
dalle gambe al collo il collo
lungo è fiume che s’ingrossa.
Poi, spiegato, si disperde.
Mi rimango contemplata
piume fra la cosce e covo
la vendetta, senza alcun rancore.
 
 
 
 
Leda and the swan
 
Over me the flight is over.
And my body is his sheath,
from legs to neck the neck
as a long river bulging.
Then, unfolded, it dissipates.
I am lingering on feathers
between my thighs I hatch
vengeange, and I don’t resent.
 
 
 
 
 
 
Lanciatrice di giavellotto
 
Non c’è democrazia nel tuo
corpo, c’è la tirannide.
Per grazia divina ingrossa
i muscoli, impone balzelli
sul posto, eppure la linea
che ti compone non si scompone.
Corri sempre più veloce
e nel massimo splendore
lasci il posto al giavellotto
affinato dalla foga.
Vada pure: a te spetta
il respiro in piedi, il braccio
strappato retto dall’altro
come dopo la bora potente.
 
 
 
 
Javelin thrower
 
there is no democracy in your
body, tyranny is there.
By the grace of God it flexes
muscles, levies unjust taxes
on the land, although the line
that shapes you comes unstirred
Run and run faster
and at the top of splendour
give way to the javelin
thinned by spur.
Let it go: yours is
the breath standing, the arm
shred from the other arm
just after a mighty bora.
 
 
 
 
 
 
Afrodite iperborea
 
Questa pioggia non è altro che mare,
cosa mai dovrebbe essere la nebbia?
Parlo con la voce d’aquilegia
e il mio passo incede accanto a ciò che passa.
Sono mare anch’io, spuma sono e onde,
tendo i nervi e bagno le ginocchia,
sono l’atto di violenza degli abissi,
la condanna nuda, vittoria senza fine.
 
 
 
 
Hyperborean Aphrodite
 
This rain is but the sea,
what should fog be then?
Mine is the voice of the columbine
and my gait treads by what is flowing
I am a sea too, foam I am and waves
I twist nerves and wet knees
I am the violent deeds of the abyss,
the naked conviction, this everlasting victory.