LABORATORI CRITICI n.0

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LE RISORSE DEL SILENZIO

Rivista semestrale di poesia e percorsi letterari

Anno I, Vol. 0, Novembre

Pagine 120
Prezzo 11 euro
ISBN 978-88-94944-46-4

 
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In questo numero ci siamo occupati di:

Tito Balestra Franco Battiato T. S. Eliot Carmen Gallo Hervé Guibert Valerio Magrelli Kitarō Nishida Pier Paolo Pasolini Giancarlo Pontiggia Stefano Raimondi Mario Ramous Hannah Sullivan Steven Toussaint Emanuele Trevi Charles Wright

Redazione:

Angelo Andreotti Alberto Bertoni Matteo Bianchi (direttore responsabile) Chiara Evangelista Mario Famularo Alberto Fraccacreta Riccardo Frolloni Carlo Selan Daniele Serafini

Hanno collaborato:

Sandro Abruzzese Lucianna Argentino Maria Borio Duccio Demetrio Leonardo Guzzo Valerio Magrelli Niccolò Nisivoccia Giancarlo Pontiggia Stefano Raimondi Steven Toussaint Emanuele Trevi


Indice:

La tradizione della carta, la presenza dell’oggetto
Editoriale di Matteo Bianchi

Le prospettive inedite della pandemia
di Sandro Abruzzese

Quel nascosto sentire
di Angelo Andreotti

Battiato. Come un cammello in una grondaia
di Alberto Bertoni

Tre storie per un’isola
di Maria Borio

Elogio della mascherina e delle dita che riparano ferite
di Duccio Demetrio

La metafisica del quotidiano di Charles Wright, il poeta peregrino che rimane in ammirazione davanti all’assenza
di Chiara Evangelista

“Diventare il silenzio”: da Mario Ramous a Kitarō Nishida, riflessioni sul rapporto tra parola, azione e silenzio
di Mario Famularo

Ri-utilizzare: T. S. Eliot, Hannah Sullivan e Carmen Gallo
di Riccardo Frolloni

La morte di Pasolini nei versi di Valerio Magrelli
di Matteo Bianchi

Su Tito Balestra
di Niccolò Nisivoccia

Risorse contro tempo: inediti di Giancarlo Pontiggia e Stefano Raimondi
a cura di Matteo Bianchi

“Hillside” di Steven Toussaint
traduzione di Leonardo Guzzo

Dentro il silenzio
di Lucianna Argentino

Su Pier Paolo Pasolini. Tre domande a Emanuele Trevi
a cura di Matteo Bianchi


La tradizione della carta, la presenza dell’oggetto

Editoriale di Matteo Bianchi

Non per manifestare la nostra esistenza autoproclamandoci intellettuali, salendo da noi sul pulpito. Non per cominciare una rivoluzione dal divano di casa, tanto meno per scrivere esclusivamente di altri scrittori e soffocarci tra i tanti salotti letterari italioti che già Roberto Roversi ripudiava con tutto se stesso, barricandosi nella sua libreria rigorosamente indipendente: «(…) per dare un po’ di luce alla solitudine e scacco alle amare incertezze piccole - grandi di ogni giorno». Che fondare una redazione di cultori delle materie umanistiche e di critici accademici quanto militanti sia significato condividere un progetto, accudirlo come una buona idea, svilupparlo insieme e renderlo accessibile, è evidente ed è stato indispensabile. E la frase di Roversi assimilata dal manifesto di “Ad alta voce” lo raffigura completamente. Tutt’al più il lettore potrà considerare i nostri spunti – che sempre scenderanno nel contesto circostante e in ciò che del contingente si deposita nelle nostre esistenze – dei cocciuti esercizi di stile, o un modo affinché delle considerazioni ponderate e sedimentate rimangano con noi oltre uno schermo, poiché banalmente «nessuno è mai solo con un libro in mano», appunterebbe Roversi aggrappandosi alla fisicità dell’oggetto, alla sua presenza e al gesto della presa.

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