Il 2024 della Samuele Editore

UN ANNO DI
SAMUELE EDITORE

 

Un anno fra i più impegnativi sia a livello di progetti che di investimenti, il 2024 della Samuele Editore. Il 2023 si concludeva con la nascita della Serie Speciale di “Laboratori critici” (a cura di Matteo Bianchi) e con il termine della Collana Scilla (il resoconto dell’anno scorso QUI). Progetti importanti a seguito di quello che era stato l’enorme successo delle versioni pascoliane di Seamus Heaney.

E poi è accaduto un 2024 nel quale abbiamo lanciato i “Progetti territoriali“, gli speciali raccolti in un unico percorso, di “Laboratori critici”, acclamati al Salone del Libro di Torino. Nel quale sempre con la rivista abbiamo raccontato i due più importanti Festival dedicati alla poesia in Italia: Ritratti di Poesia e Pordenonelegge. Nel quale ci siamo occupati di Dylan Thomas e abbiamo fatto una straordinaria scoperta, un falso storico. Nel quale abbiamo aperto, dai “Progetti territoriali“, una seconda rivista legata a “Laboratori critici” ma con un percorso indipendente: il “Nuovo Almanacco del Ramo d’oro“, erede di una grande storia e tradizione a Trieste che nasce nel 2003. Nel quale a Trieste abbiamo messo insieme tutti i vari settori della Casa Editrice e, in un appuntamento straordinario, dentro la programmazione di Una Scontrosa Grazia abbiamo presentato con Gian Mario Villalta il numero 6 di “Laboratori critici” (serie canonica), numero monografico che ha raccontato i 10 anni della collana Gialla di Pordenonelegge (prima Lietocolle poi Samuele Editore) curato da Roberto Cescon. Incontro poi continuato a Book City Milano grazie a Tommaso Di Dio. Anno nel quale abbiamo fondato la Nuova Collana Scilla con dei titoli straordinari e sceltissimi e dove abbiamo proseguito la Collana Callisto con, tra le altre cose, un’importante collaborazione con l’Università di Torino e il suo Dipartimento di Lingue e Lettere straniere e Culture moderne. E anno nel quale, sempre nella Collana Callisto, abbiamo puntato ai grandi autori stranieri.

Senza dimenticare, infine, il Premio Editoria di Merito vinto assieme a Donzelli Editore e Marcos Y Marcos (le foto QUI).

 

Ma come da tradizione partiamo dai libri pubblicati nei dodici mesi, che quest’anno si dividono in:

  • 10 collana Callisto
  • 1 collana Leda (in pubblicazione)
  • 3 collana Gialla
  • 3 collana Gialla Oro
  • 3 fuori collana
  • 2 numeri della rivista
  • 3 numeri Serie Speciale della rivista

La Collana Leda ha avuto un piccolo rallentamento a causa dell’importanza eccezionale del volume e delle complicazioni date dai diritti pagati agli editori internazionali. Un progetto nato a fine 2022, dopo l’appuntamento a Una Scontrosa Grazia (il video QUI) con Paolo Febbraro e Nicola Gardini dentro il programma di Pordenonelegge, e che sta per produrre un quaderno di traduzioni unico nel suo genere, e che non mancherà di far parlare di sè.

Altra particolarità, oltre alla succitata nascita del “Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro” come costola di “Laboratori critici”, è la nascita del percorso autonomo, quindi non più come semplici Fuori Collana, di Poesie in viaggio nato nel 2023 con Un prato per saltare e continuato nel 2024 con Terra tra le dita. Un’importante iniziativa di Arcometa, consorzio di ProLoco del Friuli che, durante l’anno, raccoglie le voci più significative del territorio per un progetto corale e aggregativo e che anche per il 2024/2025 ha confermato la collaborazione con la Casa Editrice.

Continua inoltre la tradizione degli autori che tornano a pubblicare il loro secondo o terzo libro con la Samuele Editore. Quest’anno hanno ripubblicato con noi Candelaria Romero (Un uccello ha fatto il nido nella mia testa) e Maria Milena Priviero (Il giardino dei semplici).

Infine la collaborazione con Pordenonelegge si consolida ulteriormente grazie alla pubblicazione de Quindici racconti per quindici anni – il libro di pordenonescrive.

 

Nel dettaglio, partendo dalla Nuova Collana Scilla:

L’urlo della mente e altre poesie inedite di Umberto Piersanti

L’urlo della mente è senz’altro l’opera più singolare di Umberto Piersanti. Edita originariamente da Vallecchi nel 1977, la raccolta è impregnata della kierkegaardiana ‘malattia dell’anima’, del «dubbio» – a partire dalla traumatica vicenda con un noto mistico poi dalla Chiesa assolutamente non riconosciuto – che assume i tratti di un vero e proprio interrogativo sul significato della vita, conferendo così al consueto dettato lirico-elegiaco piersantiano una patina, quasi una corteccia di esistenzialismo exprès. È evidente la rotta di ‘teologia negativa’ dei versi che si assestano su un iterato e martellante «ritorno» dell’«Assurdo», legato non soltanto ai sussulti psichici e mnestici, ma anche all’echeggiare di filosofie à la page particolarmente negli anni Settanta. Lo stacco operato dalla poesia di Piersanti – L’urlo della mente è il terzo libro e segue al fortunato e melodico Il tempo differente (Sciascia, 1974) – è però autentico nel suo guardare in viso al «male», nominandolo astrattamente e asciugando ogni richiamo a una realtà concreta e fattuale.

Sacra è ancora la nostalgia del «tempo differente», il goethiano attimo di splendore e bellezza, che rischia di essere soffocato dall’«ossessione tenace»: anche qui si avverte un fremito di sincera, inquieta apertura a una dimensione altra, che riesca finalmente a eludere le superstizioni e le metamorfosi tenebrose delle false devozioni.

Alberto Fraccacreta

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Dolori di Zhao Lihong

Chi ama la poesia spesso ritiene sia intraducibile. Noi e il nostro Editore pensiamo lo sia e la poesia di Zhao Lihong – sorprendente, visionaria, incantatoria – è stata tradotta in tante lingue. Con fiducia nel nostro modo di sentire e fare poesia abbiamo deciso di rispondere poeticamente alle sollecitazioni di questo potente e raffinato scrittore. Ascolandolo per mesi sulla pagina e per qualche giorno di persona, ci siamo lasciati avvolgere dall’ampiezza del suo pensiero e dalla profondità delle sue parole. La liquidità dei testi in italiano vuole riflettere l’ipnosi incalzante e illuminante che ha accompagnato il lavoro di traduzione. Le nostre versioni sono echi di una conversazione cui hanno preso parte anche amici sinologi e traduttori maderlingua italiani, cinesi e inglesi. Un ringraziamento particolare a Yuanyuan Liang per le sue pazienti e poetiche delucidazioni. In questo modo ci siamo potuti avvicinare al genio poetico di Lihong con la libertà di chi, ricevuto un dono, vuole immediatamente condividerlo.

Flaminia Cruciani, Marco Sonzogni

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Vittima delle rose di Claudio Recalcati

Dopo un lungo silenzio, seguito alle uscite di Microfiabe (2010) e Cartoline dell’addio (2013), Claudio Recalcati ritorna con un un’opera internamente molto articolata ma organica, in cui domina un senso indomito di una corrosiva, tormentata energia nell’esserci, colta nelle varie circostanze del vissuto. E in queste pagine, come del resto nelle tappe precedenti della sua vicenda poetica, ci troviamo di fronte a una viva tensione continua che diviene forte e inconsueta, coinvolgente energia espressiva. Recalcati si muove su territori diversi, convoca varie figure di grandi poeti, passando magari dall’ “armonia delle note di Whitman” per arrivare a introdurre un’ “onda lunare con la faccia di Poe.” Questo in virtù di un naturale estro, di un io “ostile a una vita normale”, che sempre oscilla tra cupezza e apertura possibile di luce, sia pure momentanea, introducendo a tratti anche improvvise invettive. C’è, insomma, nei diversi capitoli di questo nuovo libro, una circolazione fittissima è imprevedibile di umori che ne costituisce il carattere essenziale.

Il suo cammino è dunque estremamente inquieto e gli suggerisce il ritorno alla mente di situazioni affioranti dalla memoria, dove sempre si impone la concretezza del reale nella quotidianità delle situazioni, nei brandelli di un passato che d’improvviso gli pervengono e mettono in moto la sua sensibilità. E qui si manifestano allora personaggi, luoghi in cui è maturata l’esperienza del poeta, a volte anche drammatica. E certo rilevante è la presenza della sua città natale, di una Milano vista anche nei dettagli dei suoi vari ambienti e quartieri, non necessariamente illustri.

Maurizio Cucchi

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Pomes Penyeach/Po(e)mi da un penny di James Joyce a cura di Andrea Carloni.

Pomes Penyeach include dodici poesie composte da James Joyce in un periodo di dodici anni, dal 1912 al 1924, con l’aggiunta della prima, Tilly, composta nel 1904 a Dublino. Le otto successive furono scritte a Trieste tra il 1912 e il 1915, ulteriori tre a Zurigo fra il 1916 e il 1918, l’ultima a Parigi nel 1924. Uscirono dapprima separatamente su riviste letterarie come le statunitensi Saturday Review e Poetry, per poi essere tutte raccolte in volume il 7 luglio 1927 dalla casa editrice Shakespeare and Company di Parigi di Sylvia Beach, con cui era stato pubblicato anche Ulysses nel 1922.

Nel 1932, per le case editrici britanniche Obelisk Press e Desmond Harmsworth, la raccolta uscì in una nuova edizione in tiratura limitata, corredata dalla riproduzione dei testi nella calligrafia corsiva di Joyce e dalle illustrazioni della figlia Lucia che disegnò le lettere iniziali (le “Lettrines”) di ciascuna poesia: l’intento era di aiutarla nel fragile stato emotivo e psichico che attraversava, affidandole un incarico che le permettesse di esprimersi artisticamente. Uscirono poi revisionate di alcuni refusi nel 1933 e nel 1939 con Faber & Faber.

Il titolo Pomes Penyeach è ispirato ai venditori ambulanti di mele a un penny l’una, sfruttando l’assonanza fra “pomes” (mele, dal francese “pommes”) e “poems” (poesie). Il libro uscì non a caso con una copertina color verde chiaro che ricordasse quello delle mele Calville, le preferite da Joyce (che nel 1933 ne fece recapitare tredici in dono a Sylvia Beach), e fu messo in vendita a uno scellino, corrispondente a dodici pence (quindi un penny l’una, più la prima in omaggio). Si può trovare un richiamo a tutto ciò in una scena di Lestrygonians, l’ottavo episodio di Ulysses

Andrea Carloni

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Per quanto riguarda la Collana Callisto:

 

Egolari di Massimo Pamio

Un foliage in cui sperdersi e ricercarsi; prima di tutto dislocati, in un secondo istante disorientati e infine abbacinati dalla luce in fondo alla radura, in un perpetuo vagabondare lungo un sentiero di similitudini e metafore. È l’insospettabile flusso di magia sprigionato dalla rifrazione dell’ego – e dunque dagli ego, dai vari Io – di un poeta in quanto tale; ecco cos’è quel senso d’inquietudine che pagina dopo pagina abbaglia, sorprende e cattura chi legge i testi di Egolari.

[…]

La bellezza di queste poesie risiede nel primordiale disorientamento sperimentato dal lettore, vessato dall’enigma amatissimo del paradosso. L’elemento perturbante è in verità la traccia residuale d’una scissione giocosa, di quel gioco d’ombre e specchi e multipli che si aggancia all’estesa, lungimirante e felice tradizione letteraria del doppio. Sotto la scorza di quest’ultima fatica in versi di Massimo Pamio si nascondono un brusio continuo e un declinarsi improvviso di τόποι letterari e conseguenti, impliciti rimandi a precedenti casi letterari. La sezione finale degli Egolari, intitolata Teatro II, conferisce al libro una circolarità abbastanza equilibrata. Le nove composizioni della sezione iniziale, Teatro I, costituiscono invece una sorta di monologo dal sapore metateatrale indirizzato dal poeta a un altro (da) sé, come suggerisce la criptocitazione rimbaldiana che suggella la chiusa della seconda scena: «Io, un altro».

Vernalda Di Tanna

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Lessico terrestre di Vito Giuliana

Il viaggio comincia in un’alba d’inverno, con “il volo solitario del falco”. La direzione è quella del tramonto – l’Occidente. Nell’area creaturale e fenomenica che questa silloge tenta di circoscrivere, seguiranno il “nero volo dei merli”, gli “oscuri corvi”.
La scrittura è erranza, forse senza esito.
Sul frontespizio sta scritto che l’autore è il poeta Vito Giuliana, ma in realtà non sappiamo chi abbia composto questi versi. Ad ogni lettura, il soggetto che traccia le parole sembra scomparire. Scorgiamo questo “io” nell’atto di ricreare o – almeno – di testimoniare un cosmo, cogliendolo nel gesto di un arretramento della propria identità. Nessun’allusione autoreferenziale, nessun riferimento o compiacimento autoriale.
Nel fading del soggetto, nella sua dissolvenza di monade grandiosa, ma intensamente solitaria, la lingua resta come un residuo impronunciabile del mondo. “Chi scrive tace. Chi legge non rompe il silenzio” – sentenziava Pascal Quignard.

Avevamo lasciato Giuliana tra le pagine di Inventario (2021), forse la sua opera più essenziale di scavata maturità – “frammenti lirici” gettati come lacerti di lettere dal naufragio della soggettività, un anno prima della vasta impresa della sua Trilogia Poetica – che, invece, è apparsa come una voce dispiegata in una toccante teurgia di resurrezione delle vite dei grandi artefici della musica, della pittura e della letteratura.
Oggi lo ritroviamo in una sorta di catalogo di paesaggi abitati da un altro tempo e governati dalle imperscrutabili leggi di una natura arcana, atlante di mondi senza io, imperturbabile voce metafisica dell’abbandono. Una vocazione remota, per l’autore che ci occupa, se rammentiamo che proprio Catalogo ed Atlante – già nel tratto estremo del secolo scorso – rappresentarono significative raccolte di versi e di prose poetiche dello scrittore siciliano, allora non ancora quarantenne.

Roberto Comelli

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Un uccello ha fatto il nido nella mia testa di Candelaria Romero

Quando la paura personale diventa globale, il pensiero s’allarga e la fotografia dell’essere accomuna nel dolore popoli, uomini, donne, bambini. Dove sta il limite nel dare la morte? Dove sta il piacere nel volere la morte dell’altro? Una domanda che percorre molti versi di Romero e che s’aggrappa a situazioni di speranza che richiedono l’attraversamento epocale del dolore: «Il terrore si moltiplica/ viaggia dentro i passi di donne/ bambini e padri./ Ieri l’Argentina oggi l’Afganistan».

In questi scenari, emerge con forza e costanza il bisogno di poesia, inteso come strumento di ricerca di un’identità continua: uno spazio vitale individuale e collettivo che possa attestare una liberazione sotto diverse forme e significati. «Mancano i poeti» e manca il senso della vita, fatto di minute azioni e parole che possono trasformare l’esistenza e nutrirla degli aspetti più celati o sconosciuti: simboli vivi, quotidiani, che cementificano e danno respiro alla parte migliore di noi stessi, smuovendo emozioni, sentimenti, sensazioni, intimità come nei versi distinti dedicati a Mia (Lecomte) e Paolo (il marito di una vita).

Gianluca Bocchinfuso

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Loro due di Maria Grazia Chinato

Tra i temi trattati si pensi all’amore, grande pericolo di tutta la storia della poesia e continua scommessa dei poeti. In Loro due l’amore non è solo un sentimento romantico ma un’esperienza terribilmente totalizzante che abbraccia gioie e dolori, speranze e disillusioni. Chinato lo rappresenta come un tessuto intrecciato di momenti intensi e fugaci dove il tempo sembra sospeso e i ricordi si fondono con il presente. Una forza potente, a volte caotica e disorientante, sempre profondamente trasformativa. È un amore che sfida le convenzioni e le aspettative rivelandosi contraddittorio e inafferrabile.

Oppure il tema della memoria, esplorato non solo come conservazione di momenti passati ma anche come forza attiva che modella identità, relazioni e percezione del tempo. L’autrice utilizza la memoria per riflettere su come le esperienze passate influenzino il sentire e le interazioni presenti, sottolineando la natura elusiva e sfuggente dei ricordi. Le immagini di sagome e margini sfocati suggeriscono la difficoltà di afferrare completamente il passato, esplorando il dualismo tra persistenza ed evanescenza, mostrando come la memoria possa essere un rifugio di dolcezza o una fonte di dolore persistente.

Infine il tema del tempo, elemento fluido e talvolta caotico che incide profondamente sulla percezione della realtà e sulle dinamiche relazionali. Il tempo non è solo una dimensione lineare ma un insieme complesso in cui passato, presente e futuro si aggrovigliano e si influenzano reciprocamente. L’autrice ne esplora le differenti percezioni sottolineando come il tempo possa essere vissuto in modo diverso a seconda delle emozioni coinvolte: momenti di gioia possono sembrare effimeri, periodi di tristezza possono apparire dilatati. Il tutto in una successione di testi armonica e precisa, calibrata.

Alessandro Canzian

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Il mio amico colleziona ceramiche di Meissen di Lino Roncali

C’è una fede, in questi versi, vera, che non è da confondere con la certezza (se certezza vi fosse, a che la fede?) e c’è speranza, quella sì, legata non tanto alla propria vita, quanto alla vita stessa, che è soprattutto vita degli altri. La vita normale, una bella giornata, un posto gradevole, il buon cibo, l’amicizia. Non si creda che si tratti di rassegnare fede e speranza nelle mani di una saggezza oraziana a buon mercato: in questa elegia forse, di Orazio, c’è proprio la rinuncia all’indicibile perché ovunque “le parole non parlano davvero” per se stesse, ma nella voce e nel respiro, dice la poesia intitolata Disnomia: solo lo stare sulla terra e il condividere la vita danno alle parole un senso.

Allora si spalanca, anche per Roncali, un abisso, e non lo vorrebbe. Preferirebbe anzi toni più sfumati, una leggera autoironia, la dolcezza delle cose condivise, l’intelligenza del momento giusto. Però accade che al cuore delle parole, in fondo a ciò che neppure la morte cancella, c’è l’enigma del tempo e, per ogni vita, la domanda su quale relazione vi sia tra il tempo della nostra vita e il l’ipotesi di un destino.

Gian Mario Villalta

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Il giardino dei semplici di Maria Milena Priviero

Il male di vivere ha nel Novecento il suo padre indiscusso in Montale e a lui alcuni termini e alcuni toni ci rinviano: “Nell’abbrivio di un vento che ci tiene / vivi e ci distrae dal pensiero. / – E l’inganno è qui – / Dell’imminente inverno”. Ho citato Montale ma c’è, c’è davvero anche nella cadenza del testo perché quel verso così teso e denso, “E l’inganno è qui”, richiama forte “Il varco è qui?” della Casa dei doganieri.

Convalescenza dai mali di vivere, però, precisa l’autrice a spiegare come in fondo quella condizione di disagio, di smarrimento sia superata, digerita, inglobata nel proprio essere e quindi, in fondo, resa vivibile. E il seguito dei testi ci racconta proprio come si rende vivibile la vita, col farmaco della poesia.
Il farmaco forse è proprio nel secondo movimento della sonata, in quel Giardino dei semplici che occupa una parte consistente della silloge, che sarà forse da connotare con il ritmo di un Allegretto. La natura, dunque, in questa parte della raccolta strutturata addirittura nella forma elegante dell’Hortus conclusus. Si apre in questo movimento della sonata un mondo incantato di fiori, uccelli, frutti, dipinto con quei colori acquerello che erano nel Diario di campagna di Edith Holden, citato dalla stessa Priviero: settembrini, arcobaleni, merli, crochi, chioccioline, ma l’elenco è lunghissimo.

Paolo Venti

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Se la terra muore di Gianni Giolo

Non si dà prosa in questi versi, ma musica che compie comunque l’attrito reale con una storia, familiare quanto si voglia ma comunque una storia di cura, segni e amore. Nella poesia di Giolo c’è la capacità di trasformare gli oggetti in cose. L’autore riesce a trasportare, con il rito del verso obbligato del sonetto, un “fenomeno” da bene apparente a vero bene, cioè partecipa al lettore l’emotività che rende un mero oggetto, un semplice fenomeno concreto, in una cosa che porta in sé una storia, una cura, un segno.

Oppure si riscontra nella sua poesia un varco decadente, in una declinazione pure impressionistica, come la poesia che parla di cosa accade in casa e nel mondo (urbi et orbi) a sera: “Ogni sera d’inverno alle diciotto/si chiudono le finestre della mia/povera casa e nel mio salotto/si accendono le luci e nella scia/dell’universo splendono le stelle:/la terra appare un gran giardino,/e il silenzio si diffonde nelle/dimore che imbruniscono vicino/al tratto rugginoso della strada./Sovrastano le nubi minacciose,/e così se ne va una giornata/fra le altre nella insidiosa rada/della vita. Se ne vanno brumose/le ore sulla terra sconfinata”. Questo testo è un po’ come partorire una malinconia retrò, come il ritorno a casa delle “sere torinesi” di Guido Gozzano, un poeta ingiustamente messo da parte e bullizzato da certi “poeti laureati” del novecento.

Alessandro Agostinelli

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La tensione è costante di Nikos Lazaris

Come poeta, Nikos Lazaris si è avvicinato alla poesia “come pronto da tempo” con la raccolta poetica Il fondo della gazzosa pubblicata nel 1975. In questa raccolta, Lazaris ha espresso la sua rabbia e indignazione per gli eventi che hanno segnato il nostro paese durante i sette anni della Giunta dei Colonnelli attraverso una serie di poesie brevi, dense e sobrie. La critica ha considerato questa raccolta una delle migliori di quell’anno e ha ricevuto una menzione d’onore al “Premio Grypareio” della Società degli Scrittori Greci. Le successive cinque raccolte poetiche, così come le due antologie complete delle sue poesie, hanno consolidato la posizione (e la fama) di Nikos Lazaris come uno dei più importanti poeti della generazione degli anni ‘70.

Tutti i libri di poesie pubblicati da Nikos Lazaris hanno ricevuto lodi dalla critica letteraria locale autorevole. Una menzione speciale va forse alla composizione poetica Erotogramma, che il professor Kariophyllis Mitsakis nel suo libro La letteratura greca nel ventesimo secolo (Filippotis, 1985) ha descritto come una svolta nella poesia erotica, scrivendo testualmente: “Con l’Erotogramma, Lazaris riesce ad ampliare le possibilità espressive della lingua greca in questo genere di poesia.” Inoltre, lo scrittore di spicco Giorgos Cheimonas ha affermato in un suo scritto che Erotogramma è una delle poesie erotiche più belle che abbia mai letto.

Un punto di riferimento significativo nella carriera poetica di Nikos Lazaris è, a mio avviso, la raccolta poetica Il filo invisibile pubblicata nel 2002. Si tratta di una serie di poesie in prosa in cui Lazaris riesce a fondere in modo ammirevole l’elemento onirico con la realtà. In una recensione della professoressa di Letteratura Neogreca all’Università di Ioannina, Athina Vogiatzoglou, pubblicata sulla rivista Nea Estia (n. 1834, 2010), viene sottolineata l’importanza di alcune rivelatrici “epifanie” presenti in certi poemi di Il filo invisibile, analoghe a quelle intracciabili nelle opere di grandi poeti come K.P. Kavafis, Sikelianos, Seferis ed Empirikos. In particolare, scrisse: “La chiarezza espressiva e la semplicità efficace del linguaggio poetico di Lazaris, combinata con uno sguardo disarmante innocente, ci offrono alcune delle epifanie più distintive della poesia neogreca.”

Sotirios Pastakas

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Lo sciamare dell’albero di Alla Gorbunova

Alla Gorbunova assorbe la tradizione della “scuola pietroburghese”: le innovazioni futuristiche, la ricerca di dio, un lirismo non stereotipato. Come osserva il critico Valerij Šubinskij, è una poetessa dal temperamento molto forte: fin dai primi passi la sua voce arriva a note alte, quasi a raggiungere la personalità creativa di rimbaud e del giovane Majakovskij. È una poesia che si può definire filosofica, mistica, alchemica, mitologica, magica. L’eroe lirico è un sognatore, che viaggia al limite tra la realtà e il sogno. e il lettore, che si ritrova nello spazio di questi versi, può perdersi: essi risultano privi di punti di orientamento.

Ci sono due modi per leggere le poesie di alla. il primo è quello dello studioso: riempirsi di libri eruditi, cercare allusioni, parallelismi. e il secondo è osservare semplicemente, attraverso il buco della serratura, la rappresentazione di un mondo a te sconosciuto e a volte incomprensibile, ma avvolgente.

Paolo Galvagni

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Luoghi d’acqua chiara di AAVV, in collaborazione con l’Università di Torino e il Dipartimento di Lingue e Lettere straniere e Culture moderne.

La silloge del poeta nordirlandese Seamus Heaney Traversare l’inverno usciva nel 1972 in seguito ad altri due sorprendenti volumi, Morte di un naturalista (1966), e Una porta sul buio (1969). È un libro che segna un cambiamento radicale nella vita dell’autore, allora trentatreenne, poiché coincide con la sua decisione di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Heaney aveva trascorso l’anno precedente presso l’Università di berkeley, in California, e tale esperienza aveva aperto i suoi orizzonti, conferendo nuovo slancio e più ampio respiro ai suoi versi. La conoscenza di intellettuali del calibro di Robert Pinsky, poeta, saggista e critico letterario americano, e del futuro premio nobel polacco Czesław Miłosz, arricchiscono Heaney sia dal punto di vista umano che creativo. abbracciando nuovi ritmi e aprendosi a nuove visioni, il poeta sperimenta un senso di libertà mai provato prima nel soffocante milieu intellettuale di belfast, città divenuta nel frattempo teatro di uno dei periodi più bui e cruenti della storia dell’irlanda, quello dei conflitti civili tra la minoranza cattolica e la maggioranza protestante. Heaney matura la decisione di cambiare lavoro, città e paese per trasferirsi con la propria famiglia nella campagna di Wicklow, a sud di Dublino, nella Repubblica.

[…]

La poesia “Anahorish” è inclusa in Traversare l’inverno, e fa parte insieme a “toome” e “broagh” di una serie di liriche ispirate alla toponomastica irlandese, legate alla tradizione letteraria conosciuta come dinnseanchas, volta a esplorare e celebrare l’origine dei nomi di luogo. Il titolo, reso come “mio luogo d’acqua chiara”, è una traslitterazione dal gaelico di tre radici etimologiche: anach, che significa sia “passaggio”, “attraversamento” che “palude, acquitrino”; fhior, che vuol dire “verità” e “bello”; e uisce, ossia “acqua”. Questo luogo era assai importante per Heaney, perché è qui che si trovava la scuola elementare che egli frequentò tra il 1944 e il 1951.

[…]

È proprio la lirica “Anahorish” ad aver fatto nascere questo progetto editoriale, in cui studentesse e studenti universitari del corso magistrale di Letteratura inglese destinato al Corso di studi in Lingue e Letterature moderne ed english and american studies del dipartimento di Lingue e Letterature straniere e Culture moderne dell’Università di torino sono stati invitati a rispondere creativamente al testo originale di Heaney, riflettendo su cosa potesse significare per loro la definizione “mio luogo d’acqua chiara”. i risultati sono stati i più originali, e hanno messo in luce la straordinaria capacità immaginativa di queste giovani menti, che hanno attinto alle proprie esperienze, ai propri ricordi e al proprio bagaglio culturale. a loro va tutta la mia gratitudine per aver dimostrato con tanta sensibilità quanto i versi di Heaney possano parlare alle nuove generazioni, e come la Poesia vada serbata nell’intimo quale nutrimento dell’anima e sorgente sempre viva.

Irene De Angelis

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Quarto anno di collaborazione della Samuele Editore con Pordenonelegge nel progetto delle collane Gialla e Gialla Oro con una grandissima novità: il restyling completo delle copertine.

Nel dettaglio:

Quarantadue di Beatrice Zerbini
Collana Gialla Oro

La felicità è inafferrabile; la sofferenza si può abitare, ha un volto, non ti abbandona. E in fondo c’è la soglia ultima di un “dopo” irrevocabile che porta altrove l’immaginazione o la annichilisce.
In Quarantadue di Beatrice Zerbini la morte appare quale impulso metafisico capace di abbracciare la vita con tutte le paure e le sofferenze che impastano il nostro stare nel mondo.
La parola, accesa da cortocircuiti e grumi metaforici fino al paradosso o all’antitesi, è capace di portare a presenza e di mescolare l’accaduto con il non accaduto o il non accadente, trattenendo un corpo di ricordi tanto ostinato quanto doloroso, eppure sempre scandito dall’apertura e dalla compassione per il flusso che continua.
La morte è paura di morire, perdita di una persona cara a cui dire comunque “torna prima che faccia buio”, ma nello sguardo di Zerbini prevale il voler bene, in “tutti i luoghi del mondo”.
E, però, la felicità come si può dire? Davvero si può solo intuire nei vuoti tra una parola di sofferenza e un’altra? Oppure la felicità della parola, la poesia, può toccarci?

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Peepshow di Giovanni Turra
Collana Gialla Oro

Insieme con gli inediti de Il bosco degli spiriti, composti negli ultimi anni, questo volume raccoglie tutte le poesie di Giovanni Turra già pubblicate.
Delle raccolte incluse è mantenuta la fisionomia originale, secondo un percorso che consente di ricostruire l’evoluzione di Turra: si trascorre così dal dominio serrato di un’architettura compositiva che ritraeva luoghi e persone nell’istante di un crollo, nel loro nuovo ordine di macerie, ai conseguiti slarghi degli ultimi testi, dove, se pure il tono si fa qua e là più narrativo, il discorso posa su forme comunque riconoscibili.
A colpire sono però la coesione e la coerenza di un corpus poetico che progredisce nei suoi inesausti conati di breccia: da un caseggiato con finestre, balconi e cortili interni, al limitare di un bosco che ricorda l’Ingens Sylva dell’inconscio; da un io sempre di sbieco, più e meno dissimulato, al necessario trasfondersi nell’altro da sé; da un inventario di reliquie, piccole manie, tic, all’intimità riparatrice dell’explicit.
L’insistere degli accenti e delle figure di suono, la manomissione del periodo e la presenza di termini obsoleti o desueti costringono il lettore al ripensamento, avvitandolo in un’esperienza quasi mistica: ogni parola sembra tornita con l’accetta e lo sguardo è ora allato ora frontale. In punta di linea un precipizio ci attende: vorremmo poter tornare indietro ma la gioia di buttarci ci esorta, un altro schiaffo di bellezza.
Peepshow conferma quella di Turra come una voce forte nel panorama italiano odierno: canto, grido o verso animale, essa chiede (non intima) amorevole attenzione.

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Istà di Andrea Longega
Collana Gialla Oro

Tempo di pienezza e di ardore, in questo libro di Andrea Longega l’estate diventa desiderio di pace da trovare nei ritmi che rallentano e nello stare coi corpi mentre guardano il mare. Quello che scorre nelle quattro sezioni che compongono l’opera, suddivise per anno – 2020, 2021, 2022, 2023 – è una sorta di diario di viaggio, ambientato soprattutto a Creta, dove il poeta è solito “disperatamente” ritornare ogni istà, spinto da un desiderio di riconoscersi e di animare un ricordo. Addirittura chi prende parola pare pregare affinché si fermi il tempo nell’isola amata, non solo per impedire che sia consunta dallo sguardo turistico (come Venezia, città dell’autore), ma anche perché, se quel tempo si ferma, si ferma anche il proprio tempo. Vediamo bambini che scavano buche in spiaggia o in bicicletta, donne che chiacchierano in acqua, pescatori, cene negli alberghi, uomini che trascorrono giornate sotto il sole, guardando il mare, che a volte è un teatro, a volte Nuereyev malato. In questi frammenti risplendono epifanie legate al mito, cortocircuiti tra tombe minoiche usate dai tedeschi durante la guerra e le fotografie dei turisti, le stelle di Saffo e i lampioni, parole come Odissea, episteme, che fanno risuonare in profondità la cultura appresa.
Il dialetto veneziano (con incursioni ironiche o stranianti dell’inglese e del greco), ispirato e in punta di lirica, non si stacca mai da terra, eppure una luce sposta sempre il punto di fuga della scena più in là, facendo restare in gola il gropo di una voce che non vuole lasciare il mare.

[Continua]


L’età verde di Alessandra Corbetta
Collana Gialla

Nel tempo si scopre che diciamo “io” e ogni volta raduniamo una trama di ricordi, sequenze di immagini o situazioni che compongono quella leggenda, quell’esile mito di noi stessi. E più tardi, ancora nel tempo, diventiamo consapevoli del fatto che è una leggenda, un mito che resta scarso e fragile rispetto al nostro bisogno di essere. Eppure non possiamo ignorare che anche l’assoluto è una necessità, anche credere e sperare che ci sia davvero un “io” (e un “noi”) protagonisti della vita. Che qualcuno, una voce se non un “io”, risponda di quanto ci è accaduto e ci saldi agli altri, fatti della stoffa dei vivi e dei morti, che ha in comune quegli stessi fili dei quali è intessuta la vita che diciamo nostra. Per questo c’è ancora bisogno di immagini, di parole, di favola, di sonno e di sgomento. E della voce della poesia. Ma la trama del passato resiste nel flusso della vita che vuole ancora tempo, oppure si lacera proprio quando pare compiere un senso?

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Se non sarò più mia di Italo Testa
Collana Gialla

Pensato come nuovo frammento del poema in divenire La divisione della gioia (Transeuropa Editore, 2010; Industria&Letteratura, 2024), Se non sarò più mia ne approfondisce i solchi, a partire dalle persone interscambiabili e dal mescolarsi di natura e manufatto. Nelle quattro sezioni del libro lo sguardo si protende avanti e indietro nel tempo e nello spazio, facendo spostare il lettore tra le varie scene (il tram – con quello splendido inizio sospeso (“se un giorno, senza guardare, attoniti, / salissimo invisibili su un tram / […] vivi nel leggero dondolio”) –, una stanza d’albergo, la stazione, le facciate dei palazzi) che scorrono nel flusso del vissuto.
Le scene a loro volta sembrano rinviare a qualcos’altro che resta fuori e al tempo stesso ci attraversa mentre parliamo. Siamo dove vediamo, ma i contorni si dissolvono, l’esterno visita la mente e la mente ci porta ovunque.
A prendere parola nelle sezioni sono io e tu, che finiscono negli altri, o un noi che parla a nome di due; tutte queste persone tendono a farsi esterne e a mostrare un ibrido percepire, comune a tutti: l’occhio e le cose del mondo, gli altri con i loro occhi e i loro mondi “come il fondale mobile, cangiante / dove odiamo, amiamo, ci lasciamo”.
Ciò che tiene legate le persone si inscrive dentro una storia più vasta di ciò che le tiene in vita. Dentro una lingua non più di nessuno.

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Cartografie di Anna Toscano
Collana Gialla

Sono due le direzioni in cui si muove questo libro di Anna Toscano: i luoghi e le relazioni umane. Composto da testi inediti e da editi in molti casi revisionati, esso nasce dal bisogno di amalgamare in una sorta di storia in versi i temi ricorrenti dell’autrice, alternando voci, parti più nostalgiche e altre più giocose, rimate e a cadenza anaforica. A proposito di luoghi (tra gli altri: la stazione di Milano, Algeri, San Paolo), vi è una sequenza di poesie che costituiscono un vero atto d’amore per Venezia, il suo odore, i suoi riflessi, lo stesso guardare. L’occhio scatta foto che sprigionano storie, attese, amori, evocando figure assenti (come la madre, la nonna, un’amica), talvolta apparizioni, come Brodskij con la giacca a scacchi al mercato di Rialto, insieme a Daniele Del Giudice, Susan Sontag col ciuffo bianco, Mariano Fortuny col tabarro.
Vari autori appaiono proprio come vive presenze amate follemente nel tempo: Goliarda Sapienza, Amos Oz, Janet Frame, Mario Benedetti (l’uruguaiano). Come dice John Berger, se dopo la morte ci scegliamo un luogo per l’eternità, l’autrice vorrebbe stare tra i libri amati, in “un’eternità / piena di parole, libere”. La parola morte non compare in nessuna poesia, ma i morti sono vive assenze che segnano i giorni, sbiancati da una luce senza tempo e spazio, oltre la soglia di una stanza o in un’auto che passa. Molte sono le persone che affollano questi versi, le care altre e i cari altri, che vivono nelle pagine come nella vita dell’autrice. Di fronte alla precarietà (“tutto è in affitto”), ecco un mercatino di cose usate, da comprare tutte, per tenere insieme persone e cose, avvolte dalla pelle delle parole.

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Nuovo anno anche per la rivista semestrale della Samuele Editore diretta da Matteo Bianchi: Laboratori critici – rivista semestrale di poesia e percorsi letterari che, come detto, nel 2024 ha prodotto anche gli Speciali poi confluiti nei “Progetti territoriali“.

Per quanto riguarda il percorso canonico:

L’ETERNA ESTATE DI DYLAN THOMAS

Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:

Massimo Bacigalupo, Martina Bocci, Nadia Bucz (Fondazione Milano), Tommaso Di Dio, Marta Fabrizzi, Luca Guerneri, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Federico Mazzocchi, Emiliano Sciuba.

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10 ANNI DI GIALLA a cura di Roberto Cescon

In questo numero:

Kabir Yusuf Abukar, Prisca Agustoni, Alessandro Anil, Gian Maria Annovi, Alessandro Bellasio, Maria Borio, Luca Bresciani, Clery Celeste, Alberto Cellotto, Alessandra Corbetta, Azzurra D’Agostino, Bernardo De Luca, Gabriel Del Sarto, Vincenzo Della Mea, Laura Di Corcia, Tommaso Di Dio, Vernalda Di Tanna, Erica Donzella, Giorgia Esposito, Sebastiano Gatto, Letizia Gava, Andrea Cozzarini, Alessandro Stoppa, Alessandro Grippa, Francesca Ippoliti, Naike Agata La Biunda, Maddalena Lotter, Daniele Mencarelli, Giuseppe Nibali, Marco Pelliccioli, Fabio Prestifilippo, Eleonora Rimolo, Greta Rosso, Giulia Rusconi, Francesca Santucci, Francesca Serragnoli, Francesco Terzago, Italo Testa, Francesco Maria Tipaldi, Anna Toscano, Francesco Tripaldi, Giulio Viano, Leonardo Vilei.

Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:

Laura Di Corcia, Tommaso Di Dio, Francesco Maria Terzago, Gian Mario Villalta.

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Per quanto riguarda la Serie Speciale:

RITRATTI DI POESIA 2024

In questo numero:

Prisca Agustoni, Bruno Berni, Nicola Bultrini, Carla Caiafa, Damiano Cantone, Irene De Angelis, Francesco D’Isa, Paolo Lagazzi, Michael Longley, Vincenzo Mascolo, Gianni Montieri, Cees Nooteboom, Stefano Raimondi, Marilena Renda, Paolo Ruffilli, Morten Søndergaard, Bianca Tarozzi, Anna Toscano.

Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:

Bruno Berni, Nicola Bultrini, Carla Caiafa, Damiano Cantone, Irene De Angelis, Francesco D’Isa, Vernalda Di Tanna, Vincenzo Mascolo, Federico Migliorati, Gianni Montieri, Paolo Ruffilli, Anna Toscano.

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“PER ANGELO ANDREOTTI – SOTTRATTI ALLA GRAZIA. POESIE 2006-2023”

In questo numero:

Sergio Bertolino, Alberto Cappi, Duccio Demetrio, Flavio Ermini, Giuseppe Ferrara, Giovanna Menegùs, Nina Nasilli, Giancarlo Pontiggia, Antonio Prete, Stefano Raimondi, Massimo Scrignòli, Paolo Vanelli.

Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:

Sergio Bertolino, Silvia Camoglio, Duccio Demetrio, Vernalda Di Tanna, Flavio Ermini, Francesco D’Isa, Vernalda Di Tanna, Flavio Ermini, Giuseppe Ferrara, Maria Paola Mittica, Giovanna Menegùs, Nina Nasilli, Paolo Pallara, Giancarlo Pontiggia, Antonio Prete, Stefano Raimondi, Massimo Scrignòli, Paolo Vanelli.

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E infine il numero 2 del “Nuovo Almanacco del Ramo d’oro” che da Speciale diventa un’uscita a sé stante ma sempre nel solco di “Laboratori critici“. Il coordinamento della nuova rivista è di Gabriella Musetti. L’Edizione in collaborazione con la Vita Activa Nuova.

PAURA/PAURE

Redazione “Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro”:

Roberto Dedenaro, Giovanni Fierro, Claudio Grisancich, Marko Kravos, Gabriella Musetti (coordinatrice), Sandro Pecchiari, Marijana Šutić, Francesco Tomada, Rodolfo Zucco.

Hanno collaborato:

Loredana Boglium, Damiano Cantone, James Dickey, Ivan Crico, Angelo Floramo, Luisa Gastaldo, Miran Košuta, Luigi Marcuzzo, Jani Oswald, Fabio Pusterla, Flavio Santi, Ida Travi.

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Per quanto riguarda i progetti Fuori collana il 2024 ha visto la pubblicazione di:

Poesie al muro, di AAVV, a cura di Roberto Cescon

Nelle serate della rassegna vengono invitati dei poeti, che insieme alle altre persone presenti passeggiano nel borgo e stazionano di fronte ai muri a leggere le poesie. Poi si radunano nel cortile di una casa, ascoltano i versi e la storia del poeta, lo interrogano per avere conferme o portarsi a casa qualcosa, infine stanno ancora insieme mangiando qualcosa preparato da mani generose. Credo sia un bel modo di fare comunità: c’è un paese da difendere e rinnovare, gli abitanti sono coinvolti e si misurano attorno a qualcosa di apparentemente semplice (basta un foglio e una penna o uno schermo), eppure è un’impresa, un gorgo che avvinghia ma resta sempre inafferrabile in una tensione che invera la lingua dell’esperienza nella forma dell’esperienza. Ci sono gli abitanti che ascoltano i poeti e i poeti che dialogano con loro, che si sono cimentati nella stessa impresa. Bello.

Le Poesie al muro e le passioni che le muovono vanno custodite e alimentate perché mostrano una comunione di sguardi, un sentire comune che nel vivo della lingua ci convoca al centro della vita.

Roberto Cescon

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Quindici racconti per quindici anni – il libro di pordenonescrive, a cura di Alberto Garlini

Quest’anno cadono i venticinque anni di pordenonelegge, è un traguardo importante e abbiamo pensato a molte iniziative per celebrarlo. Ma non solo: cadono anche i quindici anni di pordenonescrive, la scuola di scrittura di pordenonelegge, e visto che pensavamo in grande per le nozze d’argento del festival con il suo pubblico, ci siamo convinti che dovevamo festeggiare anche questo risultato per nulla scontato. Come dire, un festeggiamento tira l’altro. Sì, ma cosa fare? Non sembrava mica facile, così di primo acchito. E invece è stato facile: quasi subito c’è venuta l’idea di un libro celebrativo, che per ogni anno di corso raccogliesse idealmente un racconto, scritto dagli ex studenti che in un modo e nell’altro si erano distinti nel mondo delle lettere. Il racconto doveva essere ispirato a una delle immagini di pordenonelegge (ormai celeberrime: dal gatto all’asino al salvagente) per rendere ancora più evidente il rapporto tra festival e scuola di scrittura, e più sottilmente dichiarare, attraverso la forza anche nostalgica delle immagini, lo scorrere del tempo: ciò che eravamo, ciò che siamo per sensazioni e atmosfere. Insomma, un libro confezionato quasi per gioco, o con una forte carica ludica, da presentare ufficialmente a pordenonelegge in un incontro immaginato come una festa per gli oltre trecento studenti che hanno frequentato pordenonescrive nel corso degli anni. Tra il dire e il fare di solito c’è di mezzo il mare, o così si dice, ma nel nostro caso si è trattato forse di un rigagnolo facilmente guadabile: verificati i costi e la sostenibilità dell’idea, abbiamo spedito una lettera a tutti gli indirizzi mail dei corsisti (magari qualche indirizzo era vecchio, la mail non è arrivata e ce ne scusiamo) spiegando il progetto e chiedendo, a chi piaceva l’idea e voleva partecipare al gioco, una breve biobibliografia. Tra tutte quelle arrivate non abbiamo scelto solo quelle migliori per la qualità e la quantità di pubblicazioni, ma anche quelle che rendevano viva e condivisibile l’esperienza del corso.

È sorta infatti subito una domanda: cosa è stato pordenonescrive?

Alberto Garlini

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E infine il progetto di Arcometa capace di riunire assieme le proloco di un’intera regione, il FVG, all’insegna e alla ricerca della poesia. E che nel 2024 diventa una collana a parte, Poesie in viaggio:

Terra tra le dita di AAVV

L’idea è bella, anzi di più, e frutto di un’intenzione meritoria: fare rete tra le Proloco del nostro territorio, tenere unite le tante realtà che tra varie difficoltà provano a farlo volta nei propri Comuni. Un bel modo di fare comunità: per il secondo anno il Consorzio Turistico Arcometa va a scoprire le persone che nei nostri paesi si cimentano nell’arte poetica e le raduna in un libro che vuole essere impronta, tra memoria e futuro, per rendere più solido lo slancio verso il domani. L’anno scorso il tema attorno al quale sono stati coinvolti i poeti è stato Un prato per saltare, mentre quest’anno è Terra tra le dita.

Le poesie qui raccolte, diverse e incomparabili per forma e sentire, in italiano e in dialetto, dal respiro pluristrofico o dalla fulminea brevità, declinano in vari modi il tema della terra: dal ricordo del terremoto del 1976 a quello di frammenti che affondano in un passato contadino, preindustriale, in cui si scorge il prezioso valore delle cose e delle relazioni. In questi testi la terra friulana diventa lamento degli emigrati, terra di lacrime e povertà, guerra per i confini. La terra è anche capace di raccogliere il disagio della crisi economica rivendicando le ragioni degli umili, o ancora è una semplice scena quotidiana da cui si innescano riflessioni che sfiorano l’universale: un bambino che chiede alla maestra di lasciargli toccare la terra, un altro che vaga in bicicletta nel profumo dei campi, lo sguardo che oscilla tra favola e presagio di un destino. La terra è amata, lavorata da mani screpolate e callose, coltivata nell’orto di famiglia. La terra sono gli odori di stoppie seccate, di fuoco, di acacia fiorita, di letame fumante, di fieno.

Roberto Cescon

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Per quanto riguarda la promozione si segnalano 141 recensioni e segnalazioni (QUI) e 57 articoli sulla stampa nazionale (QUI).

Hanno quindi trattato di noi, a vario titolo, tra gli altri: La Balena Bianca, La Sicilia, Minima&Moralia, La Provincia di Como, La morte per acqua, Nuovi Argomenti, Il SOLE 24 ORE, Rai Radio 1, L’Informatore, il Messaggero Veneto, Il Piccolo di Trieste, Il Resto del Carlino, Radio Fahrenheit, Il Mattino, Il Sannio Quotidiano, Il GiornaleNews, Ansa, Rai Cultura, Il Gazzettino, Il Popolo, Il Friuli, Repubblica, Formafluens, L’Irregolare, Robinson, Finnegans, Niederngasse, RadioQuestaSera, L’Estroverso, Alias-Il Manifesto, Laboratori Poesia, Pordenoneleggepoesia, TeclaXXI, SoloLibri, Odissera, Versolibero, Inverso Poesia, Raiplay, Pioggiaobliqua, Fare Voci, Pelagos Letteratura, Il Gazzettino Nuovo, Bottega Portosepolto, AlmaPoesia, Le parole e le cose, Gli Stati Generali, Vallecchi Poesia, BookBlister, Poesia del Nostro Tempo, Il Corriere Adriatico, La Voce di Mantova, Tutto Ballo, Il tasto giallo, Altriitaliani.net, Poesia ultracontemporanea, Morel-Voci dall’Isola, Interno Poesia, Notizie Nazionali, Perigeion, Itlietuviai.it, Il Foglio, Leggeretutti, ildiscorso.it, Naziona Indiana, Alessandria Today, Treccani, Huffington Post, Clandestino, La poesia e lo spirito, Trova Roma, GP Magazine, La Gazzetta di Parma.

 

Per quanto riguarda gli eventi a cui la Samuele Editore è stata invitata a partecipare o ha essa stessa organizzato, questi sono stati 132. Tra questi di particolarissima importanza:

  • Una Scontrosa Grazia, Trieste
  • Festival della Letteratura Verde, Porcia
  • Salone del Libro, Torino
  • Pordenonelegge, Pordenone
  • MartedìPoesia, Pordenone
  • Officina Coviello, Milano
  • BookCity, Milano
  • Ritratti di Poesia, Roma
  • Poesiaeuropa, Isola Polvese
  • Portici di carta, Torino
  • Settimana della Cultura di Sacile, Sacile (PN)
  • Elba Book Festival, Isola d’Elba
  • Napoli città del libro, Napoli
  • Parole Spalancate, Genova
  • Laboratorio della visione, Mondavio (PU)
  • Parole di carta, Rho
  • Palabra en el mundo, Trieste
  • Viva una rivista in carne ed ossa, Roma
  • Parola plurale, Padova
  • Esquilibri, Roma
  • Fla Festival, Pescara
  • Societry, Milano
  • Rassegna Nazionale di Poesia della Città di Arezzo, Arezzo
  • Festival della Poesia del Medoterraneo, Napoli
  • Recitationes, Milano
  • Un’oasi di libri, Vanzago (MI)
  • Campania Libri Festival, Napoli
  • Catania BookFest, Catania
  • Intersezione, Roma

Senza dimenticare le varie presentazioni e/o momenti di lettura singoli o collettivi che hanno toccato città come Treviso, Porcia, Torino, Pordenone, Roma, Milano, Venezia, Zoppola, Trieste, Monza, Gallarate, Cuneo, Verona, Montecosaro Scalo (MC), Padova, La Spezia, Terzo D’Aquileia, Varese, Pescara, Cordenons, Frasso Telesino, Sant’Arcangelo di Romagna, Livorno, Arezzo, Udine, Napoli, Legnano, Tricesimo (UD), Catania, Vanzago (MI), Mogliano Veneto, Certaldo, Caserta, Chiusaforte, Isola d’Elba, Pesaro, Brescia, Mirano, Zuglio, Pieve di Soligo, Genova, Isola Polvese, Bologna, San Pietro al Natisone, Firenze, Fontanafredda, San Daniele, Stevenà. Lainate, Benevento, Sacile, Vilnius, Palermo, Vigevano, Cadoneghe, Villa D’Arco (PN), Mondavio (PU), Rho (Tutti gli eventi QUI).

E, come ormai da tradizione, abbiamo presentato i numeri canonici e gli Speciali della rivista “Laboratori critici” in occasione dei grandi eventi:

  • Salone del Libro di Torino
  • ElbaBook Festival
  • Pordenonelegge
  • Book City Milano

E allo stesso modo i libri Samuele Editore ai grandi eventi:

  • Salone del Libro di Torino
  • Pordenonelegge
  • Book City Milano

 

Di seguito alcuni dei momenti più belli dell’anno:


Per quanto riguarda Una Scontrosa Grazia il 2024 è stato un grande anno di presentazioni e di incontri/incroci, con il racconto della Collana Gialla di Pordenonelegge (tra le altre cose) diviso tra Trieste e BookCity Milano.

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Allo stesso modo un grande anno di crescita e critica per Laboratori Poesia e “Laboratori critici” tra uscite canoniche e Speciali, approfondimenti, recensioni e ricerche. Solo su Laboratori Poesia ben 65 Speciali su 304 articoli durante i 12 mesi. Mentre “Laboratori critici” veniva discussa come detto al Salone del Libro di Torino, a Elba Book Festival, a Pordenonelegge e a Book City Milano.

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Infine, per tornare alla Samuele Editore, non possiamo non ricordate i libri posizionatisi nei premi del 2023:

  • Diktionarium di Giorgia La Placa (Samuele Editore, 2023, collana Callisto, prefazione di Maria Borio) segnalazione speciale al Premio Giovani Poeti del Premio San Vito al Tagliamento e semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Terra dei ritorni di Alessandro Anil (Samuele Editore-pordenonelegge.it, 2023, collana Gialla) Primo Premio Giovani Poeti al premio San Vito al Tagliamento. Terra dei ritorni è risultato anche tra i 12 finalisti del Premio Strega Poesia e semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Silenzi a più voci – Večglasne tišine di Tina Volarič (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla Oro, traduzione di Michele Obit) Premio Speciale della Giuria per un’opera particolarmente meritevole in lingua italiana o in dialetto
  • Icaro grida in un cielo di creta di Martin Rueff (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla Oro) Premio Pavese e semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Culo di tua mamma di Alberto Bertoni (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla Oro) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Corpi solubili di Mario De Santis (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla Oro) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Nel vortice. Il filo di Cesare Lievi (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2022, collana Gialla Oro) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • L’urlo della mente e altre poesie inedite di Umberto Piersanti (Nuova Collana Scilla, 2024) semifinalista al Premio Tirinnanzi e candidato al Premio Nobel 2024
  • Nel vortice. Il filo di Cesare Lievi (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2022, collana Gialla Oro) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Eucariota di Giuseppe Nibali (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Ciberneti di Francesco Terzago (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2022, collana Gialla) semifinalista al Premio Tirinnanzi
  • Affrontare la gioia da soli di Francesco Tomada (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2021, collana Gialla Oro) Premio “Sono un foglio di carta vivo” Loredana Marano

Senza dimenticare il Premio Editoria di Merito 2024 riconosciuto a Samuele Editore, Donzelli Editore e Marcos Y Marcos.


 


E ora? Ora un grande 2025 che punterà moltissimo sulla Collana Leda, la nostra Collana internazionale, sulla Nuova Collana Scilla e nondimeno sui giovani e meno giovani ma affermati e sugli internazionali nella Collana Callisto. E su una nuovissima collana che sarà bilingue e avrà ben due Editori!!!!

Intanto impaginiamo i nuovi straordinari titoli della Collana Callisto e stiamo freneticamente leggendo e cercando le nuove Gialle e Gialle Oro 2025….

 

BUON ANNO A TUTTI

 

Samuele Editore