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Ventilabro – Filippo Passeo


 
 


 
 

Ventilabro
Filippo Passeo

Samuele Editore 2017, collana Scilla
prefazione di Alessandro Canzian

pag. 180
Isbn. 978-88-96526-93-4

13 €
 
 

Dalla prefazione:

L’apparente semplicità del dettato trova il suo contrappeso in un vissuto e in una riflessione su tale vissuto non di rado scandalosi (intendendo con questo termine lo scandalo pasoliniano). Troviamo infatti domande cocenti quali come si fa a odiare un padre? e riflessioni di un’intensità quasi inimmaginabile quali sono io / sempre così sporco di vita.

La luce e l’ombra spesso sono le estremità in tensione del discorso di questa poesia. Dove talora sembra prevalere la luce (La luce va e viene, come il buio, / solo il silenzio è fermo senza il tuo respiro […] i pensieri vi trainavano l’amore / tra solchi di luce / e la notte si accoccolò odorosa / nell’ovatta delle palpebre) ma ben più spesso si incontra il buio, l’ombra (questa volta sono scricchiolii / dentro di me / che non so conciliare il giorno e la notte, / forse perché il mio tempo / è tra la fine del giorno e l’inizio del buio, / il mio tempo è il tramonto).

Come nel precedente capitolo del racconto poetico di Passeo anche in Ventilabro la donna è quasi salvezza, carne angelicata che fa oltrepassare i confini di una vita agra per incontrare non il cielo ma la terra, la sua Sicilia: m’incontra nella nostra via Roma / e mi sorride con un morso / invitandomi a mordere con lei / acciughe e olive nere / e fa finta di niente / quando io sconfino sulle sue labbra rosse.

I libri di Filippo Passeo non sono mai libri semplici né libri brevi in quanto definiscono una fotografia, un’ode, a una Sicilia che è donna e che è vita, e che è storia e memoria di un poeta capace di guardare il cielo restando coi piedi ben saldi sulla terra, sui suoi odori, sui suoi rumori. Non una mitizzazione ma una storicizzazione che oltre i fatti si interessa del vivere in quel momento, del chi e cosa eravamo. Fino a giungere alla consapevolezza che la memoria necessariamente consegna a chi la detiene, e la tramanda: Vado alla finestra e la apro, / o meglio, / la socchiudo alla vita.

Alessandro Canzian

 
 
 
 
Gabbie
 
Tende pesanti alle finestre,
cateratte sull’iride d’una giovane vita;
tu non vuoi uscire, lavarti, pettinarti,
guardi l’acqua come pece che t’imbratti;
caracolli per casa in pigiama
e più non credi di potere incontrare
angeli e principi per le strade.
 
Un treno s’è spento
e non vuole uscire dalla galleria scura,
scendono tutti i sogni e gli anni più belli
e vi salgono voci e ombre di spettri.
 
Io e mamma aspettiamo fino a mezzogiorno
mentre tu tenti di truccarti, tenti di vestirti,
ma sei ancora in pigiama oltre mezzogiorno,
prigioniera d’una membrana d’ansia
che vorresti bucare.
 
Noi non pensiamo più
d’assaporare gli ultimi anni,
e quando per forza dobbiamo andare
tra persone e negozi,
io e mamma ci sentiamo dei ladri, ragazza,
dei ladri di sorrisi, riverberi, stelle,
che dovrebbero essere tuoi, ragazza.
 
I nostri tramonti sono alla fine,
quando cominceranno le tue aurore?
Ragazza,
ragazza dagli occhioni vellutati e verdi,
come il tenero frumento di Sicilia.
 
 
 
 
 
 
Tanti teatri
 
Che crolli il sipario,
sono tutti morti.
 
Sul tavolato invecchiato del palco
nessun rumore di fantasmatici sentimenti.
 
Il mio teatro è morto,
i miei attori, le scene, gli atti.
 
Con in testa una tavola piena di lune
mia madre scendeva per la stradina operaia
salutando il vicinato
col profumo del pane appena sfornato;
 
mia madre che un giorno mi portò in miniera
e non capivo perché mio padre in mutande
scendesse in un pozzo dentro una gabbia;
e i miei zii che con sessanta lire
e un panino con le panelle
mi portavano a un cinema tuonante
delle imprese di Maciste contro Ercole.
 
Sono tutti morti.
Morti i miei eroi, i leaders, le valenze,
e anche i luoghi, che fiorivano
ogni volta che vi passeggiavo con Marilena.
 
Il mio teatro è morto.
 
Al buio, in silenzio,
su una poltrona nera,
lasciatemi dire all’anima gonfia
perché inganni il corpo
esorcizzando il tempo dei suoi giorni.
 
 
 
 
 
 
Stupirsi
 
Siamo stati alberi del pane,
della manna e dei paternostri,
siamo stati alberi del viaggiatore.
 
Tu l’immaginavi
saremmo diventati tronchi
senza speranze più di rinverdire
e rami senza più verticalità.
 
Immaginavi tu, secchi e nudi,
di dover temere quel vento
che a ogni stagione ci apriva le palpebre
come petali nell’azzurro?
 
Ferite come cavità oggi nell’alburno
ma stamani meno ombra tra le ciglia,
un’allodola si è fatto il nido
nella piaga più profonda
e all’alba c’intona
canzoni che non sanno di tramonti.
 
 
 
 


 
 



 
 

Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.