Nerotonia – Rossella Pretto

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Nerotonia
Rossella Pretto
Prefazione di Flaminia Cruciani
Pagine 100
Prezzo 12 euro
ISBN 978-88-94944-22-8
 
 


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 4 euro


 
 

In questo denso componimento Rossella Pretto ci trasporta in una rivisitazione originale della tragedia shakespeariana di Macbeth, sviscerata dall’osservatorio femminile e sensuale di Lady Macbeth. Sullo sfondo è tutto il resto: Macbeth stesso s’intravede come un’ombra inerte, un interlocutore muto, che ha il vigore di una statua di sale. Ci conduce forte e potente la voce femminile della protagonista, ardente e ad alto voltaggio. In controluce appare l’autrice, che si sdoppia e si sovrappone a Lady Macbeth nelle sue labirintiche imprese di donna e come creatura della contemporaneità ne diventa il suo punto di arrivo.

È dunque la sfera femminile che s’impadronisce del potere, qui, che si impone con la sua forza ancestrale e magica, di donne streghe, di sorelle delle streghe, di maghe, con tutta la potenza della loro energia antica e inesauribile. Una celebrazione trasversale della donna multiforme e della sua astuzia tentacolare di condurre il gioco e di determinarne le regole.

Lady Macbeth diventa così protagonista crudele e magnetica di questo scritto e in pensieri e parole lampeggia la tessitura grandiosa del male: un male centrale, intero, che non sembra vacillare mai e che è cantato senza omissioni.

Flaminia Cruciani

 
 
 
 

*

 
vi fu un tempo in cui non vi era
nulla

puoi concepirlo,
posso io?

nulla e dunque neanche il tempo e noi
non c’eravamo, io e te non c’eravamo
e non c’era inizio alle nostre discussioni
seduti nello studio a tentare l’improbabile
accordo, o in una sala, in piedi per terra
con i nostri tanti corpi da suonare
a volte tutti e altre solo uno

in quel tempo che non c’era,
un tempo del sentire di esserci

ché in quanto a esserci
io ero ancora nessuno

una strega gettò i suoi occhi
tra quelli che avrei saputo essere
i miei piedi

la paglia nella testa
che svelava vaticini
la mia arsa e vuota
incantata dall’imbroglio
di poter bastare a me stessa

e niente era
se non ciò che non era

 
 

*

 
così dal buio senza tempo
emerse il dettagliato tempo di noi,
l’incisione che sbozza nell’istante

le parole, nostre
queste che io ti dico, le tue
e quelle che per giorni
abbiamo gettato al vento,
quelle vane che ci han portato
fin su questo palco,
il molteplice filtrando
dal setaccio di altri corpi

fu allora, in quel tempo
senza inizio e che iniziava,
che l’immenso animale universale
gravido e sbuffante
concepì l’ambiguità e la doppiezza

era ancora tutt’uno
e si franse
così l’uomo, atomo
tra gli atomi, a riveder
le stelle inconcepibili,
alte nel tamburo dei timori
che lo mettevano a nudo
denunciando vita lucida
non priva di malizia

non trovò dio
in quell’istante

di lui non aveva ancora bisogno

ma sentì l’urgenza della donna
la trovò fremente al suo interno

o lo fece la donna con l’uomo

donna con cui doppiare il parto
e così popolare la terra brulla

quel suo vergognoso e inesplorato deserto

di corpi dapprima
passione cieca e inesausta,
corpi ineguali e anelanti
nel di lui cercare il varco,
stampo e marchio,
nel di lei disporsi all’accoglienza
nonostante l’inane battaglia –

nonostante –
perché già intuiva che la perversa battaglia
era ormai vinta e persa

il verbo fu,
prima della comparsa dell’uomo,
le streghe furono
e predissero questo: ritrovarsi

when the hurlyburly’s done
when the battle’s lost and won