Eucariota – Giuseppe Nibali


 
 
Eucariota
Giuseppe Nibali
Pagine 80
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-87-7
 
 


 
 

Uno sguardo sulla realtà vivente a partire dalla sua consistenza, sussistenza. La vita che Giuseppe Nibali descrive è fatta di giornate di crolli e sesso dove il linguaggio s’avviluppa alla vicenda, la riflette con la massima aderenza. La vita complessa, pluricellulare, la vita materica fatta di bava ossa e peli che agiscono, figli vivi, si fanno del male e corrono dietro a un bene precario. Ma non solo uomo, anche l’orsa JJ4 che riporta alla natura animale umana, bestiale dove “metà della carne è da buttare” con il dubbio che quella “carne” siamo noi. Un male, il male che è cronaca di Chernobyl, un tour fatto col padre. Perché? Una madre che mente dicendo “che tutto sarebbe stato buono” in una “ciarmunia di pietra che batte la pietra”. Una bugia, un sarcofago terribile. E lo stesso autore che si compone della liquidità di diversi soggetti parlanti, multipli io interiori in una focalizzazione che muta a seconda del punto di vista. Una biologia complessa, eucariota, che approda a un “Non esiste più il male. Niente esiste”.

 
 
 
 
Io in questo mondo sono nata non altrove
e mordo dove padri in branco lasciano
zampe piume piccole ossa. Beccano i pulli
le poiane per separare le penne caudali
prepararli al volo.
 
 
 
 
 
 
Tremo anche adesso
che sto spostando la mano dalla carta
e immagino di fare il saluto virile
in un quartiere di Roma, senza contesto
solo due randagi, un cassonetto
bruciato accanto al Ponte Tiburtino
io stesso: posso consumarmi
da dentro come avesse preso fuoco
prima il pancreas poi il polmone destro
e possa esplodendo illuminare
l’alveare di case cresciuto alla stazione
mi figuro di saziare adesso
una muta intera di cani penso
ai brani in pasta dentifricia
e i canini lo strappare l’osso che tira
e poi colare il sangue e la polpa
nel tombino come al mare quando
il ghiacciolo piove sul braccio
di mia madre. Riesco anche a considerare
le stelle come in rotta verso di noi.
 
 
 
 
 
 
Un ratto è entrato dentro il cruscotto della macchina
è passato da sotto aggrappandosi ai cavi e si è fatto strada
stringendo le cartilagini e premendo nella strettoia fino alla luce
poi c’è morto. Il puzzo è rimasto per mesi fino a quando
mio padre non si è deciso ad aprire il cofano e pulire
era un odore insopportabile e aspro quello della carne
decomposta e per settimane e poi mesi ha accompagnato
i miei viaggi fino all’ospedale e poi a scuola. Nessuno
mi ha dato una spiegazione ma io chiedevo continuamente
se anche putrefatta avrei fatto quell’odore che era dolce e aspro
e pensavo che tenendolo sul sedile e sfregando per scendere
e salire dopo le trasfusioni la pelle sulla pelle facesse scintille
e odore come di cosa che muore.
 
 
 
 
 
 
Nello spogliatoio della piscina c’era un posto
che non ci andavo mai perché era un posto
dove c’era il mistero e io non mi piaceva il mistero.
Quella volta invece ci sono andato, era la zona
dove gli uomini adulti parlavano che erano cavalieri
e sarebbe tornato il tempo dei cavalieri, io ho sentito
un grande freddo in quel posto che quella volta
non c’era nessuno, ho inspirato tutto il gelo che c’era
e ti amo mi ha detto il male e come faccio
a non riamarlo io che non chiedo altro.
Tornando ho fatto a corsa quei quattro passi fino alla via,
ho stretto forte mio padre gli ho detto che non avrebbe dovuto
lasciarmi mai, gli ho detto del freddo che mi aveva preso il cuore
e del mistero che mi aveva fatto tutto triste d’un colpo solo.
E per nessun motivo.