Eucariota su Mar dei Sargassi


 
da Mar dei Sargassi
 
 
Molto interessante la silloge poetica Eucariota (Samuele Editore), l’ultimo lavoro di Giuseppe Nibali, poeta, scrittore e giornalista, direttore responsabile di Poesia del nostro tempo, curatore del progetto Ultima, collaboratore delle riviste Le parole e le cose, minima&moralia, Il Foglio e del magazine Treccani, nonché direttore della collana Apnea di Mar dei Sargassi Edizioni.

Partiamo dal titolo: gli eucarioti (Eukaryota, dal greco εὖ eu «buono» e κάρυον káryon «nucleo») sono uno dei due domini della classificazione tassonomica degli esseri viventi. In biologia, l’eucariota è un organismo costituito da una o più cellule che, per definizione e in contrapposizione con quelle procariotiche, hanno un nucleo ben differenziato che contiene la maggior parte del DNA cellulare, racchiuso da un involucro poroso formato da due membrane.

In generale, la cellula eucariota è provvista di una membrana plasmatica che racchiude il citoplasma, al cui interno sono presenti un nucleo, con organelli cellulari avvolti da una doppia membrana o da una membrana semplice. Questo riferimento scientifico dà al titolo della silloge una ricchezza polisemantica. Indica vari piani che vengono sfiorati e che poi si intrecciano, si contaminano nel tessuto poetico e filosofico dell’opera. Eucariota è l’uomo, creatura complessa, difeso da una doppia membrana che lo chiude al mondo esterno. Non c’è scampo a questo autismo biologico, scritto nella fibra cellulare del corpo. Una porosità fisiologica che non permette fino in fondo la percezione di un reale scambio con ciò che sta fuori.

Anche le citazioni iniziali sono indizi importanti: il romanzo americano Moby Dick costituisce lo scenario apocalittico e feroce della prima fase dell’Antropocene. L’uomo vuole piegare l’animale al suo volere, affermando una sovranità biologica omicida, fino a rischiare l’autodistruzione. Un testo emblematico che Melville, scrittore profetico e visionario, con una struttura stilistica sperimentale e audace, rende metafora universale e attualizzata della nostra epoca miope, antropocentrica e violenta. La barbarie assassina è nel nostro DNA, produce un sapere cannibale, una superbia di specie che chiude il canale dell’appartenenza ecologica.

Floriana Coppola

 
 
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