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Affrontare la gioia da soli su Laboratori Poesia


 
 
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Affrontare la gioia da soli, Francesco Tomada (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2021, collana Gialla Oro).

C’è una sorta di cerchio concentrico a caratterizzare l’opera letteraria Affrontare la gioia da soli del poeta isontino Francesco Tomada che conduce in maniera vorticosa al centro di sé svelandoci ed evocando il suo più recondito vissuto e partendo spesso da sguardi in lontananza. L’ombroso e scostante autore, come si definisce in un verso, aggetta sulla sua scrittura un profluvio di immagini che come in un continuo flash-back rimbalzano dal tempo presente all’infanzia arrivando a intravedersi “da fuori”, con una perizia rara, bassaniana. Si stagliano in evidenza percorsi esistenziali, idilli naturali, situazioni familiari, ma anche storie di devastazione ambientale e di indifferenza del nostro mondo verso l’umanità dolente, con un’acuta percezione del tempo che scorre a levigare ferite, a risanare talvolta, mentre la memoria è sigillo di verità. Se il futuro resta inconoscibile e il passato racchiude il noi che sta alle spalle, è nel presente che si declina il verbo ‘amare’, azione che vive del hic et nunc, un elemento perennemente a rischio smarrimento, dimenticanza, fuga. Tomada utilizza qua e là una parvenza d’ironia amara, sovente sferzante per attutire e temperare certe asprezze del verso, acceso di sofferenza e dolore nel travaglio dell’esistenza. In questo modo ne sortiscono effetti di chiaroscuro tra le righe delle storie di vita a nascondere e mostrare allo stesso tempo. È una poesia che vive e respira di sensibilità verso le fragilità umane, come nei versi cristallini dedicati a Giorgio, anima semplice e sincera che l’età non corrompe

 

il tempo è severo con tutti
ma i matti rimangono matti
magari muoiono anche loro
però non invecchiano mai

 
 

Così come per il rifugiato la cui povertà, emblema di un’intera esistenza, è luminoso simbolo di riscatto poiché in grado di recare un prezioso insegnamento all’uomo occidentale dimentico della povertà

 

serviva che venisse un ragazzo da lontano
attraversando illegalmente le frontiere
per mostrarmi
cosa posso diventare

 
 

Nell’opera in questione insiste sempre una parola carica di significato, coltivata con acribia, nulla viene lasciato al caso come troppo spesso accade in quest’epoca contemporanea connotata dai versi da social: quello di Tomada è un dire che partendo dagli accadimenti esteriori si incista nell’intimità, un Io profondo che assorbe, accoglie, ritiene le sensazioni proiettate da fuori.

Come la vita anche il verso dell’isontino respira di assoluto, di un desiderio senza soluzione di continuità, un attaccamento quasi morboso al dono dell’esserci fino all’atto conclusivo,

 

se proprio si deve morire così in fretta
che sia per troppa gioia
che sia per troppo vento

 
 

Un’invocazione, un auspicio, una speranza forse che richiamano il “morire, non essere aggrediti dalla morte” di cardarelliana memoria. Poco importa a chi si rivolga il poeta: è già in re ipsa chiara la ribellione verso il tedio e l’inedia, verso una direzione di totale necessità di ubriacatura del presente, senza una meta prefissata come le farfalle

 

che non vanno mai diritte
ma seguono tracce spezzate
frastagliate
senza senso

 
 

Quando il pellegrinaggio terreno ci pone di fronte gli ostacoli più complessi, più ardui da affrontare anche la poesia può diventare nemica, farsi tregenda e al contempo stimolare l’inconscio, il non detto:

 

non è la prima volta che le mie poesie
rileggendole mi fanno paura
dicono cosa portavo dentro senza saperlo

 
 

fino a concepire un’antropomorfizzazione della morte che, come un flash, balza nella mente dell’autore. E simultaneamente si inserisce una cesura temporale, uno scarto nell’esistenza per giungere nel grembo materno là dove tutto è cominciato quando

 

le nostre madri già credevano in noi
ecco da dover ripartire
guardarci l’uno con l’altro come se
non esistessimo ancora

 
 

In Tomada si fa così strada, novello Proust della Recherche, l’irredento, irrisolto rapporto con la madre a cui tendere continuamente, come da bambino, la mano per non dormire, un segmento di tempo che trova nella notte

 

il tuo corpo che disegna il mio orizzonte
e lo eleva a cielo

 
 

Dal suo osservatorio privilegiato “sulla punta della vita” il poeta può cogliere la vastità temporo-spaziale, il calvario delle persone, prefigurare il domani che verrà nell’agrodolce sapore dell’esistenza che dona e toglie a uno “che non si basta mai”, ma a cui aggrapparsi, disperatamente e necessariamente, per suggere il buono anche di fronte all’assenza e al malessere di vivere e maturare la capacità di “affrontare la gioia da solo”, nonostante tutto.

 

Federico Migliorati

 
 
 
 
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Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.