Piazzale senza nome – Luigia Sorrentino


 
 
Piazzale senza nome
Luigia Sorrentino
Pagine 102
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-38-9
 
 


 
 

Il respiro ampio del poema, l’incisività del frammento che lacera il tempo e lo dilata verso il presente. Tutto è già accaduto. Tutto il dolore acceso e trasparente. Tutta la speranza inconfessabile. Vite perdute sul margine dell’esistenza, della parola. Tutto è già accaduto, ma non passa. Le parole che vorrebbero raccontare sono spezzate da una potenza che non accetta il solo significato e richiede il simbolo, chiede vene segrete di silenzio. Piazzale senza nome è il luogo dove s’incontrano voci e destini, nel sangue del sacrificio e nella banalità della cronaca, nella solitudine collettiva e nella partecipazione più intima.

 
 
 
 
Nel secolo che hai lasciato 1
 
su tutto il giardino neve
dilatata
silenzio armato nelle pupille
neve, tutta nel sangue
narici oltraggiate
bianco e nero
 
l’incedere violento
del battito cardiaco
si chiude su di sé
 
nella luminosa potenza
avviene l’incontro
 
 
 
 
 
 
geme la luce
tanto più densa e oscura
oscuro marcire oscuro
 
assorti nella pietà
gli occhi prendevano
il cristallo antico dello stupore
 
il cranio stretto fra le mani
povero e antico resto
bellezza disperata
chiamata a scendere
 
neve affamata ha consumato
il sacro giardino
nel secolo che hai lasciato
 
 
 
 
 
 
Morti parallele
 

– È nel dolore totale –. Non oppone resistenza alle braccia che lo sollevano per distenderlo nudo sul tavolo. L’urlo irrompe nella stanza come quello di una capra sgozzata. Porta automaticamente le mani sui genitali per difendersi da gesti che offendono. Nelle sorsate d’alba il midazolam somministrato con l’ago esala nella vena. Poi il respiro sprofonda nella gola carsica risucchiando via, a uno a uno, i nostri volti prima di approdare alla riva, ai cupi occhi della grande notte.

Sotto la notturna volta della scala comunale è scomparso il ragazzo che infilzava lucertole trapassandole da parte a parte con il fil di ferro. Da poco si è accasciato sul terreno, in mezzo al groviglio di arbusti spinosi e rami secchi. Una striscia di cielo lo guarda. Nella testa della capra suona il ritmo assordante di una musica persecutoria. All’alba spalancherà gli occhi senza nessun ricordo. La morte da giovani arriva all’improvviso, carica di violenza. Lo smembramento è totale. Su tutto domina l’ebbrezza gridata da un cuore felice e maledetto.

 
 
 
 
 
 
I ragazzi del lago
 
avevano negli occhi una perla
la lentezza dei gesti
l’attimo innaturale della bocca
in villa comunale
tre fiale al giorno di morfina
 
il sonno dai lunghi capelli
tagliava i loro volti
 
indossavano la pelle di capra
 
nelle narici oltraggiate
spighe di grano
 
 
 
 
 
 
solo la musica, l’altezza di una nota
penetrò il loro volto scarno
la burrasca verticale di ogni creazione
 
all’angolo della strada
attaccata alle narici, era con voi,
nell’azione lenta della persecuzione
vi promettete pupille
 
sbarrata la strada indifferente
 
– vita che non sei più vita –
 
la scimmia schiuma alla bocca
a lei hai venduto il tuo nome
 
 
 
 
 
 
lente le mani raccoglievano i capelli
sulla nuca
mentre la pioggia ricadeva
sui loro volti
uno alla bocca dell’altro beveva
la lentezza
 
sollevati nelle braccia
la sostanza liquida caduta
dalla bocca sul marciapiede
 
accasciata sulle spalle
la processione disumana
la beata, sfiorata giovinezza
 
 
 
 
 
 
la forza che uccide
in un colpo solo
è sommaria, rapidissima
 
occhi azzurri strappati dalle orbite
– vi divoreranno
il coltello posato a due centimetri
dal lago
dal sangue
dalla carne strappata –
 
– vi insultano –
 
la capra geme sul tavolo
la gravità, oscura forma,
la preda