Giacomo Vit su “Nuviçute mê e sûr”

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Recensione di Giacomo Vit

 
 

Non è la prima volta che un testo, di prosa o poetico, viene tradotto in friulano. C’è una lunga tradizione in questo senso, che parte da lontano, dal Cinquecento, fino ad arrivare ai giorni nostri. È stato tradotto di tutto, dai classici (Omero, Esopo, Virgilio, Dante, Petrarca, Boccaccio, Foscolo, Leopardi ecc.) alla letteratura per l’infanzia ( Collodi, Andersen, Perrault, Salgari, Tolstoi ecc) fino alla poesia del Novecento ad opera di molti intellettuali fra cui spicca Pasolini che, con i suoi allievi della famosa “Academiuta”, si lanciò nell’impresa di tradurre Eliot, Quasimodo, Ungaretti, Lorca, Trakl e così via.

Non è neppure la prima volta che dei brani della Bibbia (o addirittura l’intera opera) vengono tradotti in lingua friulana, basti ricordare il lavoro di Antonio Bellina.

E allora, fatte queste premesse, dov’è la novità di questa traduzione in friulano da parte di Stefano Montello?

Poiché Montello è un valente musicista, co-fondatore del gruppo friulano FLK, che tanta innovazione ha portato nella produzione musicale in marilenghe, la sua traduzione è stata costruita adoperando il metro della più originale forma di canto popolare friulano: la villotta. Quindi, con quartine di ottonari. Per il lettore in friulano, una vera chicca perciò rivivere, con questo ritmo familiare all’orecchio, un testo sacro così lontano dal nostro tempo.

Molti anni fa, al poeta Davide Maria Turoldo un critico chiese quali fossero le sue fonti poetiche. Turoldo rispose candidamente che aveva un solo libro di riferimento: la Bibbia. Lì c’era tutto ciò che serve a un poeta. La risposta, che poteva sembrare prevedibile per un uomo di fede, in realtà era molto raffinata. La Bibbia, infatti, oltre ai contenuti religiosi, è una miniera di tecniche letterarie e poetiche: si pensi all’uso delle metafore ( per restare al nostro libro, la sposa è “ une fontane incjadenade”), delle similitudini (gli occhi dello sposo sono “tanche colombis”) delle personificazioni (“Jo o soi une fuartece”) e così via. Diceva la verità Turoldo, e anche questa traduzione lo conferma. Un motivo in più per leggerla con particolare attenzione.

Giacomo Vit

 
 
 
 
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