Walter Tomada su “Il circolo tentatore”

 

Intrigante ed interessante a partire dal titolo questa raccolta di Santo Bordonaro. Autore che attraverso la sua esperienza di vita ci porta a seguire Il circolo tentatore che va dal profondo Sud all’estremo Nord, dalla sanguigna Sicilia – sua terra d’origine – all’algida Scandinavia, sua meta d’elezione. A metà strada c’è il Friuli, dove vede la luce questa plaquette: un saggio di quello che un tempo si sarebbe chiamato poetica del frammento, ma che non ha nulla del disgregato ibridismo di poeti del primo Novecento come Boine, Rebora o Sbarbaro, né dell’Ungaretti supersintetico de L’allegria.

Nulla di tutto questo. Bordonaro parte dichiaratamente dal filosofeggiare aforismatico di Nietzsche, come si desume anche dall’immagine accattivante del Circolo, che richiama la nietzschiana teoria dell’eterno ritorno dell’uguale. Ma non si ferma lì, questo poeta della Magna Grecia scagliato a Udine da una Musa beffarda ma provvidenziale. Il suo tragitto risale, proprio come quello di Nietzsche – fino alla genesi dell’età classica, alla filosofia presocratica e ai lirici greci più incisivi, a quegli stessi autori che furono banco di prova terribile per il suo conterraneo Quasimodo.

Se però la dinamica più pregnante per quegli autori viaggiava sul crinale Amore-Morte, qui si incontrano altri topos altrettanto seducenti e ben più novecenteschi: l’Orizzonte e l’Infinito (non letto in chiave leopardiana quanto piuttosto in un senso matematico), frutto di sogni e visioni aperti ma nel contempo amari. E la Solitudine fiocca come neve su un fiordo, quando affiorano i miti di Edipo e Narciso a sfiorare i contorni più irrisolti della nostra epoca.

Senza certezze, senza false speranze, senza voli pindarici, ma con molta Ironia. La cifra di Bordonaro è estremamente ironica, nel senso più alto del termine: dissimula una visione cupa smascherando il suo contrario. E mira a togliere quel velo di Maya, che copre le cose, come in un sarcastico gioco che smaschera la realtà. E viene in mente un altro conterraneo di Bordonaro, Pirandello, che delle false espressioni umane fu letteralmente un castigamatti. E viene in mente che siracusana come lui era anche l’appena festeggiata Santa Lucia – protettrice della vista – colei che dà luce e permette di gettare uno sguardo lucido e istantaneo sull’abisso del mondo.

Bordonaro l’ha fatto, e lungi da voler andare solo, col suo segreto / tra gli uomini che non si voltano (come minaccia Montale) ha messo nero su bianco l’energia del desiderio e il profumo dell’oblìo. Fino a smarrirsi nel labirinto dove L’ossessione è la forma logica del mistero (p.63) e il poeta si chiede Quante strade per arrivare ad una pagina che te le ripropone (p.70). Appunto, l’eterno ritorno dell’eguale mistero chiamato vita, che nessuna ragione può penetrare fino in fondo, e solo la letteratura può contemplare a dovere. In questo modo essa ci affranca dalla schiavitù del senso, proprio mentre lo restituisce in tutta la sua crudezza. E restituisce l’esistenza alla bellezza dello sguardo, che ne coglie le contraddizioni grazie a un poeta abituato a sostare all’ombra delle parole e portarle alla luce solo per brevi lampi, per far riaffiorare quell’inesauribile segreto che 100 anni fa ne Il Porto Sepolto Giuseppe Ungaretti chiamò semplicemente Poesia.

Walter Tomada