VerdArti – Foglie di Poesia (tutti i testi) – 29-31 agosto, Porcia

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Tutti i testi che il 29, 30 e 31 agosto hanno impreziosito e accompagnato le tre giornate di arte e poesia a Villa Corrier-Dolfin di Porcia (Pn). Un Festival, VerdArti, dentro una magnifica quanto storica location. Una scelta ampia a cura di Maria Milena Priviero, le Foglie di Poesia, che ha puntato a cercare e valorizzare più la verità della voce che la valenza poetica, pur eliminando quei testi che per rispetto al lettore erano veramente improponibili. Due momenti distinti, due installazioni: dieci nomi altissimi, quasi tutti provenienti da volumi editi che gli autori ci hanno gentilmente concesso (non si cita la fonte ma sono tutti facilmente riconoscibili e molto noti), e una sessantina di nomi preziosi nei diversi livelli. In realtà in quest’ultima ampia scelta non mancano punte di indiscutibile grandezza. Ma lo spirito delle Foglie di Poesia era proprio questo: leggete e cercate, immergetevi nei versi e nella natura, amate la poesia.

 

Samuele Editore

 

FOGLIE DI POESIA I

sostenemmo ciò che fummo
ciò che non eravamo ancora
sul volto nostro scivolò
quello che appena adesso
a noi si mostrava
i piedi dall’erba del giardino
arrivarono a noi

aiuole di giovani rose
ci assalirono
il brusco volo della ghiandaia
sul vigneto
scese in quel varco che avevamo aperto
in un segno certo
il sole vero il sole si piantò
in qualche istante di vita

Luigia Sorrentino

Matrimonio al rifugio Fodara Vedla

È il giorno che pare di condividere la terra con i fiori,
il fiore tenerlo vicino al cuore perché parli.
Ognuno beve in alto il suo bicchiere,
ognuno è bello e pensa che i corpi sono in mezzo ai fiori,
i prati alti sopra ogni cattiva idea del mondo.
Nessuna storia toglierà le erbe dalla roccia,
un altro cielo non sarà il nostro ma la memoria
perché altri vivano e chiedano dopo di noi
le nostre stesse cose:
com’era per loro che erano tutto,
innalzati sopra la terra?

Nessuna cultura toglierà le mani alle mani,
la pelle ai vestiti.
Difendiamo anche nella disputa le nostre vite,
ci difendiamo da chi vuole altre cose,
si cerca di venire a un patto,
di non farci troppo del male.

Mario Benedetti

Let me be faithful to the central meanings:

I.
Saremo sempre profili in controluce
incisi sulla linea d’orizzonte, sospesi
al blu fondo e salino che regna d’estate
nel tempo senza tempo di ogni infanzia

II.
Saremo sempre quell’eco di passi
nella nebbia che stinge le calli,
Venezia culla d’acqua
in cui nuotiamo in attesa
del mondo che verrà,
pesci pilota che smossi
si cercano e si sono trovati

III.
Saremo sempre in quel tondo di luna
magrittiana appeso sopra i tetti di Milano,
a respirare l’aria leggera della sera mentre
fa scuro, e l’ultimo cielo si colora di presagi

IV.
Saremo sempre l’intuizione
dentro lo sguardo colto
al primo incontro, aver visto
nell’altro il fermo immagine
che il tempo non intacca,
la forma di un’infanzia
che dura e non si stacca

Giovanna Rosadini

Tu intervenisti lì

Tu intervenisti lì
All’imbocco della valletta
Dove ad un tratto muta la vegetazione,
Solo licheni e tundra
Per qualche ettaro…
Forse la lingua di ghiaccio profonda
Che formò il lago
Lì sotto non si è sciolta,
Resiste tra i detriti coi resti dei mammut.
Forse il tempo tiene lì la poesia.

Franco Buffoni

Snow and Grow

 laetus

Quando le mie radici saranno sottoterra
in un sottostare affastellato di nevi
sottomesso all’immacolato incelestiare
imbrunire centrifugo verso il sottovuoto

a cui per incognita propulsione
diacronica le svettanti travature
avvinghiandosi si inerpicano sul piombo
tessendo trame disordini infecti

quando la nostra immagine come rappresentazione
restringerà il campo visuale ai nostri cervelli
e da quelli all’erezione dell’affilata lama –

(si) innesta sul tronco l’idea dell’usura delle cose
e se quel che resta è solo un santo campetto
il tempo mi avrà detto di crescere a dismisura

Giovanna Frene

pellicola

Sono le parole a disegnare gli spazi,
parole forti o leggere, parole dure,
parole morbide, parole appuntite,
parole smozzicate, parole mute e colorate.
Sonorità traversate da occhi curiosi.
Interrogativo sul mistero della vita
sono sospetti e timori di morte.
La mente si arena sulle risposte.

Si nasce e già si muore vivendo,
si resta sospesi a un’ipotesi,
scorrono lenti i giorni giovanili,
fuggono velocissime le notti anziane.
Come film si avvolge la pellicola
con i fotogrammi dei giorni futuri.
Sulla lavagna dei numeri restano
gli ultimi scampoli di allegria.
Domani, di colpo, non si sta più
in alcun luogo. E la mente dove sarà?

Ottavio Rossani

Bernadette in Arches

(after a photograph by Jim Stroup)
“A photograph is a secret about a secret,
the more it tells you, the less you know” — Diane Arbus

Here the columns imply action
deprived of action,
like a letter that never arrived.
The postscript would have
implied a different circumstance.
Inside pillars, she is the rind
of religion. Circles and arcs
are not forsaken, but a nosegay
for the host of spirits in her mind.
Her tablecloth has labored
over generations of banquets
and secrets spoken to no one,
but louder than words
could ever say. Marble implies
structure… implies force…
implies an echo of a voice
that called her late for dinner.
Once, a voice sang in a forest
and someone cut down a tree
for the very first time. Someone else
arranged the branches into architecture —
Into where man implies woman….
implies pitcher….implies shelter….

Cynthia Atkins

Bernadette tra le arcate

(dopo una fotografia di Jim Stroup)
La fotografia è il segreto di un segreto
più ti parla, meno ne sai — Diane Arbus

Il colonnato qui implica un accadere
svuotato dell’accadere,
come una lettera mai arrivata.
Il post scriptum avrebbe implicato
una circostanza differente.
Nel colonnato lei è scorza
della religione. I rosoni e le arcate
non appartengono al passato, ma sono
un mazzolino per gli spiriti nella sua mente.
La sua tovaglia è stata usata
per generazioni di banchetti
e segreti a nessuno confessati,
ma quanto più forte delle parole
potrebbero gridare. Quei marmi implicano
una struttura… una solidità…
hanno dentro l’eco di una voce
che la chiamava tardi per la cena.
Un tempo, una voce cantava nella foresta
e qualcuno abbattè un albero
per la prima volta in assoluto. Qualcun altro
dispose quei rami in un’architettura –
dove l’uomo implica la donna…
implica la caraffa… implica il rifugio…

Cynthia Atkins

Winde, die wie Anfälle vorbeiziehen,
mal stürmend mal zögernd,
die ins Neuland ungeduldig drängen,
wo die Zeit nicht mehr ist,
sich ins Altland wehmütig zurückziehen,
wo die Zeit war. Winde,
die die Schmerzen der Tage verlängern,
wie eine abebbende Flutwelle, die nicht endet.
Die Frage stellen wir: wo ist nun
die Halterin der Trauer.
Sie hat uns über die Zeit genährt,
uns das Dasein gewiesen.
Heißt leben nun auf den morgigen Tag warten,
selbst wenn das heutige Gedicht,
das Heutige in uns, nicht zu Ende
geschrieben wird. Leben ist Warten,
und das Sich-Ereignende?

Nguyen Chi Trung

Venti che passate accanto come cariche,
a volte tuonanti, a volte esitanti,
che impazienti vi spingete in un luogo nuovo
dove il tempo più non esiste,
che vi ritirate con malinconia nel luogo antico
dove il tempo è stato.
Venti che allungate le sofferenze dei giorni
come una marea decrescente
che non finisce.
Noi poniamo la domanda: dove si trova
la padrona del dolore adesso.
Lei ci ha nutrito oltre il tempo,
ci ha mostrato l’esistenza.
La vita ora significa attendere il
domani, anche se la poesia dell’oggi,
l’oggi in noi, non è scritta ancora
fino in fondo. Vivere significa attendere,
e questo evento di adesso?

Nguyen Chi Trung

Alberi

Essi hanno questo fiore dentro che comincia
con l’affermazione che non sanguinano
ma hanno anzi una capacità variabile
di sopportare tagli
tra i filamenti vivi
con anelli dorsali e una frattura
marginale, con qualche escoriazione per il fuoco issato
una volta sulla bianca colonna del fusto come una bandiera di dolore.
Tutto portava una scucitura di silenzio
sulla corteccia: in quel punto
non passava più la voce.
Mimose e mandorli sono i primi a fiorire
ma tutti
se amputati, rimarginano in lance di fogliami appesi alla faretra dei tronchi con tralci portanti e un fresco
e vivo rampichìo di gambi
e un clamore di stami al culmine del pomeriggio
e un luccichio frontale, tutti sono strumenti per lasciare cadere
lingue e lamine
d’oro, processioni con croci bianche di corolle e fiaccole
di stimme nel nettario, sono cose cresciute per dare
e per dimenticare. Dimenticare come s’innestava la tua voce
nel nettario del cuore, come i regoli e i timbri
delle vocali fossero fatti per impressionare
il fiore maturo.
Essi sfiorano il cielo con conformazioni audaci
si avvitano
con una pacatezza e una competenza
perfette pure nell’evidenza del corpo ferito
pure a bagno nel nero e nell’amaro
inverno. Dunque bisogna avvicinarsi a loro
senza il cupo ruminare notturno nella morchia dell’anima
ma come cinghiali, un entroterra bianco: essere terra
bisogna, sotto la loro macchina da fiore.

Maria Grazia Calandrone

Ecologia

La casa ha un tetto in ardesia
e sul vialetto è parcheggiata un’auto ibrida.
(Il forno funziona con il sole).
Il fuoco, il falco, il frutto, le zolle
di terra. Più pesci e più usignoli.
L’aurora la saluta con umile
espressione. Tanta natura d’un tratto
da tutta la natura.

Il Sole stava sopra un giovedì. I ghiacciai
si scioglievano e si gelavano senza un piano
preciso e nell’anno trecentosei, cioè ieri,
due ragazzi si sono dati sotto
un cielo schiarito dalle macchie solari.
Le cause sono ancora controverse.
Ciò che è umano può essere davvero estraneo.
Il resto è bosco misto, lavoro di talpa e di vento.

Mary Barbara Tolusso

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FOGLIE DI POESIA II

Il mistico domestico

Voi dite, dite pure
che c’è una brutta estate
– solo perché vi toglie
il comodo del mare:

ma l’odore dei fiori
bagnati dalla pioggia
di mezzanotte, no –
questo non lo sentite;

l’aria notturna e pura,
chiara, stellata e tersa –
l’aria che fa sognare,
fondo dell’universo;

serve restare svegli
senz’aspettarsi niente,
per certi nudi incanti –
come i profumi rari

delle notti d’estate,
mentre di fuori piove
e dormono i rumori
d’ogni pensiero, e può

tornare a farsi vivo
e lampante il mistero:
la verità del verde
che, nel silenzio, cresce.

Ulisse Fiolo

Semi

Ho radici perlate di brina
ora solchi profondi su respiro d’ali
ora solchi angusti su vene spezzate
ho mani che scavano rocce [resistenti]
ma spesso raffiche di vento svellano
su rovi quei semi incerti appena svezzati

resistere con dignità [ senza rancore]
annullandosi nelle realtà basilari
fa di noi aria in plauso di mattino
e di nuovo brina di silenzio misura passi
dentro radici che intessono [palmo a palmo ]
tacite nervature su crepitio di foglia
con la purezza che smeriglia quiete
odo parole antiche e nuove
planare in un fruscio e nel mio petto

un doppio sguardo sul mondo
dentro la paura
germina forma e colore
a cieli serrati
increspa di vita urli repressi
di corpi traforati

ma alzarsi in volo
diventa orizzonte come un respiro
a partire del quale riconsiderare
tutta la durata dell’amore

Maria Allo

Mi affascina
Il mistero della Natura
Che si esprime
Con colori e forme
Armoniche ed inaspettate,
Profumi avvolgenti e fogge eleganti,
Chiome maestose e materne.
Ma è solo quando mi sento terra
Che ancora riesco a generare.

Carla Vettorello

Mondi addormentati

Una grinza calcarea
nel pallido gigante
Culla
Case addormentate
Aspettando
Improbabili risvegli.

Ragnatele di crepe
Su muri vissuti
Imprigionano
Il buon odore
Di semplici certezze
Germogliate sotto il cristallo
Fragile del cielo.

Ciuffi di erica
Tra cardi selvatici
Leniscono
Le piaghe della fatica
Istoriate in quel mondo
Di pochi passi
Aperto al soffio infinito
Della montagna.

In una corte
Un carro abbandonato
Alza al cielo
Le sue inutili braccia
Invocando ritorni
Per ricominciare
l’antica avventura.

Loredana Borghetto

Percezione

S’illumina, colpisce
forte e rossa la pietra
S’avvalla e risale come un volo
pieno d’odore, di sale, di vita
Vibra
Suona e attende l’aria
e cala giù nel fondo
Respiro felice

Paolo Leonelli

La Via Lattea sopra il Manitoba

Basta lasciare che la sera s’infili nella notte
appena tracciata da suoni di zanzara,
da qualche rospo, satellite, stella che cade
e l’antico sfarzo riappare.

Meglio ancora se la terra si srotola in pianure
di verde danzante che svanisce nel nero
e ci cancella.

Oltre le strade che districano il terreno,
la città è una sottile alba d’elettricità,
ma qui siamo nel punto preciso
in cui ci sopprime il tempo.

E la luce dissemina l’infanzia
riportando nonni illustrativi o madri
che ci pascevano con le storie delle stelle.

I trucchi addormentati si raddrizzano
e snidano le orse, l’α Ursæ Minoris,
cavalcando la giostra delle costellazioni
in questa fiera di campagna sepolta nella colza.

E ci sovvengono i nomi dei differenti bagliori,
le fatiche, gli affanni, le ricerche,
gli amori che scruti attentamente
così che risorgiamo
Ercole, il Cigno, la Lira o l’Aquila.

E guidati dall’applicazione dell’iPad,
pulsiamo nel buio come lucciole,
come magi alieni rabdomanti di costellazioni.

Sandro Pecchiari

Uno scoiattolo frettoloso
mi taglia la strada
e scompare nel bosco
col suo fare misterioso.

Si interrompe così
quella specie di silenzio
del mio mattino
e mi innamoro
della segreta trama
in ogni cosa.

Angela Siciliano

Primavere

Visioni di altre primavere
arrivano
con il salir del sole.
Succhiavo
il nettare dal trifoglio
correndo
dove viveva il fiordaliso.
Ora soffio fiori di tarassaco
e la mano
accoglie la terra delle zolle,
la sgretola, frantuma
e accarezza
alla ricerca di antiche radici.
Nasce il bianco fiore
di fragaria
preludio al rossore
di falsi frutti,
mentre foglie carnose
annunciano
che il germoglio di tubero
ha iniziato
la sua vita segreta.
Si risveglia l’universo
tra i solchi tracciati
in attesa di primavera.
Il verme disturbato
dalla forca
corre a nascondersi.
Una nuova stagione
avanza.
Giorni perduti o guadagnati.

Marinella Rosin Beltramini

Il Tronco lamentoso

Sbirciando tra il superfluo d’oriente, striscia
dalla base un segnale chiaro che invisibile
avvolge il miope e ignaro mercato urbano.

Odore di spezie e di plastica non conforme
confonde lo straniero in casa, circondato
di merce che non sa più di pulito occidente.

Il tronco storce il naso e la fronte sua rugosa
perplessa osserva le cianfrusaglie di una piazza
che immobile subisce d’appartenenza lo scacco.

Prendimi la mano con i rami spogli che chiedono
tutela di una razza ormai debole che arranca,
qualche passo ancora, poi cruenta sarà la svolta.

Nelida Ukmar

L’albero dei limoni

Ho donato il mio corpo alla terra
Putrefatto cadavere puzzolente
Leccornia delle formiche
Mistiato alla pioggia
E penetrali raggi di sole
Sono rinato seme
Il vento e gli uccelli
Mi hanno portato nell’isola di Capri
Sono diventato albero di limoni
Se il fuoco non mi brucerà
Per l’eternità donerò limoni.

Amoroso Pasquale

Spazio per un haiku imperfetto

Questa notte
ascolto il vento
che alfabetizza le foglie,
come il fruscio delle falene
che si dissetano
ad un punto di luce.

La traiettoria dei ricordi
scoperchia gli abissi.

Silenzio sottile
per una penna che mette radici.

Alberto Barina

Ritorno al fiume

Stringeva panieri di frutti d’oro
la nuova estate, rossa d’agosto
e di vitale ardore
Sostava una donna in quella calura:
sciami di luce scuotevano l’indolenza
inondando di sole gli occhi suoi remoti
Tornava alla terra natia, tornava
alla dimora del tempo suo la donna
approdata ora a quell’ansa del fiume,
custode di tanta perduta infanzia
Offriva speranzosa le membra
alla natura e al caldo vento lo smuoversi
delle vesti e degli antichi spettri
Alle spalle un tenero saliceto
tremava nel moto argenteo
delle foglie flesse e, come lui,
baluginava anche la Voce
entro parole d’acqua che
bagnavano la gola e le radici
Nell’ora a tratti immobile
una vastità quasi indicibile
di stupore e mistero
la sorprese nella sua fragilità e,
gettata quasi nelle trame del nulla,
provò sulla riva
quella stanchezza nostalgica
che fa delle cose presenti
un peso lieve
sull’infinito e la memoria

Luisa Delle Vedove

Quercia

Protesa e maestosa
fedele amica negli anni
confidente il giorno
amante la notte.

Forza delle tue radici
àncorano alla vita,
potente tronco
baluardo inespugnabile
a mia difesa dai pericoli
di umane e taglienti lame.

Tra le tue braccia
trovo calore e rifugio,
tra le tue verdi mani
assaporo l’ombra
dolce e rigenerante.

Insegnami a crescere
a divenire adulto
a mantenere vivo
il coraggio di resistere
al susseguirsi delle stagioni.

Insieme
cercare il sole della vita
nelle nostre estati.

Fammi rinascere
dentro di te
al sopraggiungere
del mio inverno.

Sergio Saracchini

Birth of a poem

While a poem sparks through a seed of wonder
and reaches up to the sky another swiftly travels
deep and beyond in complex tangles
under the surface of the soil
proliferating out below and in all directions
under debris and filth of cities,
along the grassy river beds
further down
into the ocean bed
slithering beneath countries, continents
into the deep forests
under the desolate deserts
through the heart of frozen mountains
birthing new poems
conjoined by the same consciousness
same essence of
Earth, Water, Fire, Wind, and Void.

Tikuli

Nascita di una poesia

Mentre una poesia germoglia da un seme di stupore
e arriva fino al cielo un’altra velocemente ramifica
nel fondo e nell’oltre dei grovigli complessi
sotto la superficie del suolo
proliferando sotto e in tutte le direzioni
sotto i detriti e la sporcizia delle città,
lungo i letti dei fiumi erbosi
e sempre più in basso
nel fondo dell’oceano
strisciando al di sotto dei paesi, dei continenti
nelle foreste profonde
sotto i deserti desolati
attraverso il cuore delle montagne congelate
gemmando nuove altre poesie
accomunate dalla medesima coscienza
dalla stessa essenza della
Terra, dell’Acqua, del Fuoco, del Vento e del Vuoto.

Tikuli

Sera di primavera

Negli occhi della sera piango la luce
del giorno, che da poco è diventata invisibile.
L’erba fresca che odora di primavera
raccogle il profumo nelle mani nude.
Ti aspetto sera di primavera che arrivi lentamente,
mi avvolgi le spalle e lasci un petalo di fiore rosso,
che cade sul mio viso, una dolce carezza.
Sera di primavera mi prendi la mano per portarmi
lontano, nei silenzi che non mi lasciano mai.

Daniela Pellegrini

Il primo raggio di sole

Piacevole è il sentir
le voci per le vie,
dei fanciulli che corrono
felici giocando
al primo raggio di sole
di primavera.
Le vecchie sorridenti
si siedono
davanti alle porte
a godersi il tepore
e dai balconi si affacciano
le giovani donne
a prender colore,
mentre il vento
solca le povere case
e il sole fa capolino
dietro una nuvola di cotone.

Rosa Bizzintino

E se credi che questa
mia allegria a guardare le fioriture, i voli
la scoppiettante estate e quelle farfalle
che si rincorrevano alla fermata dell’auto

Se credi che sia mia da sempre quest’allegria
a spiare come l’alba o il tramonto
s’incendiano di meraviglia
sotto questo sole che mai fu così tempesta di fuoco
o forse sì, ma io mai
mai uno così

E dunque se credi
che sia il cielo, l’aria fresca al mattino
che poi s’arroventa e s’esalta in questa estate
e fa brillare tutti i girotondi di fiori
che mai!
come quest’anno mai

se credi sia questo ti dico no
non è questo

sei tu la sorgente del mio gaio sfiorare il destino. Di farfalla.

Lucia Piombo

Come una foglia

Si sta come le foglie appese alla vita
per una traslato continuo
che ci configura
La vita una foglia. La sua verità
la favola delle gemme
le nervature tenaci al fremito al sole
e poi voluttà tra i rami
i variegati accordi del verde
il tempo dei nidi, dei fiori
del vento, delle tempeste
Ed infine pallida densità
a terra dove posano le ombre
inquiete della sera
Perché dalla fragilità
ciclica che il tempo misura
nello spazio dell’indicibile
sgorga la liricità della vita

Rosanna Cracco

Acqua piovana

Oggi non avevo voglia di essere me
allora ho camminato a lungo dietro a ombrelli aperti
ho cercato un tetto un canale rotto
oggi sono stata un secchio d’acqua piovana.

Giovanna Iorio

Capire la montagna è camminarla,
fermarsi ad ascoltarla,
parlare coi faggi, con gli abeti,
seguire con gli occhi
le nuvole che corrono nel cielo,
capire la sua gente che ogni giorno
si sveglia con l’immenso
dentro agli occhi –
tornare come bambini:
ascoltare storie di gnomi, di fate, di folletti
e crederci!

Maria Teresa Martin

Se potemmo approdare alle sponde

Se potemmo approdare alle sponde
remote ove la luce intaglia la terra
cesella ogni gravità di materia
orna la casa sul vetro d’inverno

fu per la munificenza dell’acqua
la fluenza della sua metrica
che ascende la metamorfosi
verde nel carminio del frutto.

Adriana Gloria Marigo

Pace sono le verdi colline che si stagliano
silenziose al sole gentile d’aprile

Pace gli orizzonti vasti
del mare verso il limine confine
del senza fine

Pace le grandi nubi che brucano come vacche grasse
l’erba fine delle stesse colline
e non è mai stasi, è sempre conflitto e scontro

ma sentendo il clangore che genera il logos
giunge all’animo Pace, nonostante le mani vogliano
impugnare di nuovo la Spada.

Erminio Alberti

Molto tempo fa mi portasti al mare
sottobraccio, avevamo certezze e occhi
inargentati di bellezza. Avrei voluto
prendere un indizio dai capelli in vista
stamparlo sui fogli o sulle spalle gaie

per svanire boati pruriginosi e tremendi
che a volte abbiamo rimandato al mittente
sconosciuto senza soluzione sottomano.
Facevano a gara le maiuscole dei cicloni
gioventù leopardiane strappavano ginestre

tenerezze ascetiche resistenti alla luna calante
nel bungalow doppia la cucitura per la finestra
tappata a zanzariera. Lenzuola bianche
arrotolavano misteri senza cadere un seme
dal suo destino blu fino al mattino.

Qua e là passava fragile il mio peso audace
sfuggivo per sbaglio alla calma del cuore
toglievo spilli al buio cominciando dalle ciglia
sorvegliavo la forma dell’isola, la sua minaccia
scivolavo nei secoli in ginocchio con Maria in braccio.

Un giorno non saprò dove potermi riparare
non sarà possibile spaccare in due il meriggio
dovrai portare un radar sul terrazzo per intercettare
il disappunto. Così mi troverai nell’aria
smarrita a dar fastidio ai ceppi e alle altre cose.

Rita Pacilio

Ti amo natura
ricambi la mie paure
le frustrazioni, le ansie
con la bellezza
semplicità
violenza.
Tutto fai, tutto distruggi.
Ma ispiri la volontà
della ricostruzione

Claudio Giombi

è nelle zolle
perle di verderame
cangiare d’ulivi
e biancospino candore
è nel calore di mimosa

è nel prunalbo
stemprato di mare
e vendemmie
che sta il mio cuore
e che preme

come piede
che affonda la zappa
come schiena ricurva
e sudore che bagna
le mani callose

a svoltare
la sabbia e l’argilla
a rimettere il seme
su quel solido posto
per un nuovo raccolto

che riaffondi radici
che ridia le memorie
come storie e conforto
come terra di padre
ancora nel volto

Cinzia Demi

D’improvviso

Uno scrosciare di pioggia
non porta via il silenzio

che si ferma, come ramificato,
in un’aria di vetro,

Sottile di taglio e denso di natura.

Se ne sente il luccicare nelle ali
e ne interrompe i voli,
posandosi su una terra incredula.

L’odore è fermo, è bastato un attimo.

Antonia Piredda

Sofia e la neve

Tra indice e pollice
fluisce il mio mondo.
Lo zampillo a punta tonda
incrocia il suo filo d’inchiostro
tracciando le parole
sussurrate dagli occhi.

Tra pollice e indice
santifico la memoria
e cullo lo stupore della tua bocca
quando, sfiorando la neve d’alta montagna,
mi hai chiesto meravigliata:
“Ma papà, perché è fredda anche d’estate?”

Sergio Serraiotto

Camminando tra gli olivi

Il pianto che lascio
come rugiada cadere sulle foglie
stinge i colori dell’anima in preghiera.

Quanti silenzi appesi
e frutti amari ho colto.
Mentre i tuoi rami avvolgono il dolore
d’un delicato cuore.

Di mille sussurri
tra le foglie, il vento del rimpianto,
colora il cielo d’un verde smeraldo
mentre la luce del tramonto
vi dipinge in trasparenza meravigliose trine.

Sento quella brezza soave
che canta con i grilli d’estate
e, nella stagione del raccolto,
ferisce di freddo mani amiche.

Camminando tra i tuoi tronchi antichi
vi scopro la storia d’ogni giorno,
il passato, il presente;
ed odo ogni suono,
il lento andare della pioggia,
i gridi dei fanciulli sull’aia,
le forbici che potano i tuoi rami
i passi miei di terra.

Il tuo frutto metafora del cuore, doni.
Il dolore della spremitura genera gioia
quel liquido denso che sapora la vita.

Le mani,
le mani che ungi,
i volti che brillano del tuo spremere
il sapore aspro che pizzica la lingua
e sul pane col sale, ricorda giovinezza
allegrezza quotidiana di un condividere.
Mi siedo in silenzio
appoggiando le spalle dei sogni al tronco
e lascio che il vento, il sole, la pioggia
dipingano la vita,
ricordando la storia.

Claudio Raspollini

In-festanti

Un successo il disastro
la rovina di malte e di muri
un verde disastro
( senza riguardo per opere d’arte
o capolavori )
che un avamposto di muschi e licheni
– pionieri al lavoro –
preparava da tempo, non alla svelta
ma con perentoria avvertenza

il resto lo fecero semi e radici,
infiltrati di rango
senza dubbio i più scaltri
a esplorare, espugnare d’imperio
ogni crepa o fessura,
spaccando la roccia
aggrappati ben saldi agli anfratti
( i vessilli sui picchi più alti )
più che mai ostinati a riprendersi
il campo – come re spodestati

Luciana Moretto

Metamorfosi

Di animale conservo
spirito, di osservazione,
e tensione di preda,
in fuga.
Talaltra, sua ferocia
di ferita, offesa,
selvatica, domata a forza.

Mi assalgono dubbi
su mia involuzione;
che limita al bosco,
sguardo e paragone.

Laggiù in città,
fra brame e desideri
riesco, a malapena,
a districare miei pensieri.

Tagliole. di guadagno,
imperano, a mio danno,
Gratuità di offesa,
e divento merce, spesa.

Mi convincono con poco,
chi guadagna, molto,
ha bisogno, di suo gioco.
C’è chi inventa ecologie,
chi inventa economie,
ma il fine spesso è quello,
di campare
nel bene e nel bello,
poco importa,
se a mio danno,
se a mio malanno.

Nel bene e nel bello,
ora dimenticati,
ci abitavo già,
in assoluta tranquillità.

Donna, braccata dal bisogno,
febbrile, di sogno e di libertà.

Giovanna Romanin

Follia d’autunno nel parco

La mattina presto
l’autunno
spezzava i suoi incantesimi
tra le pozzanghere e le foglie
i loro colori abbaglianti
come pezzi di cristallo emersi
dalla psichedelìa d’un sogno
e gli alberi cupi in circolo
promisero patti stregati
segreti di folletti cattivi
brividi e timori che ci assalgono
nella bruma nemica della ragione.
Correvo ogni mattina alla mia meta
infreddolita trascinando la mente
ebbra di una bolla di sogni
come una sfera di cristallo in cui il mondo conflagrava
preda di allucinogeni sposalizi oltre il quotidiano,
in fuga dal mio timone terrestre
e spaventata dai mari onnipotenti delle visioni.
E oltre la ragione mi vennero incontro
le pozzanghere e i colori sgargianti del prato
come un principio di lacrime
lasciandomi negli occhi il delirio di un pittore.

Caterina Davinio

Quanta bellezza al mondo
e quanta voglia di perdermene
il meno possibile.
Quante volte afferrarla,
o perlomeno credere
di farlo,e dopo poco
voltarsi a seguirne altra.
Ché la bellezza è in ogni dove,dietro ogni angolo,
e noi ancora al centro
di questo universo che gira
e gira e gira e non s’arresta.
Resta solo ciò ch’è bello,
a questo mondo.
Ci salvano i fiori ogni giorno,
ci salva il sole buono
e ciccione,il mare generoso
ci protegge e ci guarda spogliarci. Belli anche noi,
coi nostri corpi morbidi,
le ossa a tenerci assemblati,
con gli occhi vivi nella faccia
e una bocca per mangiare.

Cecilia Borelli

Il canto della sera

Dal vicino colle
una brezza leggera
mi porta all’orecchio
una melodia infantile.
Nel tepore della sera,
una vocina
canta a piena gola,
accompagnata
dal muggito di una mucca,
l’abbaiare di un cane,
lo strepitio di un carro,
che si intrecciano
col senso istintivo
ed elementare della natura.
Chiudo gli occhi
e sento la nobile stanchezza
degli anni andati.
Nei teneri aspetti delle cose
scopro la ricchezza
di un discorrere senza voci
e mentre bevo la pace
e la presenza mite della terra,
l’anima si risveglia
a una nuova pienezza
e al gusto generoso della vita.

Ornella Ibic

Presso la roccia
dove giace Tonino Guerra
(vallata di Pennabilli)

Porto ghirlande di fiori e
parole dal vago sapore
rinascimentale.

Ne faccio dono a te, con
uova di pettirosso color
cielo.

Tutto qui, anche il vento,
ha un sapore antico,
dolcemente arcaico.

Alessandra Bava

La stanza eroica

Se la mano più pallida ha linee d’amore
e va nel silenzio a sposare una ruga,
se il volto é un levriero in partenza
scarno allo scatto per predare la corsa,
tu non temere i venti avversi, soffia
più forte, per la bava d’inchiostro
che non versammo, per tutto il sangue
che non scrivemmo, che danzammo
nei passi della morte che non fermammo,
nei tempi tesi che non udimmo, vita
che mai vedemmo, vivere.

Gianpaolo G. Mastropasqua

Roraigrando uncuò

Vado a Rorai co la mente e sento
el profumo del fien in tel tubià,
profumi d’erbe, de fiorelini,
spussa de stala, de vache, de porsei,
de pite, de mussi, de cavai.
Sento mugir, grugnar, scocodar,
pigolar, ragliar, nitrir, baiar.
No sento rombar tanti motori par strada,
ma cigolar de rode de cari,
trotar de cavai e de mussi.
Vado a Rorai ades: tute case nove,
gnanca ‘na vaca, un mus, un caval,
ma machine e machine che core
rombando come bolidi par la me strada,
no sento profumi d’erbe e de fien,
nè spussa de bestie e de la grassa,
ma…spussa de gas de scarico!
Ma…dove soio finìa?

Itala Gasparotto

Cornice della mia infanzia

Risalgo i miei passi in cerca di ricordi
In giro per le strade dell’amato paese
Dove so che vi troverò ad aspettarmi
Seduti sui gradini consumati insieme al tempo

Odore di bucato steso all’aria
Ed io bambina in mezzo a voi due
I capelli bianchi che v’incorniciano il volto affaticato
All’ombra del ciliegio in fiore

Fermi sull’uscio della porta
Appoggiati su gravi bastoni
Siete diventati tracce ei vita ormai
Voi, pilastri di amate tradizioni

Claudia Bolboceanu

La natura dipinta

L’immagine nasce nella mente
nel giorno di una qualsiasi vita,
un quadro ammirato per un secondo.
La nebbia sopra al mondo anfibio
un’atmosfera di irreale magia,
in mezzo a foglie di pioppi
balbetta d’una beccaccia
il battito d’ali.
Una natura equilibrata
tra ignoto e la magica realtà,
vissuta ma dimenticata.
Sulla tela dell’anima qualsiasi
uomo si dipinge il paesaggio
tranquillo e solitario
nel caos di smog e nuvole,
il sole e azzurro poco dura,
ma raggi come rami avvolgono
il cittadino, il respiro di un antica
visione scalda, gode per un secondo
di realtà naturale.

Michele Dalmazi

L’altalena dei santi

Non mi dondolo più sull’altalena dei santi:
fede e dubbio, verità e illusione.

Gravoso l’impegno
per carpire quanto nascosto
e rivedere quanto inculcato
nell’acerba età,
ma vera e grande la ricompensa.

Quando morirò
saprò d’aver vissuto abbastanza.
Entrerò impaziente
nello sterminato microcosmo
che sostiene l’economia del pianeta
per restituire quanto, alla natura,
tolse la mia incoscienza d’uomo.

In quella dimensione sarò gigante multiforme
e forse pascerò un imponente cipresso,
diverrò linfa, foglie, ossigeno, nidi d’uccelli.
Per quando morirò, la mia pacata attesa
è una nobile, santa anima di cipresso.

La mia serena speranza è divenire una poesia
bella e irripetibile come un albero.
E se verrà un poveraccio in motosega,
marcirò nelle radici
per liberare nuvole di farfalle:
impollinerò fiori, nutrirò rondini.
Dopo morto continuerò ad essere mondo.

Lo spirito? E’ una reazione chimico elettrica
che cessa staccando la spina,
ma dove sia la presa
non lo sa il tecnico, né il prete.

Fulvio Musso

Punta il naso a sud

mentre il lago di mezzo punta il naso a sud

gli occhiali non mi reggono il vento
e la gola secchia raschia su molli ninfee
pronte al tramonto

un tizio
racconta di dislivelli fra acque dei laghi
e immagino un tuffo di pesci,
siluri magari

avrei pensato anche ai miei piedi veloci
una volta spinti oltre il salto

e invece mi trapassa gli occhi
un airone reale
appostato da giorni fra la mia calma piatta
e le radici umide di un giugno ancora aperto

Sandra Tagliavini

Summertime

Eccola! Prendo una sedia e no,
non voglio perdermela.
Viride muro a secco,
erba inaridita e pungente,
odore di cicale
mi guardano assorta
nella mia lettura,
mi lasciano in dono
scottature.

Elena Riva

Terra

Tracimando dal fondale
come cosa fatta nostra
scolpita nella pietra dove fa eco
il canto e io metafora soltanto
io humus anche e flusso
d’essere stupefatta
faglia che s’apre preme
ora nasce partorisce
è nuova terra.

Fabia Ghenzovich

Confini

Incede l’ormai antico presente.
Innanzi senza sosta avanzo,
le fronde protese strappo
dai vani confini.
Ansante il terreno rincorre il peso
del mio passo in avanti sospeso,
inarca il suo colmo
per inghiottire il mio tempo.
Complici le stelle,la notte
inganna il cammino e
dell’est la via nega le tracce
offrendo l’oblìo
al protervo incalzare.
Ferrea presenza di me m’impossessa,
irrompe sulla vile diga
che la corrente devia.
Nel cielo terso
in distesi oceani riflesso,
tuffo il mio sguardo,
affogo il mio domani.
La strada respirando riprendo e
ad essa
dal destino rapiti
i palpiti rendo.

Valentina Premerl

Venne da me
che eravamo entrambi uccelli.
Io una rondine
e lui un gabbiano.
Amanti del sole
in egual misura.
Lui aveva bisogno di una baia,
dove poter sentire l’odore del mare
e seguire i percorsi già battuti dagli altri.
Mi guidò verso il suo rifugio, tra le rocce,
e restammo a osservare sobrie conchiglie
che rimanevano sulla sabbia dopo le maree
e le pagliuzze dorate di canne palustri
che convergevano in punti precisi,
ammassandosi.
Io andavo e venivo,
tornando ogni volta al mio nido sicuro.
Lui si librava nell’aria
e si tuffava nell’onde.
Continuai a tornare da lui,
ogni giorno.
Lo vedevo onorare la luna, ogni notte
e il sopraffare del sole, al mattino.
Poi io volai via, per l’ultima volta,
fino a diventare uno scintillio lontano.
Non ero più rondine,
ma una luminosa stella
che lo guardava vivere
con il suo amato mare.

Allie Walker

Questa campagna esatta e laboriosa tenere tra le braccia,
masticarla piano, assaporare tra i denti una gioia
assoluta e senza credi, diventare lo sguardo fisso delle vigne,
essere i sentieri che corrono a perdifiato tra gli ulivi, vene
che ingurgitano i verbi della luce, la grammatica breve
degli insetti, le vite infinite e sconosciute, le chiome
nebulose dove si frange il volo della gazza, le aperte
geometrie, se potessi questa terra ingoiarla, digerirne
le masserie lucide di calce e di silenzi, essere il brusio
delle finestre, il richiamo misterioso dei pozzi, se potessi
essere la memoria di tutti i fili d’erba, essere io lo sguardo
il suono, il confine del vento.

Paolo Polvani

Incendi, volpi e topolini

Se una scintilla precipita
dal mozzicone dell’indifferenza
sull’albero secco, presto
sarà un fuoco che brucia:
il vento e l’albero
accenderanno altri alberi,
ognuno di questi altri ancora, con poco
sforzo l’intero bosco sarà incendiato
dalla distrazione di un attimo – un falò
insensato, senza scampo. E sarà solo
cenere. Non più fogliame
né forme striscianti, o volatili:
soltanto una polvere spenta
scavata da tracce di resti riarsi.

E sarà un velo di luce moribonda
come un delirio postumo del sole – o soltanto
il presentimento di un incubo –
sullo strato di tenebra
che rimane, ribelle al perdono,
sulla pelle del paesaggio sfigurato…
Tutto questo, dovuto
a un piccolo essere
che ha ucciso l’arbusto malato?
A un mozzicone ancora acceso
caduto su uno scottex usato?

Un battito d’ali
di una farfalla in Brasile
può causare uragani nel Texas…
Per un ammanco
di dieci topi muore una volpe
ed è il leone regale
con dieci volpi di meno
a morire di fame!
Anche se questo mondo
fosse del tutto intriso di bellezza e virtù,
basterebbe un pulviscolo,
il respiro di un’upupa, a insinuare
nel terrore cieco di inevitabili catastrofi
il dubbio ragionevole
dell’effetto farfalla…

Silva Bettuzzi

Ogni cosa è sé stessa
È uno di quei giorni d’estate
che conti sulle dita,
il vento ha dissolto tutti
i vapori ed ora
l’ombra è ombra, nitida
senza sfumature

e il verde è verde
secco nell’erba
smeraldo nella siepe,
la nuvola è bianca
bianca nell’azzurro
e il giorno è vivo
e la luce sbanca.

così nel nitore
ogni cosa è sé stessa
tersa, incontaminata
quasi a farci credere
che la vita sia semplice

Maria Milena Priviero

Ho intrecciato rami…

Ho intrecciato rami di ulivo
indossato una veste candida
e, a piedi nudi, sull’erba
ho camminato
sentendo la rugiada
bagnarmi
Alle radici dell’albero
che racconta storie
di profondità e di boschi
ho deposto i rami
e il mio spirito stanco
Seduta sull’erba, poi
ho atteso che l’alba
tingesse con i suoi colori
il cielo
e il mio cuore

Concetta Antonelli

Dimenticare l’inverno
Un’incognita estate maggiolina,
fragile come tutte le cose fragili,
esposta ai venti, eppure intensa
di calore, quasi indotta a credere
alla sua persistenza, come fosse
quella vera. Così mi lascia crogiolare
nell’illusione, convinta dalla sua
convinzione: noi due eterne, calde
di giorni lunghi, luminosi lenti.
*
Dimmi da dove viene quest’odore
di pitosforo, intenso da fare male.
Un’ondata di nausea, stordente
per il troppo bene che m’assale.

*
E’ così facile dimenticare l’inverno.
Sia come sia, ora lasciami qui,
inondata di sole, trasfusa di luce.
Sono come una lucertola rinata
che sa solo il calore della pietra
su cui poggia.

Franca Figliolini

Acqua che lava
acqua che disseta
acqua che spazza via
acqua che scorre…
Acqua di sorgente
acqua da una fontana
acqua da cascata
acqua che disseta,
lava,
spazza via…
Acqua che sommerge
acqua che non la contieni
acqua dal cielo
acqua di fonte
acqua di fogna
acqua che lava
acqua che disseta
acqua che copre
acqua che spazza via…
Acqua che disseta la terra
acqua che irriga
acqua che crea confini
acqua che è mare
acqua da navigare
acqua da bere
acqua che disseta
acqua che copre
acqua che spazza via…

Carla Zanutto

Esistenziale

Da un’arpa di pioggia
rinasco albero ininterrotto
fluisco potente onnipotente sempreverde
io, cometa arborescente di mirra rossa.
S’imbevono i tendini di menta
sono steli di lavanda le ossa,
corretta in corbezzolo la voce,
la pelle d’arancia amara.
Cresco guaine per sangue vegetale
piccole le radici per assecondare il volo.
Nella rete di foglie ad arare il pozzo cielo
capto il respiro dell’oltremondo.
Capiremo in minuti di grano
sotto un sole di ruggine
che gli alberi sorvegliano la storia,
in grembo stretti gli anni
dentro lunazioni accecanti
consacrano i pani raffermi dell’infanzia.
Dormirò l’abbraccio vegetale
scaverò notturno il suo utero
lo feconderò con il sorriso umido
in stagioni conquistate col mio piede sparso.
Emozioni in gola senza via d’uscita
quando la gioia ti sprofonda dentro
e ti permetti lo sguardo millenario della natura.
Sento le mie fronde rispondere al vento
verde brillante per sole voci, il mio adesso.

Flaminia Cruciani

Salmo

L’indaco ha dardeggiato
su scogli sfiniti in lavanda,
m’ha inondato il mestruo del mondo,
da est:
qui rimango inchiodato:
a croci di parole,
di vento.
Le affido al declivio,
ché s’inebrino, salse,
d’autunno incipiente,
moribonde, di vita.

Angelo Macozzi

Dell’acqua

Amo dell’acqua lo scorrere di fiume,
quel lambire d’arbusti e radici odorosi,
il modellare ciottoli sino a svanirne le asperità,
o l’incresparsi di mare carezzato dal vento,
il frangersi con forza schizzandoci di stille e sale,
lacrime sulle rughe della terra, gioie e affanni
a inumidire labbra socchiuse o serrate dall’umano vivere.
Restano impigliate, talvolta le parole, tra filo spinato
sanguinano nel tentativo estremo di spiccare il volo.

Emma Di Stefano

Mosaico

Non ce l’ha con le sue radici
il faggio.
Anche se ogni notte
chiede al vento
il segreto per alzarsi in volo.

La cicala
quando smette di frinire
tenta di ascoltare
il rumore del suo respiro.
Invano.

Mai una volta
che abbia pensato di fermarsi.
Il fiume è ligio al dovere,
ad ogni stagione
e con qualsiasi pendenza.

La rondine convive
con un senso di azzardo.
Non c’è religione
nelle sue migrazioni.
Solo formule scritte nell’istinto.

Di essere soffice
il muschio non lo sa.
È solo con l’inganno
che il sasso gli ha chiesto
di fargli da coperta.

C’è un accordo segreto
tra orchidee e farfalle.
Hanno deposto la vanità
per escogitare
altre invenzioni cromatiche.

Enrico Chiari

Restera (alzaia)

Nel lento declinare del giorno
l’autunno è entrato
avvolto già dalle prime brume
lattiginose che s’alzano
dalle acque del silente fiume.
Intrecci di fuscelli marcescenti
nascondono nidi sfatti
che, nel loro tempo migliore
hanno tenuto nel tepore
cove e nidiate pigolanti.
Nell’ovattato silenzio,
rotto solo da una fontana
che chiocciola monotona lontana,
s’alza all’improvviso
un piccolo gridio selvaggio.
-Dimmi – E’ tornato il pettirosso
al suo nido?
Fruscii di sterpi mossi.
-Dimmi – E’ forse quel viandante
che ha lasciato sulla riva
orme di passi perduti?

Arrivano da un mondo lontano
il fischio di un treno
e, di caldarroste
un intenso profumo.

Elisa Sala Borin

Abbraccio del volo

Distesa in un tappeto di margherite gialle
verso
l’essenza del mio desiderio.
Le sorprese sono infinite
quando la libertà di vivere,
nella sua semplicità,
ti fa sentire i canti
che l’orecchio distratto
non aveva udito.
Basta un momento rapito
per capire
che la bellezza esiste.
E è così a portata
dalle mani
di un sentito abbraccio del volo.

Rosana Crispim da Costa

Adolescente estate

Erba tagliata, quasi fieno. Secco
afrodisiaco ricordo di adolescenti
baci di campo che rotolavano
Impauriti sul grano.

L’estate ci era scoppiata addosso,
l’estate bruciava i minuti
tra i nostri baci, infiniti
slanci e paure e nuvole
sopra di noi tra cielo e grano.
Il verde si è perduto,
bruciato dai tuoi baci, ma
l’estate ancora divampa.

Giorgia Vecchies

Chi dice

Chi dice che le poesie non si leggono abbastanza.
Sta sorda la mia in una via trasversa.

Ma l’albero che è in fondo alla radura
scrive poesie bellissime.
Splendono in lontananza.

Tutti i passanti si avvicinano
e si fermano a leggerle.

Paolo Canafoglia

Softly Through the Woods

On the forest floor
a Pandora’s box of leeks and quirky ramps
yielding
as moss to a footfall.

Softly through the woods
footfalls scatter swallows and pipits
(their cries of lamentation)
from woodland chasms.

This is how Memory operates —
a drift
of feathers, a thought taking wing
as it did when original —
the first thought about Love,
the now fabulist memories
upon which to build a bed of grass and nettles.

Irene Mitchell

Dolcemente attraverso il bosco

Sul piano della foresta
un vaso di Pandora di porri e strane rampe
cede
come muschio calpestato.

Dolcemente attraverso i boschi
i suoni dei passi disperdono rondini e calandri
(le loro grida di lamento)
dalle voragini del bosco.

Questo è come opera la Memoria –
una deriva
di piume, un pensiero che prende il volo
come ha fatto in origine-
il primo pensiero d’Amore,
le memorie ora fantasiose
su cui costruire un letto d’erba e ortiche.

Irene Mitchell

L’era bella

Era bella la campagna orizzontale calpestata dal sole
sullo stradone che andava al mare. Era bella la sua voce
sopra le borse della spesa che prometteva se fate i bravi
stasera faccio le patatine. Era bello il sabato dopocena.
Era bello contare le auto dal balcone io le rosse io le bianche io le blu
e alla fine la sua. Era bella la stracciatella calda e l’erba cipollina
i denti di leone raccolti a mazzi sul sentiero che scendeva al lago
finché morivano in mano. Era bello il Don Camillo
della buonanotte. E poi era bella la domenica
che non pioveva mai e il giornalino
comprato sulla porta della chiesa
e andare in pace.

Questo è il bello che hanno messo non sapendolo
come un grano sul mio palmo
perché lo avessi tu.

Guido Cupani

Wood

Whirl, leaves, see
the old trunk, the other

side, eyeholes
barely wide, light

licking up the rough,
a springboard shoots out

to hallow welkin, the
fallen wood cruxes

dig into dark green
nothing but bark,

rivulet-dried
hard to the sap –

the other
side, ditch,

scurrying woodlice,
soulless scrub
some-one else’s pile.

Patrick Williamson

Legno

Vortice, foglie, guarda
il vecchio tronco, l’altro

lato, solo un occhio
appena aperto, ruvidità

lambita dalla luce,
braccio proteso

nella sacra volta, le
croci di legno caduto

scavano nel verde cupo
solo corteccia,

rivolo secco
duro alla linfa –

l’altro
lato, lo scolo,

brulichio di tarme,
cespuglio senz’anima
il cumulo di un altro.

Patrick Williamson

Lettera ad una generazione già nata

Ti induco a pensare al microcosmo
degli eventi come induzione della vita
e se l’estensione svilisce reclamane
la forma nelle tue azioni giornaliere
e il taglio netto dello sguardo sulle cose.

Hai mura spesse che ti vincono e proteggono
tutti i sogni ciclostilati in questi oggetti
(dalle giunture perfette) sbiadiscono
se arrendi i tuoi pensieri e le parole.

Sei noi scaraventati dal temporale
la grandine che ha reso i suoi fregi
alle piante e spezzato i fiori. Cerca,
nell’acqua fragile, l’amicizia del sole.

Domenico Cipriano

Sorveglio da questo ramo troppo alto
che tutto proceda nel migliore dei modi
che non ci siano in agguato predatori
per il corpo, così lieve e ridente
che non si lasci prendere davvero
che la casa per voi sia calda e accogliente
che l’albero che mi ospita vi protegga per sempre
con la sua ombra, il suo silenzio verde.

Rossella Renzi

Eccomi mademoiselle,
entravo or ora dai suoi giacigli
e da i suoi spini,
meditando su i suoi sospiri.
Sono tornato ad offrirle i miei
modici e umili servizi,
a ricevere in dono nient’altro che lei stessa
e ad accomodarmi, con il suo permesso,
tra le sue foglie, per potermi riparare
e tra i suoi alberi, per poterla amare.

Marco Silvestri

Duna

In cima alla duna
sfiorar del vento

la pioggia consuma la pelle
ardita giovinezza che se ne va

sabbia fina
amanti sotto la luna
l’eco di un ricordo
affonda nell onda!

baci svaniti
fuori dal tempo

quarti di luna sulla costa del mediterraneo!

Luca Francescato

Il video integrale della lettura delle Foglie di Poesia: QUI
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