Leonardo Guzzo su Piano di evacuazione

 

Quella di Flaminia Cruciani è una poesia “misterica”. Una poesia filosofica e alogica, di simboli e immagini che si rinnovano e proliferano in accostamenti originali, acrobazie verbali, germinazioni linguistiche.

Quella di Flaminia Cruciani è una poesia “misterica”. Una poesia filosofica e alogica, di simboli e immagini che si rinnovano e proliferano in accostamenti originali, acrobazie verbali, germinazioni linguistiche.

 
“Fermati nella mia nostalgia di assoluto
che carica le mie particelle di assurdo
dei suoi campi di probabilità infiniti”
 

Una poesia che disegna un percorso di conoscenza e si pone come obiettivo una rivelazione. Di questo autentico rito poetico l’autrice è ministra:

 
“Mi hanno recapitata nello splendore della mia carne
ho più di una storia da raccontare
la sfida andata e ritorno nell’aldilà
con biglietto non rimborsabile.”
 

Agli iniziati si chiede l’abbandono delle certezze elementari, il rifiuto degli alibi della vita al suo stadio più superficiale:

 
“Siete disposti a perdervi?
A scomodarvi dall’encefalo?
A smettere di difendere i difetti dell’esistenza con la ragione?”
 

Il premio sta in una consapevolezza inquietante e fascinosa:

 
“Il talento di Dio è l’imperfezione.”
 

Personale nell’approccio, a un tempo viscerale e spirituale (Marco Sonzogni, nell’introduzione, la definisce acutamente “teonirica”), la poesia di Flaminia Cruciani ha una sua singolarità avanguardistica. Unisce una certa sperimentazione formale con un afflato classico, l’idea di una poesia che, come in Parmenide o nel “De rerum natura”, descrive il mondo. Sulle orme di quell’antica filosofia resta nella rappresentazione del mondo – o piuttosto nella sua essenza poetica – un quanto di “indeterminato”, di magia e di favola, di volizione imperscrutabile ad opera di forze che non si possono controllare, o anche solo capire per intero se non per via di intuizione poetica. La scienza, il grande idolo della modernità, non è esclusa da questo disegno ma vi rientra appieno, nelle sue acquisizioni più avanzate e sottili. La meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg, continuamente richiamati, si caricano di significati simbolici, si fondono con un certo gusto borgesiano per il paradosso, in una rivisitazione del “miti” dello specchio e del labirinto, un viaggio allegorico nella vertigine temporale e nella sciarada degli universi paralleli.

 
“C’è un vuoto quantomeccanico
un buco nero di sapienza
il pensatoio dove Dio sogna
qui metro e tempo decadono
una meravigliosa imboscata
della materia nell’invisibile.”
 

All’opposto e in un rapporto di complementarità con l’uso poetico del linguaggio tecnico, sta in Piano di evacuazione la sfida di assumere la parola quotidiana, sottrarla al destino banale di segno senza più senso e rinnovarla, sublimarla in un contesto filosofico.

 
“L’orario di visita del principio di causalità
è appeso al di sopra degli eventi
se si desidera prendere un appuntamento
telefonare al passato e chiedere del futuro.”
 

Le composizioni delle raccolta sono per lo più grandi suite che seguono un andamento narrativo e più spesso dimostrativo e s’impennano in appelli perentori, rimproveri e inviti, e in metafore vorticose, debordanti, figlie di una lingua visionaria e sfrenatamente creativa.

 
“Il funambolo alchemico origina dall’intimità
della luce, interpreta il dominio delle ali
saccheggia la fine in terra sconsacrata
[…]
volo ancora nel mio atomo aereo
non è vero, forse, che possiamo intonare il mare?
vieni, riposa nella mia tempesta”
 

Non bisogna avere la pretesa di comprendere fino in fondo. Il grande ammaestramento di questo libro è rivolto innanzitutto ai sensi e al cuore, riguarda la vastità delle esperienze rappresentata sulla pagina, le infinite possibilità del linguaggio che sono le vie del sentimento e il nostro potere di rifare il mondo. Di svegliare il mondo, meglio, e insieme di renderlo più vivo, più fecondo.
Il mistero – la sua carica esoterica, virtuosistica, la sua eterna caotica fermentazione – splende come un approdo di trascendenza. Il compito dell’uomo, e al contempo il suo stato di grazia, è aderire a questa meraviglia e a questo mistero.

 
“Sbirciamo nella serratura dell’universo
nella sua ideologia arbitraria e insolente
come analfabeti autorizzati all’impresa”
 

Piano di evacuazione la pone come una questione epocale: “[…] l’inorganico sogno che concepì l’universo/ in realtà non lo abita più nessuno” e dunque “siamo al capolinea del Big Bang”. Contro il disfacimento indica una traiettoria di rigenerazione, una rotta con un punto di inizio preciso – “Cosa c’è oltre quello che vedo?” – e un approdo preciso altrettanto – “non hai ancora capito che il mondo non esiste?”. Che entrambi i punti in questione prevedano interrogativi è affare non di dubbio ma appunto di mistero. Più che spiegare e convincere la poesia di Flaminia Cruciani vuole sedurre. Stupire con lo spettacolo pirotecnico delle possibilità. Attrarre nel percorso rutilante di una dissolvenza in bianco. Affogare nella luce.

 

Leonardo Guzzo