Le felicità, edizione riveduta e aggiornata – Guido Cupani

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Le felicità – edizione riveduta e aggiornata
Guido Cupani

Prefazione di Francesco Tomada

pag. 70
Isbn. 978-88-96526-64-4

 
 
[ESAURITO]
 

 

Prima ancora di addentrarci nella lettura del libro, viene spontaneo chiedersi quale può essere il significato di ripubblicare, a quattro anni di distanza, la raccolta d’esordio di Guido Cupani, Le felicità, in edizione riveduta e corretta: quella intrapresa da Samuele Editore è infatti un’operazione sicuramente inusuale, ancora più strana perché si tratta dell’opera prima di un poeta giovane che a quel lavoro non ha ancora dato un seguito vero e proprio, limitandosi alla produzione di plaquettes e selezioni su rivista. Al tempo stesso però i quattro anni di quasi-silenzio ci possono già dare un’indicazione della parsimonia con cui Cupani cura le parole, del proprio bisogno di pesarle con attenzione, di costruire un percorso di crescita ed evoluzione e solo dopo proporlo ad un possibile pubblico, sfuggendo così il desiderio di apparire per apparire e sconfinando nel campo della poesia necessaria. In quest’ottica la riedizione di Le felicità ci è più comprensibile: se un libro d’esordio è anche circoscrivere il proprio universo – e mai come nel caso di Cupani, come vedremo, si tratta di un termine appropriato –, l’autore pordenonese comprende bene che le opere prime brillino per entusiasmo ma viste a distanza di tempo possano peccare in alcuni punti di ingenuità; ecco allora che riprendere in mano quelle poesie, cambiarne alcune ma senza snaturare il senso profondo dell’intero percorso, non è altro che descrivere meglio quel mondo, metterne a fuoco i dettagli, in termini musicali potremmo dire rimasterizzare un vecchio album evitando però di stravolgerne le note. C’è inoltre in questa operazione un dettaglio non di poco conto: il fatto che Cupani lo faccia adesso che sono trascorsi quattro anni arricchisce il lavoro originale, permette di suggerire nuove strade, nuovi possibili sviluppi per la propria scrittura che allora erano presenti forse in misura embrionale e che oggi stanno raggiungendo il loro compimento.

[…]

Le felicità è un libro confortante. Non perché si proponga intenzionalmente di esserlo, ma perché racchiude in sé lo scrigno di un esistere possibile; non perché sfugga ai dubbi, ma perché accettandoli li affronta con un entusiasmo a suo modo contagioso. È il libro di un autore che sa scrivere, ma è soprattutto il libro di un uomo che ha motivo di farlo, e che raccontando la propria traiettoria di crescita invita lo sguardo altrui a seguirlo. È un libro di domande più che di risposte – come dovrebbe accadere sempre nella vera poesia –, di incertezze più che di sicurezze, ma nei versi iniziali e finali fissa due punti fermi, utilizzando il linguaggio scientifico potremmo dire due assiomi, due felicità grazie a cui anche le altre appaiono realizzabili.

[Francesco Tomada]
 
 
 
 
 
 
Le felicità
 
 
Le felicità sono brevi.
Come matite più e più volte
temperate. Come il gambo
delle margherite di prato.
 
Durano il tempo di una sola parola.
Costruite in equilibrio
su occhi, su capelli, dita, voce,
come riassunti di cielo.
Crollano senza rumore.
 
Esistono felicità a pioggia,
felicità variabili,
felicità serenamente
rasciugate.
 
Una felicità intera
è improbabile.
Almeno quanto un angelo
a viso a viso, un tocco d’ali fra la folla.
 
 
 
 
 
 
La ragazza che chiede Dio
 
 
La ragazza che chiede Dio
all’angolo fra via H e piazza Z
con una breve vita addosso già lisa sui gomiti
in ginocchio si è aggrappata alla mia giacca
e ha snocciolato gli occhi
nella conca dei miei palmi e mi ha chiesto Dio.
E io che avevo nelle tasche
solo uno spicciolo di Dio per fare colazione
– una veloce preghiera in tazza
pater ave gloria proteggi il nonno
fa’ che non piova –
nel viavai di passanti dai volti lisci
come uova ho sollevato le braccia
e ho detto alla ragazza, non ho niente,
abbi pazienza, forse domani. Non è certo colpa mia.
Dio manca un po’ per tutti
ormai da un pezzo. Che cosa posso farci.
Per fortuna la ragazza
ha capito e si è staccata da me cadendo
come una buccia secca.
Confesso, ho provato tenerezza.
Ho avuto la bontà di non guardarla.
 
 
 
 
 
 
Canzone dell’amore in prosa
 
 
Ti amo a matita, sopra un foglio bianco.
Ti amo in bella copia.
Ti amo senza usare il dizionario,
senza letteratura. Cinque aggettivi bastano.
Immenso come il mare.
Nudo come una mano.
Quotidiano
come il pane. Semplice. Chiaro.
Ti amo in un leggibile corsivo
come nei temi della terza elementare.
Ti amo al più con qualche rima baciata
che pare accidentale (e forse m’è scappata).
Ti amo prima e dopo l’universo,
oltre le schiere in rotta delle parole
in volo sul silenzio del tuo corpo.
 
 
 
 
 
 
Inutilità della letteratura
 
 
Cercare ossigeno in un libro
nei giorni impermeabili alle parole.
Oggi ne ho lette a migliaia.
Sull’autobus, in pausa pranzo, allo sportello.
In piedi. Le mani ingombre di altre cose.
 
E fra tutte ricordo soltanto
PORTATA 300 KILOGRAMMI
CAPIENZA 4 PERSONE 
 
 
 
 
 
 
Preghiera condominiale
 
 
Ave Maria del pianerottolo
che hai una nuova lampadina per Natale
nella nicchia del muro fra due porte
proprio di fronte all’ascensore
accesa per caso o per errore
 
Santa Maria piccola dell’Anno Domini
duemila e tanti prega per noi condomini
che saliamo e scendiamo le scale
anche oggi con gli occhi al pavimento sotto
i tuoi occhi di stucco in una piega delle ore
fino dall’ora della nostra morte 
 
 
 
[ESAURITO]