Le cose che importano – Fabia Tolomei

  • Tempo di lettura:3 minuti di lettura



 
 
Le cose che importano
Fabia Tolomei
Pagine 70
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-66-2
 
 


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 4 euro


 
 

Nel giardino milanese
due note di lettura

 

Nella Milano in cui alberga ancora la zavorra del tardo serenismo, da un lato continua un certo tratteggio del mitomodernismo, dall’altro dò vita al realismo terminale quale possibile poetica non legata alle singole culture. È Augusto Pivanti che mi indica il presente lavoro di Fabia Tolomei. Siamo al tempo del progressivo impoverimento del linguaggio e proprio qui sta la ragione della leggibilità di questi versi. La giovane Tolomei, infatti, dispone di un suo respiro verbale adeguato e consistente. Nel giardino che sembra quasi essere quello del privato, colloquia con il proprio tempo che le fa da specchio e gli interlocutori sono sempre modicamente presenti, così da non ramificare troppo la scrittura in risaputi generi poetici.

Guido Oldani

 

Fabia Tolomei è “una di famiglia”: della sua – di quella dalla quale proviene, alla quale geneticamente appartiene – e, in lettura più vasta, di una famiglia che – se anche non fosse, ma è, altroché se è – sarebbe stata “inventata” dall’autrice, debitrice come ella appare, in questa opera prima, ad un senso di adesione alla circolarità degli affetti, ad un desiderio incontenibile e incomprimibile di essere parte (de)scrivente in una forma di “partecipazione che tutto vede”, a cui nulla sfugge e dalla quale nulla fugge per manifesto bene-essere nel collocarsi entro il proprio fotogramma.

Augusto Pivanti

 
 
 
 
Incroci
 
Non vorrei mandare via
i fantasmi da queste stanze
– vorrei solo non facessero più male
i lettini rossi ancora intatti
la crema per le mani della mamma
e la mia voce che anticipa
il ritornello della fiaba.
 
È un dolore che mi incastra
sulla soglia di ogni stanza,
e sa di vita che è stata
in questa casa vuota e piena
mentre mi muovo scoordinata
pensando da che parte
cominciare ad aprirla.
 
 
 
 
Chi resta
 
Nel toccare le camicie
e i pantaloni, di vigogna
e le scarpe con i lacci
è rapita da ogni gesto
che una volta scivolava
senza quel nitore strano.
 
Dopo un anno la stupisce
la memoria delle dita
– l’abitudine è un cassetto
che si chiude inosservato.
 
 
 
 
La mia casa
 
Sulla soglia del silenzio
resta tutta la memoria
delle voci che avevamo.
Io le avverto
rare, vere
e le faccio balenare
tra il passo e il cuore.