La vita in dissolvenza su SoloLibri

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La vita è luce e ombra, la poesia fissa il buio con spirito intelligente, infondendo cuore al pensiero autoriflettente. Il monologo, il soliloquio, diventano necessari momenti intimi che precedono il dire. Il nuovo libro di Lucianna Argentino La vita in dissolvenza (Samuele Editore, 2022, pp. 94, prefazione di Sonia Caporossi) è un monologo in quattro atti, tutti tratti da episodi della vita reale. Libro dalla scrittura limpida, delicata e forte, intrisa di fede consapevole che sa vincere il male. Ciò può attuarsi soltanto con ferma aderenza al bene, come è sottolineato da una bella citazione di Simone Weil.

L’elevatezza dell’assunto sentito in ogni fibra del corpo fa del dissolvimento, la morte, l’inizio di un nuovo ciclo vitale, secondo la legge superiore che la poetessa sposa, conservando la tragica e stupenda malinconia insita in tutto ciò che sembra estinguersi e dirci addio.

Nel primo quadro, “Madre”, una donna incinta scopre di essere affetta dal tumore. Il suo sguardo comprende empaticamente la natura, il lago calmo in superficie e nel profondo culla di tempeste a lei affine. Interiorizza l’albero vecchio lasciato solo, che perfino gli uccelli scansano per i suoi rami sempre più radi. Ascolta con maggior passione la pena del marito, i respiri notturni, dialoga con il figlio in grembo, infinita energia ricevuta nella prova, e nel contempo suo dono inestimabile alla creatura. Scopre un’analogia tra morte e parto, è una delle più perfette definizioni della morte che abbia letto, insieme a quella contenuta nell’autobiografia di Jung, nel giorno della morte di sua madre, in cui la signora inflessibile, Atropo, la terza parca, è paragonata a uno sposalizio festoso, percepito dallo psicoterapeuta veggente nell’altro regno. Scrive Argentino:

“Come potrei far capire loro che è un miracolo / questo che accade e questo in cui siamo dentro tutti, / che l’intera vita è gestazione e la morte è parto mistico?/ Madre morte che ci partorisce in tutti i nomi dell’aldilà.”

La seconda parte, “Gestazione dell’addio”, è dedicata allo strazio inguaribile di una ragazza stuprata, suicida. Le è stata rubata la vita da chi avrebbe dovuto essere la giusta metà. Non resta nulla di lei e per lei, né l’anima, né Dio, né il mondo.

Graziella Atzori

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