Da Fare voci Sandro Pecchiari su “Canti di cicale” di Silvia Secco

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da Fare Voci di luglio 2016 – qui

 
 
 

Esce in questi giorni il nuovo libro di Silvia Secco, “Canti di Cicale”. Una raccolta nella quale spunta ed è onnipresente la figura di Elvira, nonna materna dell’autrice, da poco scomparsa, e la sua linguamadre:

 
 

Casa è una costiera senza il mare
che mi resta rinchiusa tra le palpebre,
è qualcosa che somiglia al dolore
– punto in cui la vedo -. Soglia di cime
palpabile e spinosa, dal Pasubio
al Grappa dove la so. a lungo rimane
– nonostante il sole levi – la neve.
Casa è un odore appuntito che deve
salire, fumo di fascine da fuochi
nei campi, nebbia, sudore, profumo
di viole e un sentore animale
che insiste, mi distingue, che ingoio. Casa
è il luogo. Linguamadre e memoria. Nodo
scorsoio a cui imploro di ricordarmi chi sono. (pag. 46)

 
 

Silvia, “Canti di Cicale” è un titolo di presa immediata così come l’immagine che hai scelto per la copertina: l’opera “Conta quel che chiudi nel pugno” dell’artista Ivo Mosele. Com’è nata la raccolta e la scelta?

 

Prima di tutto, caro Sandro, permettimi di ringraziare te per questa attenta lettura, e Giovanni Fierro, poeta per il quale nutro molta stima, per questo spazio in una rivista dal bellissimo nome, in tutto coerente con il suo contenuto.
Questa seconda raccolta poetica è, in realtà, la mia prima vera esperienza di costruzione di un libro, dove ho dovuto rispondere, per via di levare rispetto alla prima bozza inviata, alla domanda fondamentale dell’editore Alessandro Canzian: “Facciamo un libro alla volta. Qui, cosa tieni a dire?”
La risposta è tutta contenuta in questa splendida opera di copertina, nella quale l’artista Ivo Mosele, (mio insegnante di discipline pittoriche al liceo artistico e, anche per questo, anch’egli legato al concetto di linguamadre), ha saputo cogliere esattamente il nucleo semantico centrale del lavoro: un cuorepugno, unità di misura del nutrimento (secondo gli insegnamenti delle madri), delle passioni, e dimensione dell’essere umani e di ciò che realmente conti.
In questo senso, il concetto del pugno si lega all’immagine dell’utero e della culla e quindi alla maternità, alla figura della madre, che ho voluto evidenziare anche graficamente, attraverso l’uso del corsivo, in quattro testi all’interno delle tre sezioni: la madre di sillabe (l’io poetico di pag. 21 che soltanto può cantare, come le cicale), la madre creatrice (culla anche linguistica, dove linguamadre è il mio dialetto alto-vicentino, di pag. 28), la madre-sorella (intesa come ricordo d’infanzia, isola precedente la corruzione, di pag. 62), ed infine la madre della madre (Elvira, appunto, che è memoria ed origine, di pag. 82).

 
 
 
 

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