Anteprima Cossa vustu che te diga – Giacomo Sandron

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Viene in mente, leggendo questo stupendo testo di Sandron, che sa infilare fra le sue parole il grottesco e il nonsense, che sa essere allegro e corrosivo al tempo stesso, il Charlot di “tempi moderni”, nel febbrile e assurdo corpo a corpo con la linea di montaggio, la chiave inglese che diventa l’emblema di quello scarto d’ingranaggio, di rifiuto a sottostare ai nuovi ritmi che il modello fordista andava imponendo. Se il borgo, il paese, sono ormai entità vuote in cui l’anima accesa non trova più stimoli o risorse, la realtà della fabbrica, del capanon, lo sono ancor di più. Non resta che tornare alle radici, o meglio alle radicee, le foglie del tarassaco (le radici sono importanti, dice la santa centenaria nel recente film oscar “la grande bellezza” di Paolo Sorrentino, lei si ciba solo di esse, perché sono essenziali per la riscoperta di se stessi e per non dimenticare mai le proprie origini).

dalla prefazione di Fabio Franzin