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Così diviso il corpo su Laboratori Poesia


 
 
Da Laboratori Poesia
 
 

La parola poetica ha inizio nel salto, balza da realtà a realtà, attraversa trasversalmente i piani dell’esistenza. La silloge Così diviso il corpo di Paola d’Agnese (prefazione di Maurizio Cucchi, Samuele Editore 2021), già dal titolo preannuncia la posa di sospensione che interpreterà il movimento di ciascun verso.

Lo slancio del salto è una esplosione, rievoca nell’oscurità il sapore dolce e amaro del “pane quotidiano”, esperienza comune che appartiene alla parabola del disincanto. Il moto umano interferisce con l’ambiente, ne sancisce strettoie e dilatazioni, ma la voce non è solo umana. Un senso panico agisce sotterraneo nel cuore delle cose, benché la preghiera non preghi più perché è “fuori dalla notte”: “Ma il vento/non vuole più volare e la preghiera/con lui. Dopo questo momento/un altro fuori dalla notte”. Il corpo dell’umanità ha una posizione di tensione al basso, alla caduta, a un abbandono singolare e plurale: “Potere/lasciarsi/lasciare”. L’ansia, nella sua precisa nominazione, individua il flusso al crollo, ricompone l’immagine di un’alterità frantumata.

Non c’è un orientamento che non siano il dolore, l’assenza di risposte, l’inadeguatezza al ritmo del proprio stesso pensiero. L’interiorità si spezzetta, è un esercizio all’immagine prima di dormire: “Il cuore ha riflessi di specchio./Le sue schegge formano il mosaico/che ritocco ogni sera prima di dormire”.

L’io si alterna a pronomi riflessivi e prime persone plurali. I versi sono dominati da una brevitas quasi epigrammatica e feroce nella sottigliezza del tratto argomentativo o descrittivo. Ancora di più, lo stesso io tracima nel noi con la velocità scansionata dai versi, variamente distribuiti nelle strofe. Un raccoglimento riappacificante si modula attraverso percezioni grandiose che iniziano dal moto silente degli elementi naturali e si suggellano nella sincronia tra l’uomo e l’ambiente. Sembra necessario, dunque, essere imperturbabili per incarnare ciascuna imprescindibile perturbazione universale: “Restare fra le braccia di alberi/immensi ni cui rami sono state radici/divenute alberi e poi radici/e poi alberi”. La solitudine è uno stato esistenziale necessario per l’individuo che, lontano dal sé, si riappropria del paesaggio: “Astuti superstiti i rumori/si inseguono. /Noi rimaniamo soli”. Uno sguardo vigila sul mondo, non assomiglia a nessun viso umano e pervade la visione d’insieme: è quello materno.

L’antinomia, come retorica dell’essere e non solo del dire, risiede nell’inesattezza dei movimenti, nel disimpegno ai doveri verso il tempo, in un nichilismo appena azzardato che si mostra giovane come in una resurrezione desacralizzata. Ci si trova “sul punto di cadere” che è un modo di riscoprirsi ancora umani. La domanda che si pone la poeta è una questione priva di interpunzioni, didascalica nel suo tremito estremo e rifrangente. L’anafora scandisce il dramma dell’enunciato: “Ma quanto tempo quanto/ tempo è”. Il miraggio dell’amato è un groviglio sinestetico di percezioni che raccontano la profonda compenetrazione tra coscienze e corporalità: “Posso guardarti e udire stupefatta/il suono della luce”. Compare una casa circondata da “poca ma buona terra”: è quel residuo di fondamenta per le “piccole storie di poeti”. Una discesa di “scale in salita” ripropone -quasi montalianamente – il paradosso, l’ossimoro, la significazione invertita della somiglianza tra il vissuto e il vivibile. La luce non manca mai a imbiancare l’acuzie degli oggetti rappresentati che, a loro volta, raccontano del narratore. La possibilità di orientamento iniziale si disperde nella comunione amorosa, i sensi si soccorrono a vicenda nella loro reciproca insufficienza. Prevale una tensione alla sopravvivenza attraverso il corpo dell’altro.

Il ricordo è una visione di volo notturna che si dissipa nelle prime ore del giorno, come quando il resto delle cose ribadisce il suo dettame all’interiorità. L’atto di perdere l’altro, che sia la sovrabbondanza del medesimo io narrante o un tu diviso e autonomo, fa da contraltare a quell’iniziale lasciarsi andare abbandonico. Entrambe le azioni appaiono catartiche e, parallelamente, distruttive.

Una valanga aggettivale piomba improvvisamente (e visivamente) sulla parola, la spossessa del detto nell’atto del dire. Il bianco della pagina, ancora il bianco che ritorna dalla luce come fascinazione al buio, divora la lingua in favore del vuoto. Una visuale quasi apodittica affiora, a un tratto, dai versi, come se la lievità iniziale fosse dissipata in immagini macabre ed evanescenti: “Camminiamo in fila fra cadaveri./Come distinguerli da quelli/che respirano ancora”. La semiotica del reale scompare, lascia un’assenza di percorsi, di nomi, di direzioni e profila una circolarità che ridisegna la presenza dell’uomo. La tristezza è una cesura, un taglio, una rivoluzione del corpo nel corpo che reca oscenità al posto del sapere.

È la rabbia che muta il viso ma continua a vivere nella domanda, nella ricerca, nell’incompletezza dell’informazione sull’esistenza. L’odio muta genere per preservare quella fragilità innata che consente all’uomo di sopravvivere alla propria barbarie. Ecco che la poesia è un richiamo atavico all’altro da sé, un invito a “una gran festa/ una di quelle proprio senza nessuno” in cui scomparire è riconfermarsi alla vita.

Gisella Blanco

 
 
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Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.