Flaminia Cruciani su Diventa l’albero



 
 
 
 
Da Laboratori Poesia 
 
 
 

La poesia di Angel Quintero ci proietta in un universo onirico kafkiano dove avviene la frantumazione dei rapporti esistenziali dove si oscilla fra l’intimo organico e il sogno, l’immaginazione e il destino, l’assurdo e l’insensatezza, in un grado zero del reale dove le categorie, cinte da mura e fortificazioni impenetrabili, sono bianche.

In questi due testi inediti l’autore ci ricorda la duplice matrice della sua scrittura: da un lato agisce una spinta metafisica che non si sottrae anzi si fa medium di slanci visionari; dall’altro una convinta, quasi matematica terrestrità che bilancia, che tempera, che ricalibra.

Questo equilibrio, che a tratti diventa equilibrismo è reso possibile da una assoluta padronanza della lingua; sono pochi gli scrittori che possono permettersi questa dualità, che sanno ricondurla a un unico e credibile afflato conoscitivo, quel momento di incorruttibile intuizione tra sogno e realtà. E con questo non s’intenda un virtuosismo fine a se stesso bensì un ricorso continuo e caparbio alla precisione con cui il pensiero va a farsi parola per compiere un continuo processo alla realtà dai mille volti che tace; per esorcizzare l’anima nera del silenzio: quella della solitudine, della dimenticanza, dell’allontanamento, dell’isolamento «in silenziose credenze». Ne emerge uno sguardo chirurgico, alla Carver, di una ferocia inaudita, un cortocircuito continuo che spinge il lettore alle Colonne d’Ercole del conoscibile. Proprio per questo le immagini che Angel Quintero evoca nei suoi versi sono specchi inesorabilmente e positivamente crudeli: ciò che ci rimandano è una continua messa a fuoco dell’assurdo che non ammette ritardi né rimandi, non lascia spazio a scuse né a giustificazioni. Assistiamo a un continuo sforzo bellico lessicale e linguistico che cerca di assediare la realtà e non ci resta che testimoniare le esperienze del poeta, seguirne i labirintici ragionamenti, condividerne dubbi e paure e dunque sostare con lui «dentro il silenzio/tra le parole». Perché è lì, in quel presente intermezzo e intermediario, che possiamo intravedere una promessa di speranza, una possibilità di futuro. Abbracciare pericolo e promessa, rischio e rinnovamento e ironicamente

«Essere
il ronzare
che attraversa»
l’esistenza impenetrabile
«da una parte all’altra».

Flaminia Cruciani

 
 
 
 
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