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Un’intervista su Nerotonia ne L’Estroverso

 

 

Da L’Estroverso

 

 

«fummo tutto ciò che ci era dato desiderare / macchine universali in corsa / nei cieli struggenti dei nostri baratri assurdi / nei presagi che ci annuvolavano le menti». Versi ancestrali, scelti per introdurvi alla lettura di “Nerotonia”, opera prima di Rosella Pretto, “Samuele Editore”. Al di là del fallimento, del  tragico allontanamento, è (anche) la vicenda del riconoscimento di una “singolarità che diventa consapevole”. Un componimento complesso, costellato di rimandi che, come scrive Flaminia Cruciani nella gustosa prefazione, «ci trasporta in una rivisitazione originale della tragedia shakespeariana di Macbeth, sviscerata dall’osservatorio femminile e sensuale di Lady Macbeth». Ci dona, peregrinando nell’infinito interiore, una rivisitazione consanguinea al presente incessante dell’animo umano («disperazione e grazia»), specchio pulsante del cosmo.

Qual è stata la scintilla dalla quale è scaturita questa storia in versi, attualissima e nuda, “traghettata da Shakespeare ai giorni nostri”?

È la mia inesauribile ossessione per Macbeth, continuo a leggerlo e a pensarci, da una quindicina d’anni ormai. E più lo leggo, più sembra che mi sfugga. Mi sono laureata su quel testo, ma ne sentivo parlare da molto prima – di Shakespeare, in generale – quando veniva il nonno, Elio Chinol. Declamava qualche verso, gli occhi ispirati, il respiro che infondeva ai versi, la dizione consapevole di ogni parola pronunciata, il valore nel peso che acquistavano, la leggerezza di ciò che è universale. Sui Sonetti, in particolare, ha lavorato tutta la vita. Macbeth, invece, l’ha tradotto appositamente per la scena. Sapeva che le parole dovevano essere recitabili. E che il ritmo andava sostenuto a qualsiasi costo. Ritmo è movimento, azione. E il cortocircuito tra pensiero e azione è il cappio di Macbeth. Di lui ho scritto e continuo a scrivere in varie forme. Ma è come prendere la luna al laccio. C’è comunque qualcosa nel sangue che spinge a perseverare. Mi chiedi della scintilla, Grazia, e non c’è termine più adatto. Perché è proprio dal buio e dall’indistinto che tutto scaturisce, nel mio poemetto e nella storia dell’uomo. Nel guazzabuglio di quell’oscurità ecco la scintilla, che è parola, verbo; lì si profila la possibilità di essere, le condizioni ideali perché si manifesti la vita o l’amore, inteso come incontro/scontro di elementi che, insieme, generano un sistema più complesso, una forma nuova. Un sistema che man mano si evolve, però, e dovrebbe essere disciplinato, musicalmente accordato perché gli strumenti vibrino in sintonia. L’eterno problema dell’essere umano, delle relazioni. Vi è un intento di partenza che man mano si diluisce, va perso. E non ci si ritrova più. A quel fine non si giunge. Rimane il tentativo e il bisogno di comprendere gli snodi di un amore. Anne Carson in The Anthropology of Water scrive che una conversazione è un viaggio e ciò che valorizza è la paura. Qual è la paura nel linguaggio?, si chiede. «Nessun incidente del corpo può impedirgli di bruciare». Nerotonia è la storia di un fallimento, di un allontanamento tragico, ma anche il riconoscimento di una singolarità che diventa consapevole, di una donna che tenta di appartenere e non trova requie. Vi è differenza tra uomo e donna e va riconosciuta, accettata come ricchezza. Può solo attraversare il buio, questa donna, farsi buia lei stessa e ammettere, alla fine, ciò che rimane: non solo macerie ma la possibilità del canto, la coscienza di essere grembo non più insterilito, ma che accasa storie, la sua e quelle di altri. Perché anche dopo la perdita di un figlio, per cui non esiste rassegnazione e non c’è parola per indicarne la condizione – «Sono vedova e… strano, non c’è la parola: chi perde i genitori diventa orfano; chi perde l’unico figlio diventa… niente», dice Violet, in Suddenly last summer di Tennessee Williams, prima di condurre il dottor Cukrowicz a vedere la giungla che ha ricreato nel giardino della sua villa, un giardino primordiale voluto dal figlio e in cui trova posto “la povera Signora”, una pianta carnivora che deve essere tenuta sotto vetro dal principio dell’autunno a primavera inoltrata, «la Venere carnivora, una creatura divoratrice che, giustamente, si chiama come la dea dell’amore» – dicevo, anche dopo lutti inenarrabili si può tendere l’orecchio e ascoltare. «Just breathe, just breathe I need you». Respira, respira, ti prego, ho bisogno di te, supplica Nick Cave, che sa il dovere di partire per cieli lontani per arrivare a dire che, al di là di quell’albero scheletrico, va tutto bene, va tutto bene, ora. Solo dopo l’attraversamento di quel terreno minato si accede, a volte, al miracolo che descrive Roland Barthes in Frammenti di un discorso amoroso. «Miracolo: lasciando dietro di me ogni “soddisfazione”, senza essere né pago né satollo, oltrepasso i limiti della sazietà e, invece di trovare il disgusto, la nausea, o anche solo l’ebbrezza, scopro… la Coincidenza. La dismisura mi ha condotto alla misura; coincido con l’Immagine, le nostre misure sono le stesse: esattezza, precisione, musica: con il “non abbastanza”, io ho chiuso. Da questo momento, vivo l’assunzione definitiva dell’Immaginario, il suo trionfo». E l’Immaginario è ciò che mi guida e mi possiede, il suo indefinibile mondo. L’immaginario è il sogno, la sostanza di cui siamo fatti.

Grazia Calanna

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Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.