Federico Rossignoli su Fadia

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da Laboratori Poesia
 
 

Fadía (Fatica) è l’ultimo agile libro di Silvio Ornella, poeta di lungo corso legato al Gruppo Majakovskij. Anche qui, come nelle precedenti opere, la lingua utilizzata è quella del dialetto friulano, che l’autore connota strutturalmente di valori etici e sacrali; valori ai quali il dialetto, per altro, ben si presta, come tutto ciò che è vestigia di mondi per molti aspetti elementali, e da molto tempo sacrificati a quella vorace modernità già descritta da Pasolini decenni fa. Un equilibrio (in fondo amaro e sofferto) tra memoria e resistenza di un’umanità perduta o sull’orlo di perdersi, per approfondire il quale rimando alla nutrita prefazione curata da Giuseppe Zoppelli.

Le tredici poesie che compongono Fadìa sono come le facce di un prisma: ognuna di esse scompone un elemento dell’unità etica, artigiana e partigiana espressa dal dialetto. Non compare l’io del poeta, ma il fare del poeta, che di volta in volta viene declinato nel fare dei mestieri contadini: un agire disperato, onesto, caparbio e disilluso.

L’attacco del libro, Mobi (Moby), evoca l’opera di Melville, le sue dimensioni bibbliche, ma quasi per sottrazione, eliminandola dall’orizzonte di ciò di cui oggi si può parlare (o magari sapere) : la negazione della grande balena bianca sembra amputare dal mondo una parte di sé stesso (la cultura, del resto, serve proprio ad ampliare i confini del reale).

Il simbolo liturgico della litania prende vita nella seconda poesia, che invoca un argine al depauperamento del presente

Federico Rossignoli

 
 
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