Tenere insieme su minimaetmoralia

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da minimaetmoralia

 
 

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Raccoglie i testi di tutta una vita il nuovo libro di Gabriel Del Sarto ed è anche per questo che si intitola Tenere insieme (Pordenonelegge – Samuele editore, 2021), ma le ragioni del nome sono anche altre e sono tutte importanti. Del Sarto è un poeta di grande ricchezza, di notevole capacità espressiva che ha sempre saputo giocare con gli elementi della memoria, del quotidiano, ha sempre avuto il coraggio di domandarsi quale futuro ci aspetta, in che modo arrivarci. Ha scritto progettandolo il futuro, osservando tutto ciò che gli ruotava intorno dalla cameretta alla camera da letto, dalla cucina alle finestre, dai giardini al campetto, dalla scuola alla vita, dall’essere figlio all’essere padre. Del Sarto ha tentato di stare nelle cose, tessendole come si fa col filo, trovando le trame nascoste, piangendo e ridendo. Mi pare che abbia parlato di sé e, così facendo, abbia raccontato noi. Le nostre misure, le derive, le ansie, le tenerezze. Il poeta con i suoi dubbi e le sue stanchezze, con le immagini di gioia e di sofferenza, con la sua ricerca e, all’interno di questa, il cercarsi, il ricomporsi, il riconoscersi. Tenere insieme, quindi, una poesia molto bella procede in questa maniera:

 
«La fiamma bianca delle luci del Centro
Commerciale divampa nel cuore
della nostra zona, lama
fra le tapparelle di plastica sottile.
Siamo qui, lasciamo scorrere sotto
la finestra di questo ufficio il traffico
delle auto sul cavalcavia, persone vetri
e metallo. Stare silenzioso di fronte
a te, in questa penombra. Un’ora,
e il tempo si allontana attraverso il tempo
nei milioni anni luce, e questo fidarsi,
sai, di esserci ancora stasera al mondo».
 

Questi versi mi somigliano, sembra che guardino al mio modo di guardare, me lo spiegano. Non saprei chiedere di più a una poesia, scritta da qualcuno che non ho mai incontrato, soltanto ammirato. La chiave è quel Siamo qui al quinto verso, la tenaglia che ci agguanta e che ci porta sulla scena. A quel punto possiamo sentire il rumore della tapparella di plastica, accecarci alla luce del Centro Commerciale, specchiarci nello scorrimento del traffico. Silenziosi di fronte a te, che sei tu stesso o chiunque tu voglia, tu possa. Sentire ciò che abbiamo sentito, come il vibrato che fa il tempo mentre si allontana routinario e terribile, eppure immenso, eppure confortante. Del Sarto ci porta nella penombra e negli anni luce, annulla lo spazio, ci ricorda la fiducia. Noi lettori ci fidiamo, ci troviamo.

Gianni Montieri

 
 
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