su “Alfabeto dell’invisibile” – Federica Volpe

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“Alfabeto dell’invisibile” di Chiara De Luca, edito Samuele Editore, rappresenta la nuova svolta che la poesia dell’autrice ha preso. Rispetto a “La corolla del ricordo” e ad “Animali prima del diluvio”, entrambi editi Kolibris, la voce di Chiara si fa più narrativa, introducendoci in un mondo che non è più altamente lirico e rarefatto, trasfigurato dal linguaggio poetico, ma un mondo concreto, fatto di cose e di ricordi.

Il volume è diviso in quattro sezioni, due più narrative e due più liriche che ricordano maggiormente le raccolte che lo hanno preceduto. La prima è la terza sezione, Ritorno e Volti, costituiscono la voce narrativa.
Ritorni racconta del ritorno della De Luca a Ferrara, dopo essere stata ospite di diverse città italiane. “Dopo vent’anni in silenzio ti ritorno /a guardare dritto nel centro del cuore / da viaggiatore che ormai più non cerca // da tempo alcun riferimento, madre / tanto lieve distratta e inadempiente, mia Ferrara”: questo l’incipit della prima poesia dedicata alla città a cui l’autrice fa ritorno. La poesia prosegue, ricordando a chi ha letto i romanzi “La collezionista” e “La mina (stra)vagante” editi Fara Editore la forte ironia di cui Chiara è capace. L’autrice infatti non ha solo un occhio molto attento, ma anche piuttosto sarcastico: ed ecco che i giovani diventano soldati in divisa “iscritti d’ufficio alla ‘compa’ che a sera / si trovano al piazzale dell’Iper a bruciare / metà della serata per decidere che fare”. Seguono delle poesie capaci di descrizioni precise, veri e propri ritratti della città, delle sue ville e delle sue vie, che vengono attraversati da ricordi che, come raramente accade in poesia, non vengono solo abbozzati o frantumati per poter poi essere lasciati all’intuizione altrui. La De Luca lavora alla riemersione del ricordo, offredocelo intero: ed ecco che ci permette di vederla andare col fratello al funerale della nonna a Roma, o consegnare bambina i fiori per un fioraio di viale Cavour.

La precisione della descrizione pervade anche la terza sezione, Volti, in cui l’autrice ci espone dei veri e propri quadri in cui la vita reale si tramuta in poesia senza perdere nessun fotogramma ed il suo fascino narrativo. Sono ritratti di dolore altrui, trattati con la dolcezza di chi non vede l’altro solo come possibile personaggio da trasformare in arte, ma che sa considerarlo e mostrarlo come persona: “Stretti nella morsa dei minuti in sala / d’attesa i vecchi indossano sorrisi, / stanchi di parlare solo per tacere – / […]Accanto lei sta guardando da tempo / ha occhi di foglia nel deserto del volto // sobbalza quando le parlo e si accorge / di non essere il solo punto nell’ampio // bianco del muro mentre già un altro / forse viene risucchiato dalla stanza / all’occhio magnetico della risonanza.”.

 
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