Speciale Alberto Toni: sulla necessità dell’eleganza

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Foto di Dino Ignani

Per la giornata in ricordo di Alberto Toni, proposta e condotta dalla sorella Alba Toni, anche la redazione di Laboratori Poesia (il lit-blog della Samuele Editore) vuole omaggiare uno dei più importanti ed eleganti poeti degli ultimi decenni, con una riflessione di Alessandro Canzian.

 

Spesso si parla della Poesia come di un essere a parte, translucido, che vive di vita propria e al quale l’essere umano tende in un moto di ascesi pseudo romantica. Che la scuola abbia fatto danni quasi irreparabili al gusto della lettura della poesia è cosa assai nota (con belle eccezioni date da professori illuminati). Come è assai noto il contesto fertilissimo di scritture dove emergono poche voci non più autorevoli (non è più il tempo dell’autorevolezza, salvo casi già consolidati) ma in qualche modo autonome, e dove i maestri sono non di rado dimenticati.

Non tutti, ovviamente. Anche in questo caso (ma non è certo l’unico nella storia recente) siamo testimoni di una moda dei padri letterari molto simile all’indossare una sciarpa, un cappello. Lo fa uno, funziona, lo fanno tutti.

Molto più di rado si vanno a cercare padri letterari poco noti, poco diffusi dai Social, poco emotivi nel senso che non producono quell’incresparsi della superficie umana tanto superficiale quanto facilmente comprensibile ai più.

Ma i poeti, quelli veri, di tutto questo non si interessano. Quelli veri, s’intenda. Non quelli che cercano il clamore e la lusinga e quando non lo ottengono più attaccano gli altri accusandoli di cercare clamore e lusinga. Non quelli che denigrano tutto e tutti cercando di farsi passare come i detentori del sacro fuoco poetico. Non quelli che un po’ ingenuamente prediligono la creazione di un gruppo di autosostegno approvante invece che lavorare seriamente sul verso. Non quelli che ancor più ingenuamente (oltre il limite dello sciocco) pubblicano continuamente pensando che la quantità possa in qualche modo supplire alla mancanza di qualità.

I poeti, quelli veri, scrivono poco e leggono tanto. Affilano il linguaggio aprendo le braccia fino a farsi male. Un mano tesa al passato, una al futuro. I poeti, quell veri, si indignano per la mancanza di stile, litigano per l’inarcatura di un verso, diventano maniacali nei significati delle parole.

Perché la parola dice la realtà, e il verso ne dice i motivi. È un po’ come la religione (per chi ci crede): la scienza dice come, la religione perché.

La poesia in fondo non esiste. Esistono i suoni (in determinati contesti con determinate caratteristiche) anche se nessuno li ascolta. Esistono i colori (sempre, anche se nella percezione cambiano) anche se nessuno li guarda. Esistono gli oggetti, anche se nessuno li prende. Ma la poesia, come la religione, è un rapporto con, è una relazione che viene creata in quanto da sola non sussisterebbe.

Basti pensare che Dio (se c’è) esiste anche a prescindere dall’uomo. Ma senza l’uomo non esiste religione. Così la poesia, senza l’uomo non esiste. È uno strumento.

Ma viviamo comunque in una realtà, e i poeti continuano a nascere e a scrivere. Perché dalla sua non esistenza in effetti la poesia tende e riesce a spiegare il mondo oltrepassando il limite stesso delle parole, degli uomini, facendo sentire il rumore di fondo della vita al quale giocoforza ci appoggiamo tutti (anche non volendo o non sapendo).

Tutto questo però non è magia, non è un ideale che esiste a prescindere e a cui tendere, non è un’elevazione dell’uomo. È linguaggio. È il coraggio di affrontare con competenza ed esperienza ciò che tutti abbiamo: l’esistere.

 

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Foto di Dino Ignani

Alberto Toni in questo è stato un grande studioso del linguaggio, capace di attingere al passato e di riproporne un certo classicismo, ma osservando la vita presente. Un verso mai nato per caso e mai affilato senza un motivo. Un susseguirsi di sillabe che volevano riassumere il tutto in poche parole.

Alberto Toni è nato ed è cresciuto come poeta con una grandissima convinzione: che la poesia debba essere rigorosa, e tale rigore in lui è divenuto eleganza.

Di pochissimi poeti si può dire che sono eleganti. E non faremmo peccato a ripescare le famosissime parole di Moravia accusando di eleganza solo tre o quattro poeti in un secolo. Alberto Toni aveva questo pregio ma che non nasceva dal nulla. Era uno scarnificare il discorso con i severi strumenti dati dalla poesia del passato.

Luzi, fra i tanti, amato ma mai copiato in virtù delle differenze. Ungaretti, per dirne un altro, compreso fino in fondo ma con la distanza di un’esperienza differente.

E forse oggi, a due anni di distanza dalla scomparsa, possiamo cominciare a immaginare che quell’eleganza che lo rendeva poeta altro non fosse che rigore, fatica, studio profondo dello strumento. E che questo sia, fra i tanti, uno degli insegnamenti dell’eredità importantissima della poesia di Alberto Toni.

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 
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