Silvia Castellani su Farràgine

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da Ilgiornaleoff

Il titolo di quest’opera che l’autore scrisse nel 2011, quando aveva soltanto vent’anni, richiama un ammasso di erbe diverse o più genericamente il farro. Si tratta effettivamente di un “libromassa”, miscuglio di parole dove la contraddittorietà la fa da padrona anche nell’animo del poeta, chiuso nella propria stanza a tormentarsi, mentre la donna amata non perde occasione per dileggiarlo con lo sguardo o il pensiero.

Così il poeta, ferito e umiliato, fa i conti con le proprie disillusioni: penzola l’arto dalla pacifica branda. Ho il cuore all’inferno e il corpo disteso sulla lana. Il Lete rimbalza tra le sue pallide forme. Cedevoli? Vellutati? Sprimacciati cuscini su cui riposa il corpo di un altro /, e l’Acheronte e il Cocito tra quegli occhi arrossati. La mia donna non è mia. La mia donna è su internet”.

L’opera è dedicata a Lucia, una Cenerentola a rovescio; il lettore fin da subito è dunque allertato sul fatto che non ci sarà un epilogo felice. Si tratterà di un viaggio negli inferi. Nella poesia Cin Cin si legge: “quanti oboli ho pagato al traghettatore? Tuttavia si è rifiutato di recapitarmi sulle opposte, cupe rive dell’Acheronte. Pertanto mi bagnai nel Gange. DIVIETO DI BALNEAZIONE nei profluvi orientali. Ma se sono di aromatico vino da esportazione /…/ torrenti, fiumi, greti e canali impregnati del vino delle messe. / E ne sono ebbro. Il poeta cade sotto i ripetuti assalti al cuore dell’amata ammaliatrice e altro non gli resta da fare se non cercare di salvarsi attraverso i propri versi.

 

Silvia Castellani

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