Raffaela Ruju recensisce “Il tempo rubato”

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Lo scorrere della vita è scandita dagli anni, dai cicli delle stagioni, dal ritmo del tempo che passa inesorabilmente. Questo tempo così misterioso ha il potere di sedurre e anche Milena Priviero si è lasciata ammaliare dal “sentimento del tempo”, un tempo che scappa inesorabilmente così come inesorabilmente scappano i giorni, quasi “inesorabilmente”. La macchina del tempo (scusate la ripetizione, ma tanto è importante questo concetto/realtà nell’autrice che non lo si può non ripetere) in Milena è la dimensione dell’anima che riesce ad abbandonarsi per un attimo in un abbraccio di vento. La storia della poesia conta innumerevoli poeti che con i loro versi hanno lasciato testimonianza della loro visione. “Carpe Diem” diceva Orazio, “Il tempo torna / io non ritorno” ci dice Milena sentendo l’intera ineluttabilità che passo dopo passo ci rimbalza. Eppure nei suoi versi non c’è mai rimpianto perché riesce a dare “tempo al tempo” e a rubare gli attimi conservando sempre un pochino di presente. E incalza la sua poetica “Perché ci sono giorni pieni”, giorni che per non saper cosa fare dipinge il mare come in Ballata del mare assente.

Il tempo è quello degli innamorati che si sono incontrati in un tempo sbagliato, eppure non fa male, non c’è dolore per questo ritardo ma la consapevolezza di una dimensione fluida che appartiene all’anima e contemporaneamente alla materia. E “al mare non si va quando fa freddo”, meglio “uno scialle leggero sulle spalle” scandisce la poetessa con ritmo anagrammato. La scelta stilistica del verso libero e del linguaggio limpido ci viene svelata dalla poesia Non voglio più metafore così com’è dichiarata la sua visione del tempo: “la vita è com’è, così come la vedo”. Eppure c’è anche un “nonsochè d’infinito” quasi inspiegabile (e come si può in effetti spiegare!). Lo stesso tempo su cui filosofeggiava Sant’Agostino: “Io so che cosa é il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo”. L’innocenza si mostra penetrandoci in tutta la sua dolcezza nella poesia Vecchi.

Nell’opera emerge continuamente l’importanza dei sentimenti e di quanto sia fondamentale la qualità del tempo, lo svolgimento e il coinvolgimento delle persone all’interno del proprio. La poesia diventa anche lo strumento alchemico capace di risvegliare gli stupori per approssimarsi all’eterno sulle vie del sentire e dell’ascoltare. La creazione dell’opera artistica comporta una sorta di contemplazione del silenzio e dal silenzio nascono questi versi capaci di aprire un varco verso un mondo diverso, di verso in verso.

Raffaela Ruju

 
 
 
 
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