Rosa Salvia, nata a Picerno (Pz) negli anni cinquanta, vive a Roma. Insegnante di Storia e Filosofia nei licei, vanta numerose pubblicazioni, per le quali sovente ha ricevuto consensi e premi: Luce e polvere, Aletti ed., (2005); Le parole del mare (2007) Lietocolle; Mi sta a cuore la trasparenza dell’aria, La vita felice, (2012); Il dolore dei sassi (2015) Puntoacapo; il saggio Frammenti di un discorso poetico, (2015). Autrice di racconti, collabora a riviste e al blog La poesia e lo Spirito. Il giardino dell’attesa, è stato premiato in Scriveredonna (2013) e nel Premio Montano 2015.
Un libretto dalle piccole dimensioni, quest’ultimo, d’una quarantina di testi poetici, tra cui alcuni brevissimi, Haiku e non, diviso in quattro sezioni: Il giardino dell’attesa, Intermezzo, Fin qui una lunga traccia e Solo il respiro dura per sempre.
Il giardino dell’attesa
Il giardino sopra la tua casa
è un punto, un paese,
il locus in cui si trova
il seme e lo spazio che accoglie
quel seme.
…
Il giardino è una frenetica linfa
è un filo di ragno
un sentimento e un pensiero
come il respiro di Saffo.
Da queste due strofe si chiarisce che si sta parlando dell’esistenza, di cui il giardino è metafora; l’attesa non è altro che la paziente accoglienza del Tempo, ma non quello misurato dall’uomo e dai suoi “affari”: piuttosto, il Tempo scandito dal seme che si fa pianta, dallo scorrere della linfa dalle radici alle foglie, dai fili che il ragno intesse. Rosa, che già nel “Dolore dei sassi” si era immersa con la poesia dentro le pietre e la terra, continua questo viaggio di riscoperta di sé, attraverso la Natura, i suoi ritmi e le sue necessità
…E tu apri gli occhi –
senza temere in te la cecità
vedi il volto pieno d’ansia,
il tuo respiro,
il giardino dove tutto fiorisce
e marcisce, dove le noci
sono ortiche,
e le tue labbra imparano a sillabare.
…
…
La radice è l’essenza delle cose
e le nascite vanno cercate qui:
esse sono rimaste vive e le si incontrano
in ogni angolo in questo giardino,
se le si vuol vedere.
Occorre invertire i pensieri, mutare lo sguardo che vede, delle piante, il tronco e la chioma e pensa che questo faccia dell’albero quel che è; la ragione dell’albero, invece, sono le sue radici, come i legami con la terra e con l’umanità sono la sostanza, la ragione dell’umano. Non possiamo pensare di far a meno di questi, altrimenti, come la pianta senza radici, inaridiamo.
Maurizio Rossi
Continua su I poeti del Parco