Il giardino dei semplici su Laboratori Poesia

 
Da Laboratori Poesia
 
 

Muovendosi in armonia con le stagioni, le pennellate e i silenzi di un quadro pulsante, Il giardino dei semplici di Maria Milena Priviero (Samuele Editore, 2024, collana callisto, prefazione di Paolo Venti) è una raccolta di poesie capace di dialogare con il concetto di confine, corporeo e verbale, di aprire a un tempo di gratitudine attraverso il «filo» sorprendente delle generazioni.

Il perimetro del giardino, sempreverde tòpos letterario, stringe il dolore del limite, della barriera e del distacco alla consapevolezza del ritorno e dell’incisività della luce, suggerendo profonde riflessioni sul rapporto tra la parola e l’esistenza, tra lo spazio del pensiero e del raccoglimento e la natura pura e impenetrabile delle cose così come si manifestano.

Versi nitidi ed essenziali dipingono con «smalti delicati» presenze umane, animali, vegetali e minerali, scandiscono in uno spartito musicale il tentativo della poesia di farsi traccia e prosecuzione di gesti di attenzione e premura. La «parola esatta / perfetta a dire amore» partecipa alla stratificazione della memoria e insieme all’indicibile: è un «sassolino» scelto tra i tanti e poi riposto tra i tanti, sorretto però dall’acquisizione permanente «per un attimo solo / d’essere vissuto».

«Ma se ti dicessi che nella ghiaia
un sassolino ho scelto
e riconosciuto per quel suo
essere grigio e unico.
E l’ho riposto poi
anonimo e sconosciuto
tra gli altri – centinaia –.
Saprà per un attimo solo
d’essere vissuto.»

In un tessuto tonale vario, in grado di spaziare dalla malinconia all’ironia e alla serena accettazione, la scrittura di Priviero riesce nel difficile intento di attingere a una dimensione creaturale di grazia, equilibrio e semplicità senza idealizzare. La verità del confine non viene aggirata, ma fa scaturire una sfida: la lingua si protende, si inarca a ponte fino a incrinare la regola, mediante il ricorso anche al neologismo, al dialetto o alla poeticità dell’errore. Le tre sezioni dell’opera, Della Malescenza, Il giardino dei semplici e D’altri lidi, abbracciano apparizioni e sparizioni, il vuoto che sprona a mettere «da parte / un po’ del buono / del giorno prima» tanto quanto a donare empatia e ascolto persino a un «calabrone» morente.

Elisa Nanini

 
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