I chiodi dell’acqua su SoloLibri


 
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Possiamo chiederci che rapporto vi sia tra la poesia e il mestiere dell’insegnante, inteso come missione maieutica, l’arte di far uscire, partorire dai ragazzi la loro unicità, la verità del loro essere, il senso che essi stessi devono e possono scoprire.
È un legame molto stretto con il fare poesia, da cui il verbo “poiein”, molto affine al partorire.
 
Marcello Strommillo, poeta e insegnante a Napoli, già vincitore di un premio di poesia “Guido Gozzano” e distintosi in altri eventi letterari, dedica la prima parte della sua ultima fatica poetica I chiodi dell’acqua (Samuele editore, pp.118, 2023), con prefazione di Eugenio Lucrezi e postfazione di Costantino Esposito, ai suoi ragazzi, i cosiddetti “barbari bambini”:

– Ragazzi, miei barbari bambini, / profeti di questo schizzo azzurrino / di questo guizzo di delfini senza mare…

Il termine “barbari” non è dispregiativo, al contrario, sta ad indicare la freschezza, una verginità mentale adolescenziale che riscatta il nichilismo e l’estraniamento, la solitudine dei nostri tempi, di cui pure il poeta soffre in parte.
Non mai del tutto, anzi le parole del vocabolario resuscitano certezze, ovvero il mondo e le cose, specialmente nel loro lato felice, nuziale:

Le parole del vocabolario hanno / una solitudine strana. / Solo se ne prendi una per mano / e le dai aria / si veste da sposa / ed esce nel vicolo radiosa.

Strommillo capovolge addirittura il rapporto maestro-discepolo: è lui, l’uomo disilluso, immerso in una civiltà decadente, a imparare dai ragazzi l’eterno stupore dell’esserci, l’attesa di quanto deve e può accadere.
Per molti aspetti i suoi versi, sempre ricchi di immagini e accostamenti strabilianti, ossimori di grande profondità, come per esempio le “cicatrici della gioia”, offrono una poetica desolata, che può essere accostata alla Wast land di T.S. Eliot.
Sappiamo che la Terra desolata di quest’ultimo è stata scritta dopo il trauma epocale della Prima guerra mondiale che ha reso la terra un deserto dal punto di vista spirituale, un colossale non senso antiumano, nell’attesa di un’acqua ristoratrice e rigenerante. Strommillo offre quest’acqua, già partendo dal titolo.
I chiodi e i buchi sono le ferite di Cristo, da cui fluisce l’acqua risanatrice. Non può esservi gioia senza sofferenza concomitante. Non si tratta di una facile consolazione, né di un capovolgimento della situazione drammatica, ma della straordinaria capacità di trovare felicità dentro il dolore. Il poeta unisce i due aspetti della realtà alla maniera di Eraclito nel processo di entiodromia, ovvero i due opposti che si corrono incontro e si uniscono.
È un’intuizione che pacifica, nonostante la guerra perduri, nonostante la morte. Anzi è proprio la morte a lasciare dietro di sé un’insopprimibile traccia di vitalità. Nel pianto collettivo si scopre, bisogna scoprire, il suo opposto.

“[…] nei giorni di tutti, nel pianto di ciascuno. / Lì dovrai trovare ogni giorno la tua / chiarità, la cascata inquieta della tua pace.”

Anche il paesaggio urbano più antiestetico non può cancellare la bellezza.

Graziella Atzori

 
 
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