Il dibattito di questi giorni secondo cui ChatGPT, e più in generale i grandi modelli linguistici (Large Language Models, Llm) possano essere una minaccia per l’istruzione, sono simili ai dibattiti degli anni Settanta quando comparvero le prime calcolatrici, o, come venivano chiamate allora le prime “macchinette intelligenti”: se gli studenti non imparavano più a far radici quadrate, che sarebbe successo a loro e al mondo intero? E visto che eravamo le sole creature in grado di far calcoli, quanto la nostra stessa umanità ne veniva diminuita? La differenza con gli anni settanta è che ChatGPT non si limita a eseguire algoritmi aritmetici, in fondo piuttosto semplici e ripetitivi, ma sembra imitare reali processi cognitivi umani. Le “macchinette intelligenti” ci hanno superato nei calcoli prima che io nascessi, quando ci supereranno nei processi cognitivi più alti? Quando penseranno meglio di noi? E, arrivando al limite, quando ameranno meglio di noi?
È celebre la metafora di Hans Moravec: ci chiede di immaginare un “paesaggio di competenza umana” in cui si vedono pianure di “aritmetica” e “memorizzazione a pappagallo”, vette montuose con le etichette di “coordinamento occhio-mano”, “interazione sociale” e ovviamente le attività più creative del nostro cervello, come arte e poesia (secondo il paradosso di Moravec i computer sanno svolgere calcoli altamente complessi molto meglio di noi ma non sono in grado di simulare le nostre abilità percettive e motorie più basiche…). Se immaginiamo l’avanzamento delle prestazioni dei computer come un flusso d’acqua, è come se vedessimo il paesaggio sempre più allagato. Mezzo secolo fa, le “macchinette intelligenti” hanno iniziato a sommergere le pianure, spodestando i calcolatori umani e i contabili. Ora siamo alle colline, ma chatGPT mira direttamente alle vette. Quando tutto sarà sommerso, secondo alcune teorie, arriveremo alla cosiddetta singolarità: saranno le macchine stesse a progettare e perfezionare altre macchine, molto più velocemente di come potremo fare noi, e completamente al di fuori del nostro controllo. Se per Star Trek lo spazio era l’ultima frontiera, per noi la poesia sembra essere l’ultimo baluardo di umanità.
Alberto Garlini
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