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Da Laboratori Poesia
 
 

La più recente raccolta di Vincenzo Della Mea pone considerazioni e questioni più generali, che ci impongono di andare al di là della semplice recensione a una novità editoriale. Le poesie che fanno parte della raccolta sono state infatti generate a partire da programmi software basati sull’intelligenza artificiale (afferenti a GPT) e da questo materiale grezzo l’autore ha poi provveduto ad una selezione e rielaborazione dei testi per renderli propri. La componente creativa è quindi relativa a questo lavoro di “post-produzione” e cernita qualitativa, mentre il materiale di base è stato generato con metodi automatici. Della Mea si serve dell’informatica, che conosce molto bene per competenza professionale, come strumento di ausilio nella creazione poetica, seguendo un percorso che in Italia ha il proprio atto costitutivo nella poesia “Tape Mark 1” (1961) di Nanni Balestrini, che impiegò un algoritmo di sua invenzione per mescolare e ricombinare alcuni versi di base e generarne un testo poetico con un computer IBM. Le metodologie oggi disponibili sono naturalmente molto più raffinate, dal momento che con l’intelligenza artificiale è possibile impiegare algoritmi di autoapprendimento con reti neurali, a partire da sequenze e basi di dati di addestramento, in modo tale che la generazione del testo poetico avvenga con una scelta dei componenti interamente a carico del software, che procede a una “dettatura automatica” tutta algoritmica. Fra i più recenti impieghi degli strumenti informatici in poesia conviene citare il lavoro di Gilda Policastro nel suo La distinzione (Giulio Perrone Editore, 2023), libro in cui il testo dal titolo “GPT-3”, generato con l’uso dell’applicazione GPT, viene esposto senza filtro, nella forma di un dialogo fra autore e macchina condotto al prompt di comando.

L’espediente creativo adottato da Vincenzo della Mea ripropone all’attenzione del lettore e della critica la disputa, mai completamente risolta e conclusa, fra quali debbano essere i confini e le interazioni “ammissibili” fra la cultura umanistica e la cultura scientifica o, più propriamente in questo caso, la cultura tecnologica, intesa come applicazione pratica delle acquisizioni e delle scoperte scientifiche; il tema è naturalmente molto vasto, con implicazioni etiche e sociali che qui non analizzeremo. Conviene però qualche considerazione, più circoscritta, sul rapporto fra poesia e tecnica, applicata al libro in esame.

Fabrizio Bregoli

 
 
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