Alfabeto morse di Novembre su succedeoggi


 
 
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Arianna e Euridice

Una «rima ferma, perentoria» in questi versi d’amore e di addio di Marina Corona, dove il mito della donna del filo e quello dell’amata di Orfeo destinata a perderlo nel regno del buio si fondono per confondersi…

Poesia di amore e addio, versi incisivi, netti e pregni di pathos. Questa Arianna di Marina Corona, poeta che ho già pubblicato in queste pagine, ne conferma la forza passionale e controllata: qualcuno, uno, deve uscire, uscire davvero, non solo andarsene dal petto in cui lei lo tiene imprigionato. Ma uscire nella notte, tra i lampioni, nella dimensione del sonno e del sogno, comunque nel buio. Vai via, gli chiede, lo esorta, senza che io ti veda, non voltarti.
In quel momento spera avvenga una catarsi: il gomitolo si dipani, l’amore raggomitolato è caos e notte nebbiosa… sdipanandosi appare, si svela il filo: tu che ne tieni un capo, e l’altro che mi sfugge dalle mani.
Con questa rima ferma, perentoria, si conclude la lirica, in cui si fondono, o forse meglio ancora confondono, il mito di Arianna, la donna del filo, del Labirinto, e quello di Euridice, che perde Orfeo nel regno buio, pregando che non si volti.

Roberto Mussapi

 
 
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