Alessandro Agostinelli su “Il colore dell’acqua”

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di Alessandro Agostinelli

 
 

Ho conosciuto Alessandro Canzian anni fa a un convegno sull’editoria poetica. Era giovane e aveva voglia di capire, di fare, di mettere alla prova se stesso in questo mondo evanescente e privatissimo che è la poesia.

Lo ritrovo anni dopo dentro a questa struggente raccolta poetica che si intitola “Il colore dell’acqua” e i suoi pugni mi arrivano dritti alle vene dei polsi. Questo libro è un manuale spudorato di meccanica emotiva, di educazione sentimentale del rovescio. È il romanzo di una disfatta sentimentale che fa male a ogni pagina e a ogni pagina rinfranca nel pianto la nemesi della fine di una storia, del bene tra una uomo e una donna. Canzian non parla del disamore, ma di un amore contrariato. Non c’è qui la nostalgia, ma una terroristica volontà di sfibrarsi, ostentando i lividi subiti e dolenti – come scrive Fresa in prefazione è “il suono di una tragica dolcezza”.

Come scrive l’autore in questa poesia: “Ho una voce di vuoto in gola./Una chiarezza buia, uno spazio./Ho una pozzanghera nel cuore/dove tu più non ci cammini/- con le tue caviglie snelle come grandine./Ho una stagione arrugginita/negli occhi, in attesa di cosa”.

Non c’è più paura, non c’è più desiderio di alcunché in questo io che prende la parola e festeggia la sua disfatta d’amore. Siamo oltre, nel vuoto carsico dell’interiorità, nella consapevolezza che tutto manca, immensamente manca. Un libro compatto e trasparente da leggere con cura, dove dentro troverete nuove parole per chi ha bisogno di dirsi appropriatamente la fine di un amore, il lessico di una lontananza epica e ferita.

 
da alleo.it

 
 
Il libro qui