Un’intervista su Poesia del Nostro Tempo

 
 
da Poesia del nostro tempo
 
 

Che cosa sta succedendo all’editoria poetica in questo frangente, ai tempi dell’emergenza sanitaria per Covid-19? Quali sono le difficoltà attuali, i possibili scenari futuri, i punti di fuga e le eventuali aperture che Lei intravvede?

Sicuramente la crisi di questi giorni sta facendo emergere criticità che già c’erano, ma di cui non avevamo piena consapevolezza. Pensavamo di possedere tecnologie e connettività futuristiche, e poi ci siamo trovati tutti a dire “Ehy mi senti?” su Google Meet, Zoom, Whatsapp. Pensavamo d’essere più o meno usciti dalla crisi precedente magari con un minimo di solidità, e poi ci siamo accorti che basta un mese di stop per annientare posti di lavoro, aziende, professionisti. In editoria non sta andando meglio. Dall’osservatorio privilegiato della Sef, un’azienda che si occupa di finanza agevolata e consulenza con la quale la Samuele Editore da alcuni mesi ha lanciato un progetto finanziario/culturale, attraverso tutta una serie di interviste a imprenditori, personaggi politici, librai, editori, associazioni culturali, stiamo sempre più raccogliendo preoccupazioni e previsioni in tal senso.

Oggi il comparto del libro, nonostante la discussa riapertura delle librerie, è quasi fermo. Dico “quasi” perché tutto sommato c’è la consapevolezza che chi aveva preventivato e strutturato, in tempi non sospetti, la vendita online, adesso qualcosa sta vendendo. A lato dello stop però i progetti si sono moltiplicati: azioni di beneficenza tese a trattenere e rinsaldare il rapporto Editore/Lettori (rapporto fondamentale oggi), progetti alternativi e investimenti, rischi (perché è in momenti come questo che bisogna rischiare). Le difficoltà attuali, oltre l’ambito della Samuele Editore che tutto sommato si è trovata in un momento particolarmente fortunato, in realtà non ci sono. I problemi saranno tra due mesi, tre. Quando cioè i distributori dovranno saldare un venduto che non c’è stato. Quando dovremo iniziare di nuovo a proporre libri, nuove uscite, sapendo che il contesto si è notevolmente impoverito di risorse.

Alcuni giorni fa parlavo con il vice Presidente dell’Adei e abbiamo discusso dei Festival, dei grandi momenti di incontro con il pubblico. Lui auspicava una “regia unica”, magari con a capo il Mibact, prendendo comunque atto che le persone non avranno guadagni da reinvestire nei libri, né probabilmente andranno in luoghi con grandi assembramenti (sempre che entro fine anno lo si renda possibile). La problematica dell’Editoria sarà insomma domani, non oggi. Quando dovremo investire in eventi sapendo che non rientreremo nemmeno nelle spese, in un contesto certamente non ricco e che andrà a erodere e logorare un comparto già povero.

Punti di fuga? Eventuali aperture? In realtà la soluzione è la medesima di prima. È la stessa che permetterebbe la chiusura degli editori truffaldini, che eliminerebbe i contributi autoriali, che premierebbe la cultura: acquistare libri. È la cosa più vecchia del mondo probabilmente, ma è tutto lì. Parlavo con un amico libraio in questi giorni su una pubblicazione che ha avuto molta eco a livello di rassegna stampa, e mi ha detto: “ma non lo hanno comprato, hanno letto in rete qualche testo e via”. Acquistare un libro da anni è diventato un atto scandaloso, straordinario. Quando facciamo fiere come ad esempio Pordenonelegge, dove i libri si vendono, la dinamica dell’acquisto non è più quella del “acquisisco un valore”, ma del “ti faccio un favore a darti 12 euro per un libro, e se mi fai lo sconto è meglio”.

Da anni alla moltiplicazione dei poeti si è accostata una diminuzione drastica del valore del libro. Psicologicamente vale meno di un pacchetto di patatine. Da qui a fine anno quindi la sfida sarà tutta in mano ai lettori, sarà loro la responsabilità di tirar su le sorti della cultura italiana investendo 10/12 euro nella piccola editoria. Che già da anni ha preso il posto, per quanto riguarda la poesia, della grande editoria. Abbiamo infatti diversi autori che sono passati dalla grande alla piccola aprendo collane, pubblicando. Una vera e propria migrazione che ha fatto benissimo alla cultura, ma che ora ha bisogno di un atto di responsabilità da parte di tutti. Un difficile atto, lo comprendo. Ma necessario. Agli Editori la responsabilità di pubblicare libri all’altezza, andando anche controcorrente, se serve.

 

Quali strategie di sopravvivenza avete individuato, se ci sono? Quali proposte per superare la condizione di crisi? E soprattutto, che cosa possono fare in concreto i lit-blog come Poesia del Nostro Tempo per supportarvi in questo momento? Di che cosa avete bisogno, ora?

La piccola editoria di Poesia in realtà aveva già una sua strategia di sopravvivenza, e che oggi sempre più definisce chi resta e chi no. L’iper specializzazione in una nicchia specifica, la costruzione di una fiducia, di un’immagine, il prestigio del nome. Noi della Samuele Editore abbiamo puntato moltissimo a seguire un percorso in divenire ma riconoscibile. Abbiamo trattato di contaminazione dei linguaggi con i primissimi numeri della collana Scilla, poi ci siamo lanciati nel tema dell’autotraduzione, poi delle riscritture. Insomma, senza essere troppo rigidi, abbiamo creato negli anni un percorso abbastanza chiaro. Il seguire poi una grafica precisa, sempre uguale a parte minime modifiche, il fare moltissimi eventi in tutta Italia, il puntare a nomi eccezionali, nel tempo ha pagato. Oggi possiamo dire di essere, almeno per ora, abbastanza tranquilli perché grazie alla reputazione creata e alle amicizie createsi negli anni abbiamo in essere collaborazioni e accordi che ci fanno per così dire “respirare”. Stiamo addirittura investendo sia in una pubblicazione specifica sia in promozione. Perché siamo convinti che oggi sia il momento dell’investimento, del lavoro, del raccogliere quanto seminato e del rielaborarlo.

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