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Alessandro Canzian su Dal sottovuoto

 
 

da Laboratori Poesia

 
 

Ho sempre pensato la poesia come un dialogo a distanza, dove l’altro è necessario ma assente, e allo stesso tempo non necessario ma presente. Perché la poesia, quando vera poesia, prescinde dall’autore e si concentra sull’interlocutore avendo bisogno di lui, pena l’inconsistenza del dire. Ma allo stesso tempo la sua non presenza amplifica il dettato divenendo tratto indispensabile e verticale, un affondo. Insomma si scrive poesia quando si parla a qualcuno che c’è, ma solo se non c’è.

E poi il problema del cosa dire, tema enorme, molto spesso abusato ma importante. Perché se lo stile è portatore di significato al pari del significato stesso, ciò che un testo dice è la colonna portante, il cemento con cui si costruisce la struttura. E cosa deve dire la poesia?

Uno degli obiettivi di un testo, sempre a parere di chi scrive, è l’interpretazione e la testimonianza della realtà nella quale l’autore vive. Non è certo il suo unico significato possibile, ma dall’avvento dei Social e della tipografia digitale abbiamo visto emergere tutta una serie di autori autoproclamatisi sorretti da piccole combriccole di elogianti. Ma la realtà resta quella di sempre: se si cerca il favore dei mediocri bisogna dare loro qualcosa di comprensibile per loro.

È poesia questa? O è una possibile poesia? Personalmente non lo credo, e pur essendo il mio punto di vista opinabile (per definizione) bisogna considerare un dato di fatto che viene dalla storia recente: il largo pubblico lo si può incontrare abbassando il proprio registro al loro, oppure lo si può educare.

Questa affermazione parte ovviamente da un paradosso: oggi abbiamo maggiori strumenti ed opzioni e molta meno cultura. Questo è un paradosso che l’attuale quarantena ha messo bene in evidenza, pur in un altro ambito. Pensavamo infatti d’essere forniti di una tecnologia avanzata, futuristica, eppure passiamo le nostre ore di lavoro a dire mi senti? Non ti vedo bene. Non ti sento più. Cosa hai detto?. Ci siamo accorti che la realtà non è quella che effettivamente pensavamo di avere.

Così la cultura. Abbiamo una percezione di ampia cultura, di possibilità infinite grazie (prima volta nella storia umana) alla rete, eppure nell’applicazione quotidiana gli esiti di questa sono ben pochi, e magri. Si pensi ad esempio al razzismo che negli ultimi anni ha vissuto nuova vita qui in Italia.

In tutto questo la figura del poeta, il poeta vero, assume i doverosi e necessari connotati di un interprete. Non è più un vate, un sacerdote della parola, non è colui che scrive cose piacevoli, emozionanti (sia lasciato questo al consumismo della transitorietà, dell’effimero), ma colui che cerca di assottigliare lo scarto di cui sopra. Che cerca di far aderire quanto più possibile percezione a realtà.

Questa azione ha un nome ben preciso: consapevolezza. Al poeta oggi si chiede di comprendere, attraverso strumenti acquisiti tramite studi ed esperienze, il contesto in cui vive. E questo non prescinde dall’io, si presti attenzione, perché il poeta stesso è persona che vive in un dato luogo e periodo. Ma è suo dovere (perché ogni buon poeta sa che scrivere non nasce da un’esigenza, ma da un’assunzione di responsabilità) tentare risposte a domande che non sapevamo, o non volevamo sapere, di avere.

Anche in questo caso bisogna però aggiustare un po’ il tiro, perché nelle lettere quanto nell’umano non ci sono formule esatte, non ci sono libretti d’istruzione. E le risposte che il poeta può dare non sono soluzioni né definizioni. Ma già riuscire a comprendere un dato momento esistenziale, o sociale, significa andare oltre l’immediato, il superficiale, e affondare in una concretezza che regola a tutti gli effetti la nostra vita.

La poesia ha questo compito, e lo ha avuto specificatamente in Dal sottovuoto – Poesie assetate d’aria curato da Matteo Bianchi per la Samuele Editore. Un’opera che nasce come un dialogo tra Matteo e gli autori, e non di rado tra gli autori stessi. Un’opera che proprio attraverso il dialogo tenta di fotografare il più onestamente possibile, il più umanamente possibile, non la quarantena ma l’uomo di oggi in quarantena.

Perché il mondo è improvvisamente cambiato, si è mosso più velocemente di noi nonostante stessimo correndo verso una sottile autodistruzione, nemmeno troppo inconsapevole. Già da anni avevamo capito che il sistema economico non era sostenibile, che la vita stessa (sia lavorativamente sia relazionalmente parlando) non era più a misura d’uomo. Ma abbiamo avuto bisogno di un virus che all’inizio ci è parso innocuo, poi tremendo, per farci fermare.

E ci siamo fermati, abbiamo dovuto fermarci. Ma da cosa? E se ripartiremo verso dove correremo? E oggi? Cosa esattamente stiamo vivendo o meglio, come esattamente stiamo vivendo? Questa sono le domande che i 35 poeti dell’antologia si sono posti. 35 tra i migliori poeti viventi. Di certo non tutti, come è giusto che sia. Un libro è un’entità finita che non può e non deve (pena l’effetto Parola plurale) debordare nell’eccesso. Ma in questo caso nemmeno nel difetto, altrimenti la fotografia del tempo ne sarebbe risultata compromessa.

Alessandro Canzian

 
 

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Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.