SULLA POESIA DI PIETRO POLVERINI
OLTRE L’ESORDIO (2012-2021)
Pietro Polverini (Camerino 1992 – Macerata 2023) rappresenta una delle voci poetiche più intense e vertiginose della generazione di poeti “millennials” in Italia – o meglio di quella che si potrebbe definire una “generazione-arcipelago” – che ha potuto per esiguo tempo respirare gli ultimi soffi di Novecento e trovarsi poi a crescere in un universo-metaverso in transito dall’analogico al digitale: un globo di isole singole connesse in una rete cui aderire, più che unite in una comunità cui appartenere e per cui dantescamente “infuturarsi”. Polverini ha operato nel mondo della poesia, tra anni Dieci e Venti del Duemila, in una sorta di penombra fruttifera, con estro e meticolosità, all’insegna della pacatezza e senza furie arriviste, concentrandosi in primis su lettura, studio e critica: con pubblicazioni di articoli in sedi accademiche1 e su litblog, in particolare “MediumPoesia”2.
Il poeta-critico di natali marchigiani, di solida preparazione filosofica e filologica, si è dedicato specialmente alla poesia di autrici contemporanee, da Amelia Rosselli – oggetto della sua tesi magistrale in Teoria dell’arte presso l’Università di Macerata (Un’estetica dattilografica. Appunti su Amelia Rosselli) – alle amatissime Antonella Anedda e Patrizia Valduga – con cui ha intrattenuto corrispondenze dirette – a varie altre voci che permeano la poesia di Polverini a livello intertestuale. Oltre a interessarsi di narrativa contemporanea, da Pier Vittorio Tondelli fino all’ultimo romanzo di Gilda Policastro3, è stato soprattutto uno dei più acuti e attenti lettori della poesia della sua generazione, come mostra uno degli articoli che ha acceso un prolungato dibattito in rete e sui social network4, con tanto di accese polemiche su inclusione/esclusione, come se implicitamente fosse stato riconosciuto un valore canonizzante al contributo critico di Polverini5.
Francesco Ottonello

