Un’intervista ad Alberto Bertoni su Formavera

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da Formavera

INTERVISTA AD ALBERTO BERTONI

Ad oggi, ha ancora senso parlare di ispirazione e interrogarsi sulle questioni pratiche connesse al momento immediatamente precedente alla stesura di un testo poetico? 

Certo che ha senso, almeno finché a qualcuno/a capiterà una mattina di alzarsi e di dire: “Oggi può essere un giorno di poesia”, che vale in realtà un “Oggi forse scrivo”, perché c’è un movimento interiore che sta coagulandosi in discorso e che ha bisogno di essere disteso in una serie di frasi versificate, ritmate, plasmate dentro un crogiuolo metrico. Sono giornate in cui la prima parola che mi viene in mente non appena mi sveglio è una parola che fluisce in modo anche musicale e sono le giornate in cui appunto a bassa voce mi dico: “Oggi potrei scrivere una poesia”. Bisogna anche “aver qualcosa da dire”, però, e spesso invece, anche nei giorni in cui il pensiero fluisce in forma musicale, accade che non si sia poi in grado di eleggere a tema dominante e “significativo” un oggetto, un evento, un argomento (nel mio caso personale derivato comunque da un aneddoto esperienziale), una piegatura particolare del reale, un Tu destinatario/a del discorso o un paesaggio (non importa se interiore o esteriore) da modellare, da esprimere. E soprattutto accade che non sia presente un interlocutore davanti agli occhi del cuore e della mente a cui urga di comunicare qualcosa che non sia già stato detto così. In questo caso “negativo”, la giornata che sembrava possibile per comporre una poesia finisce in sé e quel fluire abbastanza armonioso della lingua nella mente o sulla punta delle labbra magari viene fatto confluire in qualche conversazione più o meno casuale, oppure in qualche telefonata, senza che venga nemmeno abbozzato un inizio di poesia. Mentre invece un artista figurativo o un narratore in quella stessa circostanza avrebbero comunque tracciato qualche segno o limato qualche paragrafo chiamandoli inizialmente ad assolvere una funzione decorativa o ad essere integrati in un progetto a venire…
Invece, nel caso della poesia, il linguaggio comporta da subito una tensione epifanica, un’esigenza trasformativa e una direzione di verticalità (auto)conoscitiva che non possono essere imbrigliate intanto in un atto di puro artigianato linguistico. Aggiungo che, dopo questa prima gittata nel giorno giusto, di cui prendo l’appunto brutale, un tempo con carta e penna, oggi sull’iPhone, soprattutto se sto camminando o guidando, dopo è molto importante, lungo, impegnativo il lavoro tecnico, vale a dire il lavoro di composizione e proprio di orchestrazione di una musica verbale più profonda e molteplice, rispetto a quella impetuosa della prima gittata. Ci sono poesie che ho scritto vent’anni fa, di cui sono ancora largamente insoddisfatto e che cerco di tanto in tanto di riscrivere, ma delle quali – dopo questi tentativi allungati nel tempo – sono ancora più insoddisfatto. Allora mi sorge il dubbio se prima di morire arriverò mai al compimento cui ambisco, perché la composizione di una poesia richiede un lavoro artigianale che può durare anche anni e anni. Io tendo a correggermi continuamente, a non essere mai appagato, a limare, a cercare di migliorare perché, alla fine, questa specie di monumento, di icona, che è la poesia compiuta ha bisogno di funzionare in tutte le sue parti. Quindi si può essere autori che si accontentano di quello che è venuto, oppure autori che portano il labor limae quasi a un eccesso nevrotico, anche dopo che il testo in questione è stato pubblicato. E io appartengo senz’altro a questa seconda categoria.
Rimane poi vero che in poesia ho cercato e cerco tuttora di dar forma a quello che è rimasto incompiuto, oscuro, contraddittorio e sepolto nei territori molto accidentati, petrosi, spiraliformi del mio inconscio o anche della mia emotività più oscura e razionalmente inspiegabile. Qualche risposta è senz’altro venuta. Ripeto che io non cerco la poesia: in certe giornate particolari mi viene in mente un inizio, questo inizio lo appunto e quando ho un po’ di tempo provo ad andare avanti… così viene la poesia… poi la leggo, rileggo, correggo, ricorreggo anche nell’arco di mesi o di anni. Non è che io scriva le poesie con intenzione, le poesie che si scrivono con intenzione o per dimostrare un assioma o un valore che si può esprimere anche in forma di prosa riflessiva o asseverativa o allegorica in genere sono poesie bruttissime. Ispirazione non è una parola di cui aver paura e sono d’accordo con Giovanni Giudici, il grande poeta che ho avuto la fortuna di poter frequentare da vicino, negli anni Novanta del secolo scorso, e dal quale ho imparato moltissimo, nel campo del lavoro con e per la poesia: ci sono giorni in cui uno può scrivere una poesia perché il linguaggio gli fluisce in un certo modo e ci sono giorni invece completamente sordomuti. In quei giorni in cui si può scrivere una poesia, se si ha qualcosa da dire attraverso la poesia, quel qualcosa dentro vien fuori e prende a mano a mano forma. L’artigianato è un processo tecnico che può occupare intere settimane, dopo si rifinisce, si cambia una parola, il ritmo di un verso, si lavora sulla disposizione e l’architettura degli accenti, dopo c’è tutto un lavoro tecnico sul linguaggio e sul metro.

Quando e come avviene l’ispirazione? Ci sono, nel suo caso, delle situazioni spazio-temporali, delle componenti fisiologiche o delle occasioni che possono favorirla? 

Per la mia ispirazione, non c’è un momento preciso, né un’ora del giorno preferita. Posso solo dire che non scrivo in condizioni di angoscia esistenziale, né se troppo impegnato col mio mestiere di insegnante o di saggista. Magari, non appena il momento di buio interiore è passato, allora sì, capita di cogliere l’attimo. E poi, scrivo volentieri quando piove. Fin da bambino amo moltissimo le giornate di pioggia dura e continuativa o comunque i cieli molto nuvolosi, quell’attimo prima che scoppi il temporale vero e proprio. Oppure dopo aver letto un testo (non importa se versificato o romanzesco) che appunto mi “ispira” o davanti a un’opera d’arte figurativa e/o fotografica che sento particolarmente vicina: Caravaggio, Hopper, Ghirri, per fare solo qualche esempio…

 

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