Un’intervista a Zhao Lihong su Nuovi Argomenti


da Nuovi Argomenti
 

1. Per cominciare, possiamo chiederLe che cosa evoca Montale nella sua immaginazione poetica? C’è una sua poesia o un tema che è di particolare interesse per lei?

Ricevere il Premio Internazionale “Montale Fuori di Casa” è un grande onore per me – ancora di più nel centesimo anniversario di pubblicazione della raccolta d’esordio di Montale, Ossi di seppia (1925), e nel cinquantesimo anniversario del suo Premio Nobel per la Letteratura (1975). Venire in Italia a ricevere il Premio Internazionale “Montale Fuori di Casa”, che porta il nome di uno dei più grandi poeti del nostro tempo, mi offre l’opportunità di rendere omaggio a Lui e alla grande Letteratura Italiana. Montale è un grande poeta italiano. La sua poesia, con le sue emozioni sincere, i suoi pensieri profondi, e con la sua visione unica del mondo e della natura umana, possiede una voce diversa da quella dei suoi predecessori e contemporanei, e spicca nella storia della poesia. Nel discorso tenuto a Stoccolma per il conferimento del Nobel, intitolato “È ancora possibile la poesia?”, Montale sostiene che “ormai esistono in coabitazione due tipi di poesie, una delle quali è di consumo immediato e muore appena è espressa, mentre l’altra può dormire i suoi sonni tranquilla. Un giorno si risveglierà, se avrà la forza di farlo”. Le sue riflessioni mi toccano nel profondo. Le conclusioni di Montale di cinquant’anni fa sono ancora valide oggi. Di fronte al rumore della realtà e alla quantità schiacciante di opere scritte per un consumo immediato, i veri poeti dovrebbero rimanere lucidi e sinceri, e usare la voce della loro anima per scrivere opere di grande forza espressiva.

 

2. Nel suo discorso per il Premio Nobel del 1975, intitolato “È Ancora Possibile la Poesia”?, Montale, un incurabile pessimista per dirla in modo semplice, sosteneva che la poesia non fosse più possibile. A cinquant’anni di distanza, Lei crede che questa affermazione sia valida? Qual è la sua posizione a riguardo?

Il pessimismo di Montale era radicato nella sua riflessione profonda sulla storia e sulla realtà. La sua visione del mondo e il suo atteggiamento erano sinceri. Esprimeva le preoccupazioni di un poeta per il mondo e per il destino dell’umanità. Il dolore espresso nelle sue poesie risuona ancora oggi e continua a commuovere le persone. Montale, dicendo che la poesia non fosse più possibile, in realtà negava questa conclusione con le sue stesse opere. Le sue poesie vengono lette ancora oggi. Nell’ultimo mezzo secolo, nonostante il subbuglio del mondo e l’irrequietezza dei cuori delle persone, il mondo è ricco di poesia, e possiamo ancora leggere versi commoventi e meravigliosi. Rispetto il modo di pensare di Montale, ma non penso che il suo pessimismo radicale sia giustificato. Finché nel mondo esisteranno creature viventi, finché la natura umana esisterà, finché continueranno il desiderio dell’umanità e il perseguimento della verità, della bontà e della bellezza, le possibilità della poesia continueranno ad esistere. Non vedo una fine. Il fatto che io sia venuto in Italia perché scrivo poesie, che abbia potuto incontrare l’Italia grazie alle mie poesie, e che possa incontrare poeti italiani, penso che sia una “presa di posizione”, per così dire. Sebbene scriviamo e leggiamo poesie in lingue diverse, l’eco dell’anima è un’esperienza universale che risuona e trascende le barriere linguistiche e culturali, risvegliando il desiderio delle persone.

 

3. Quindi, che cos’è la poesia per lei e cosa fa la poesia in generale e per lei in particolare? In altre parole, perché scrive poesie e per quale motivo?

La poesia è l’eco dell’anima che si scontra con il mondo. È la luce scoperta nell’oscurità. È il pianto nel dolore. È il canto nella gioia. È il monologo del cuore. La poesia è anche il modo in cui una mente intellettuale può interrogarsi costantemente su ciò che accade nel mondo. Se non può fornire risposte, può almeno portare speranza e illuminazione. Ho iniziato a scrivere poesie a diciassette anni. Dopo essermi diplomato alla scuola media, mi sono trasferito dalla città in cui vivevo in un paesino sperduto in campagna, dove la vita era povera, e il futuro era cupo. Ogni sera, alla luce fioca di una lampada ad olio, affidavo i miei sentimenti alle poesie scritte nel mio diario. All’epoca, non pensavo a diventare un poeta. Era semplicemente un modo per consolarmi e aiutarmi da solo quando mi sentivo bloccato nella solitudine e nell’angoscia; un’ancora di salvezza afferrata da un me stesso disperato, che lottava per rimanere a galla tra le turbolenze e i vortici della vita. Non mi aspettavo che quell’ancora di salvezza diventasse una nave che mi avrebbe trasportato tra il vento e le onde della vita. Dopo più di mezzo secolo, navigo ancora su quella nave.

 
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