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Un buon uso della vita su Arte Magazine – Pre-dizioni


 
 
 
 

Su Arte Magazine continua il tradizionale appuntamento con Pre-Dizioni. In questo numero un’intervista a Donatella Franchi, autrice della cartolina d’artista inserita ne Un buon uso della vita di Gabriella Musetti (Samuele Editore, 2021, collana Scilla), e una recensione al libro della poeta genovese naturalizzata triestina a cura di Marina Giovannelli.

 
 
Da Arte Magazine
 
 
 
 

Intervista a Donatella Franchi a cura di Alessandro Canzian

 

AC: Arte e Poesia nel libro di Gabriella Musetti e oltre. Come si intersecano questi due linguaggi nella sua produzione artistica?

DF: Leggo Un buon uso della vita, l’ultima raccolta poetica di Gabriella, che segue La manutenzione dei sentimenti, come una profonda meditazione sulla morte e sulla vita, sul dolore, un testo di poesia di grande intensità e forza. Nel mio lavoro visivo Donne con le ali, con un altro linguaggio affronto anche io questi temi. La poesia, il lavorio della scrittura, e il lavoro artistico con il suo paziente provare e riprovare, aiutano a vivere, a riparare e a guarire.

Vivo entrambi i linguaggi della poesia e dell’arte visiva come l’esperienza del sentire e pensare per immagini e visioni.

Nella mia pratica artistica ho spesso utilizzato la parola manoscritta come immagine, la calligrafia come traccia del corpo, come gestualità che la mano lascia impressa sulla carta. La mia ricerca sulle sorelle Brontȅ, a cui mi sono ispirata per creare i miei primi libri d’artista e installazioni, partiva dalla suggestione suscitata da un piccolo foglio manoscritto, l’inizio di un romanzo di Charlotte adolescente, intitolato The Secret. La calligrafia era così minuta da risultare quasi indecifrabile. La riproduzione di quel foglietto è l’unica immagine che si trova nella biografia di Charlotte Brontȅ scritta da Elizabeth Gaskell dopo la sua morte. Da qui era cominciata la ricerca visiva sul gioco letterario delle sorelle, che avevano iniziato da bambine insieme al fratello Branwell, si chiamava Scrittura segreta. Qui la calligrafia diventava paesaggio e mappatura dei luoghi della loro e della mia infanzia. Ho continuato ad usare la calligrafia nelle mie ricerche successive.

AC: Alcuni anni fa, trattando sul sito Società delle Letterate, sempre in riferimento alla poesia di Gabriella Musetti ha scritto: “La poeta statunitense Adrienne Rich parlando alle studentesse del suo rapporto con la scrittura poetica dice: “si dovranno trovare punti di incontro, luoghi nei quali l’energia della creazione e l’energia dei rapporti potranno convivere, e noi ne scopriremo sempre di più” (Segreti, Silenzi e Bugie, La tartaruga, Milano 1982, p. 35)”. Come si contestualizza questa citazione nella sua produzione e nello specifico nell’installazione Donne con le ali, (2011-2018 work in progress) sulle donne straniere che hanno curato sua madre.

DF: Le parole di Adrienne Rich per me sono la sintesi di quello che io intendo per pratica artistica come azione trasformativa, necessaria alla vita. Fare convivere l’energia della creazione con l’energia dei rapporti, tenerle in tensione, è la novità e la ricchezza del contributo delle donne alla storia della cultura. È quello che ho trovato in La manutenzione dei sentimenti e in Un buon uso della vita di Gabriella.

Non si può vivere senza esprimersi. Il legame con la creatività non riguarda solo l’arte, riguarda l’umano. Per me la creatività artistica deve essere a servizio della vita, immersa nel quotidiano, per creare connessioni e tessere relazioni. Mi ha aiutato molto nella cura di mia madre, nella sua lunga vecchiaia, e nel rapporto con le donne straniere, le Donne con le ali, che sono vissute con lei negli ultimi anni della sua vita.

 
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A proposito della poesia di Gabriella Musetti. Una recensione di Marina Giovannelli

 

Il titolo della recente pubblicazione di Gabriella Musetti, “Un buon uso della vita”, Samuele Editore, mi suona subito familiare, e capisco perché. In linea infatti con quello della silloge precedente, “La manutenzione dei sentimenti”, ripropone il corto circuito fra due aree semantiche antitetiche: quella relativa al ‘fare’, (‘uso’, ‘manutenzione’), di solito attribuito alle macchine, alla funzionalità, e l’altra invece pertinente alla più complessa e indecifrabile sfera della psiche e degli affetti. È una bella invenzione retorica (non so decidere se ossimoro o sinestesia o altro) con effetto destabilizzante e labirintico nella interpretazione delle poesie. ‘Destabilizzante’ perché impone di non fermarsi al primo livello di lettura, la narrazione drammatica delle diverse morti di donne, casuali o meno, banali sempre, insignificanti prese ciascuna per sé, ma di cercare l’“uso” che di quelle vite spezzate è stato fatto. ‘Labirintico’ perché porta in più direzioni: il nesso che unisce quelle donne e quelle morti, e anche la relazione fra loro e chi ne scrive.

Siamo nella complessità, ma un aiuto all’intelligenza viene dalla prima poesia, in cui l’idea che autobiografia possa essere solo collettiva (acquisizione che il femminismo ha reso definitiva) apre all’interazione fra vita propria e mondo. Fa parte di sé l’incontro con gli altri, in questo caso si privilegia quello con le altre per una affinità di destino di donna che si andrà precisando poco a poco nei versi, ma la cui consapevolezza evidentemente è maturata nel tempo in chi si guarda attorno e non permette al caso e all’indifferenza di cancellare quanto si vive, si condivide, si com-patisce. Inoltre, nella seconda poesia si chiarisce di non provare interesse tanto per l’origine della parola quanto per ciò che in parola si può sperimentare di vitale, e anche questa affermazione contribuisce a orientare la comprensione in direzione della concretezza esperienziale.

Ed ecco la serie delle morti, o meglio delle vite al loro esito. Non un elenco di figure alla Spoon River, ma un’interrogazione sulla tremenda solitudine che caratterizza l’esistenza di queste donne, l’estraneità alla pienezza che sembra connotarle tutte (anche laddove un carattere più aperto parrebbe fare eccezione resta comunque da parte altrui un tratto di indecifrabilità).

 
 
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Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.