Nella consuetudine del tempo su Arte Magazine

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La scoperta della meraviglia nella resilienza della poesia

su “Nella consuetudine del tempo” di Luisa Delle Vedove

 
 
da Arte Magazine
 
 
 
 

Luisa Delle Vedove, nata a Cordenons (PN) nel 1951, laureata in Pedagogia, ex insegnante, si dedica al mondo dell’arte dagli anni ‘90

 

Partecipa dal 2002 a mostre di pittura sia personali che collettive in Italia e all’estero (Lewisburg-Virginia, Lubiana, Vienna, Parigi ecc.) Articoli e recensioni su di lei si trovano in riviste e quotidiani come: Arte, Boè, Juliet, ecc. è presente nel catalogo Arte Mondadori 2006 e Europa In Arte 2007. Fa parte di alcune associazioni artistico culturali del territorio e partecipa attivamente alle diverse iniziative delle stesse (pubblicazioni, letture poetiche, mostre di pittura). Appassionata di poesia e autrice, ha pubblicato due raccolte intitolate “Il Tempo Ritrovato” (Moro Edizioni, 2003) e “Il Mio Cuore Di Piuma” (La Grafica Edizioni, 2011). Libro quest’ultimo che ha ricevuto un giudizio più che positivo, tra gli altri, da Giorgio Barberi Squarotti e Paolo Ruffilli, ed è stato pubblicato nel blog di poesia della Rai condotto da Luigia Sorrentino. Nel 2021 pubblica con la Samuele Editore “Nella consuetudine del tempo” con prefazione di Luigia Sorrentino e in copertina il proprio quadro “Dissolvenze” (acrilico sui tela, 100×100, aprile 2010).

 

PICCOLA INTERVISTA A CURA DI ALESSANDRO CANZIAN

 

Alessandro Canzian: Cara Luisa, parlaci della tua arte pittorica, come nasce?

Luisa Delle Vedove: Lavoro molto sull’improvvisazione, sulle macchie. Il quadro che abbiamo messo in copertina a “Nella consuetudine del tempo” (Samuele Editore, 2021) ad esempio non è nato volontariamente. Ho fatto, agito, prima le macchie di colore e da queste, a livello direi quasi inconscio, è emerso il quadro nella sua interezza. Anche la silhouette di donna è emersa dopo: da una meraviglia inaspettata, un indefinito che si scopre e che io stessa ho scoperto.

In riferimento alla serie di cui fa parte questo quadro, fatto nel 2010, posso dire che per colori è un unicum.

 

AC: Cos’è questa meraviglia di cui parli?

LDV: È un qualcosa che amo profondamente: la meraviglia della scoperta. Io dipingo proprio perché la pittura mi tiene viva la scoperta, la meraviglia. So che mi ripeto ma non ci sono altri termini, definizioni, che meglio raccolgono i confini di questa mia esperienza che, confesso, viene da lontano.

Ho un ricordo di bambina che infatti anima tutta la mia arte. Ed è il momento in cui per la prima volta ho messo l’occhio sul caleidoscopio. Sono rimasta affascinata, innamorata, da quei i colori e da quelle le immagini.

All’inizio il mio fare arte era diverso, ma a un certo punto ho sentito l’esigenza di cambiare direzione, quel caleidoscopio in qualche modo mi ha chiamato a un nuovo modo di dipingere. Ho ritrovato e capito il movimento. Il mio inconscio ricercava non solo quello straordinario movimento, quei colori, ma quel che avevo nettamente provato di fronte al caleidoscopio. Prima inconsapevolmente, poi scientemente.

Anche per questo sperimento continuamente. Rifuggo in questo modo la noia e rimango in qualche modo giovane.

 

AC: Interessante questa definizione. Cos’è quindi la giovinezza per te?

LDV: La giovinezza, parlo di quella interna, non del fisico, è per me un’apertura allo stupore, al mondo. Un non non dare mai le cose per scontate. Un non chiudersi a visioni ideologiche molto spesso limitanti. Un essere letteralmente aperti nel bene e nel male.

 

AC: Parlaci infine di questo quadro, “Dissolvenze” (acrilico sui tela, 100×100, aprile 2010).

LDV: Come ho detto prima questo quadro nasce da alcune macchie, come mia abitudine, che attraverso lo stupore e la scoperta sono diventate figura umana. Senza volto, ma con del tempo che scorre dentro. Il quadro, ed è anche questo uno dei motivi per cui è in copertina al libro “Nella consuetudine del tempo”, vuole porre l’idea del tempo che passa all’interno di una definizione umana. Che è la realtà umana di tutti. La figura non ha volto, lo ribadisco, è quasi in dissolvenza, perché come la poesia vuole rappresentare e dire qualcosa a tutti.

 

UNA RECENSIONE DI VERNALDA DI TANNA

 

Nella consuetudine del tempo” (Samuele Editore 2021, collana Scilla, prefazione di Luigia Sorrentino) è l’ultima fatica letteraria di Luisa Delle Vedove (Cordenons, 1951), pedagoga ed ex insegnante presente nel palinsesto artistico italiano sin dai primi anni ’90 del secolo scorso. Luisa Delle Vedove ha all’attivo già un paio di raccolte intitolate “Il Tempo Ritrovato” (Moro Edizioni, 2003) e “Il Mio Cuore Di Piuma” (La Grafica Edizioni, 2011), libro questo che ha ottenuto plausi importanti.

Questa terza raccolta si scinde in quattro sezioni scevre di titoli. È una raccolta sonora, cadenzata da pause, falsetti, anafore e allitterazioni, dato che «il silenzio alla sua ultima riva» è «un dissolversi lento in polvere/ e suono».

La prima sezione ci trasporta direttamente «nei luoghi innocenti/ vicini alla casa» della «murata infanzia», per mostrarci versi che trasudano asprezza (ad esempio: «i cuori come fossi/ colmi nei rifiuti»), con «la precisione fredda dell’inverno». A partire dai primissimi testi che inaugurano il libro, il lettore è indotto dall’autrice a comprendere che il rapporto che investe tutta la raccolta, da capo al fine, non è altri che quello con la madre – o meglio, una madre – e il punto di non ritorno che sfiora la relazione figlia-madre: la morte, l’elaborazione che ne consegue. E, poiché «tutto di lei a un luogo ritorna», la madre è la casa. La casa è la madre.

 
 
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