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Il nome di Dio – Paolo Maggis


 
 


 
 

Il nome di Dio
Paolo Maggis

Samuele Editore 2018, collana Scilla
prefazione di Alessandro Canzian

pag. 108
Isbn. 978-88-96526-99-6

12 €
spese postali 2 €
 
 

Dalla prefazione:

Nel tempo alla poesia sono state date molte e diverse definizioni. Tanto da arrivare a scrivere addirittura poesie sulla poesia. Producendo come è inevitabile non di rado un sentire opposto, un non voler definizioni a prescindere. Perché in fondo la parola poetica è sempre esistita e sempre esisterà come possibilità, opzione del linguaggio. Una caratteristica intrinseca e privilegiata, basti pensare alle prime narrazioni orali e scritte prodotte in versi. Ogni epoca ha così tentato un suo significato in linea con la sua cultura, la sua storia, fino agli eccessi di accelerazione che viviamo nel contemporaneo dove tutto dura, anche le definizioni, non più di un anno. Poi deve essere aggiornato come fosse uno smartphone.

E allora inevitabilmente ricordiamo Bauman quando parla di amore liquido e di rapporti che sono trattati alla stregua di prodotti da supermercato. Prodotti usa e getta. Perché l’accelerazione che abbiamo vissuto in questi ultimi decenni e che in qualche modo ha fagocitato millenni di storia umana deriva indiscutibilmente dal significato che diamo alle cose. Un qualcosa che sappiamo finirà, che dovrà essere cambiato, e così facendo gli diamo le caratteristiche della transitorietà legata al nostro bisogno di utilizzo immediato per una soddisfazione facile e superficiale.

Ma la vita necessita di una lentezza che abbiamo dimenticato. Ed ecco allora che la poesia può diventare, o ritornare ad essere, semplice quanto luminoso racconto di un vissuto. In questa direzione Paolo Maggis consegna con la pulizia di un racconto in versi una parte della sua biografia dove la riflessione incontra la memoria alla ricerca di un senso, un punto fermo. Le due direttive di questo percorso non privo di paure, dolore, precarietà, attese e ripensamenti, sono un dramma e una nascita in una dimensione talmente interconnessa (anche se nella vita quotidiana non sempre è percepibile) da rendere in qualche modo l’una conditio sine qua non dell’altra.

Ed è questa la cifra maggiore della poesia di un autore che di mestiere (se di mestiere si può parlare) non fa il poeta ma l’artista. Una serie di quadri dove apparentemente ci sono soluzioni di continuità e riferimenti abbastanza precisi ma, a uno sguardo più attento, tutto è posto sul piano onirico e sfuggente di un significato più alto. E non ci si lasci ingannare dal titolo Il nome di Dio perché il significato più alto non è spirituale ma più ampiamente umano, che parte dall’io e abbraccia il tutto. In questo si inserisce la riflessione sul termine Dio apparentemente ingenua ma che in realtà segna il raggiunto e maturato legame con l’esistenza: Dio come d’io, di me stesso. Un legame che è atto d’amore composto sia di perdita sia di nascita.

Di fronte a queste pagine, da leggersi come un racconto in versi, Bauman torna come eco a ricordarci quanto ogni cosa sia importante, fondamentale, insostituibile. Perfino la perdita, sia essa di un altro o di una parte di noi stessi. Come una delle metafore più riuscite del libro dove l’autore va a trovare un amico il quale gli mostra le formiche della compagna (uno strano vezzo femminile che echeggia in qualche modo la visione dantesca del mondo nel 22° Canto del Paradiso, pur ribaltandone gli esiti). E l’autore vede nelle formiche tanti punti neri che, pur rimanendo solo dei punti, hanno la grandezza delle stelle. Sono quei punti / che misteriosamente fanno scattare una scintilla / che istantaneamente ti collega a tutto l’universo / e ti fa essere parte armonica./ Io questi punti li chiamo miracoli.

Alessandro Canzian

 
 
 
 
1
 
E poi quel silenzio denso.
 
Quell’istante, quell’attimo che rincorro ogni sera all’imbrunire.
Quel momento vestito di nulla in cui il mondo, l’intero
universo è costretto a fermarsi congelato.
Un respiro che dura tutta l’eternità.
Tutto tace.
Pace che ti rigenera dopo tanto frastuono.
 
Oggi quel silenzio è molto più denso.
Mi trascina in un vortice senza respiro.
L’apnea sembra non finire.
Sento il vuoto premere contro la bocca dello stomaco
e quella pressione non mi lascia respirare.
L’aria trattenuta m’inebria di una pace profondissima.
Uno strapiombo di pace.
 
Sul ciglio di quello stesso strapiombo solo luce.
… abbiamo ancora tempo…
 
 
 
 
 
 
22
 
Ti ho vista reclinare la testa all’indietro,
ti ho vista appoggiarla sul mio petto mentre ti tenevo
stretta tra le braccia.
Il verde del lettino scomparire ingoiato dal buio
mentre il tuo corpo diventava luce.
Ti ho sentita forte nelle mie fragili braccia
mentre il tuo corpo pulsava in due tempi diversi
 
Ti ho stretta mentre quel tuo stesso corpo
si contraeva spingendo forte.
Ti ho stretta mentre urlavi al silenzio.
Ti ho trattenuta mentre dalla tua bocca uscivano
stracci di parole senza confini.
Ti abbracciavo battezzato da un liquido
dall’odore della vita stessa.
Ti guardavo mentre le tue mani costringevano le mie,
ti ho baciata mentre quelle stesse mani si aggrappavano
come artigli alle mie gambe chiedendomi di restare,
ti ho voluta quando quella forza
era così grande da rendermi unico.
Ti ho spostato i capelli dalla fronte mentre lo chiamavi
per nome e in quel nome sentire echeggiare
la voce dell’universo.
 
 
 
 
 
 
24
 
Oggi sono andato a trovare un amico.
Salite le scale a sinistra vedo una scatola di plastica
contenente delle formiche che si muovono veloci tra sassi,
pezzi di legno e piccole montagnette nere.
La scatola poggia su un grosso tavolo
ricoperto di tessuti e stracci.
Più in là un’altra scatoletta di plastica trasparente chiusa
dove si muovono altri esserini neri.
 
Lui mi guarda «Adesso non ti impressionare, alla mia
compagna piacciono le formiche».
«Perché dovrei impressionarmi?» rispondo.
Si avvicina al tavolo e sposta parte del tessuto sotto al quale
compare un’altra scatola di plastica trasparente e bianca.
Questa è piatta suddivisa in compartimenti rettangolari
di piccole dimensioni comunicanti tra loro.
La scatola a sua volta comunica tramite dei tubi di plastica
con altre scatole di piccolo e grande formato coprendo
tutta l’ampiezza del tavolo. Il movimento è impressionante.
Tutto vive di un constante affacendarsi
che probabilmente non avrà mai fine.
 
Mi racconta delle formiche, mi spiega che
sono tutte femmine e tutte sorelle nate dalla stessa madre
regina che, fecondata una sola volta, non smette di deporre
uova per dieci anni o più.
Mi spiega le differenze tra operaie, soldate e nutrici;
mi racconta di come la regina depone le uova in base
alle necessità: prima le operaie perché lavorino, poi le altre
in base alle esigenze del formicaio.
Vedo le uova deposte in quantità impressionante
mentre le nutrici trasportano acqua per tenerle umide,
vedo le soldate spaccare pezzi di pane
e rosicchiare i tubi di gomma. Vedo le operaie
trasportare semi per immagazzinarli nel lato più secco
del nido ed altre creare montagnette di compagne morte.
All’esterno fuori dal buio del loro mondo, il più lontano
possibile dalla loro dimora.
 
Sono punti.
Solo punti che si muovo irrequieti senza mai sostare.
Se la madre vive una dozzina d’anni il più delle altre
non arrivano ai sei mesi.
 
Punti neri.
Mi chiedo se da lontano non assomigliamo un po’ a loro.
 
Un punto è solo un punto.
Perso tra i miliardi di punti.
Uno dei tanti.
Sono talmente tanti che sembrano tutti uguali.
Democraticamente sbattuti lì a nascere vivere e morire
per poi essere sostituiti da altri punti.
È la loro funzione.
Tanti puntini neri che si muovono laboriosi.
Si muovono, si scambiano le posizioni e sinergicamente
operano. Sembrano tutti uguali eppure sono diversi.
Se ne muore uno viene sostituito da un altro e da quassù
nessuno se ne accorge. Tutto sembra uguale.
 
Eppure ci sono punti che, pur rimanendo solo dei punti,
hanno la grandezza delle stelle. Sono quei punti
che misteriosamente fanno scattare una scintilla
che istantaneamente ti collega a tutto l’universo
e ti fa essere parte armonica.
Io questi punti li chiamo miracoli.
 
 
 
 


 
 



 
 

Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.