Francesco Tomada su “La manutenzione dei sentimenti”

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da una recensione di Francesco Tomada apparsa su perigeion – qui

 
 

Fa piacere trovare l’occasione, grazie all’uscita di La manutenzione dei sentimenti (Samuele Editore, 2015), di scrivere di Gabriella Musetti, perché l’autrice nativa di Genova ma ormai trapiantata a Trieste spesso si è dedicata ad un lavoro dietro le quinte per favorire la visibilità di altri. Nel suo percorso, anche grazie all’ascolto, ha dunque maturato una scrittura personale e una piena consapevolezza del mezzo espressivo, per cui la sua poesia ha la capacità di restare in equilibrio fra una scrittura compiuta, a volte quasi sperimentale, ed una piena comprensibilità.

La manutenzione dei sentimenti, già dal titolo, offre l’idea di qualche cosa di cui bisogna avere cura perché si consuma, qualcosa che va riaggiustato e riequilibrato per farlo funzionare di nuovo – magari non come prima -, di quel lavoro “ordinario ma essenziale” che giustamente Rossella Tempesta sottolinea nella prefazione. E’ necessariamente il libro di una persona non giovane perché, pur senza tracciare bilanci, descrive e racconta traiettorie e percorsi, a partire dalla sezione iniziale, Città, che è come riguardare un album di fotografie, una geografia ponderata di un sentimento di coppia che si è evoluto dall’entusiasmo giovanile di Genova, Manchester, Salisburgo ad un compromesso consapevole, un equilibrio instabile (“perché non godi appieno l’istante che non è precario?”) che cerca il modo di “combaciare due misure”, fino al radicamento in una Trieste che è insieme approdo finale e apertura verso l’Oriente ed i Balcani. Una sezione privata, certo, ma non quanto la seconda, Passaggi ibridati, che invece si cala completamente nel presente scoprendo che questo ha riservato la malattia ed il lento declino del compagno di una vita. Qui il mondo si chiude sui piccoli gesti domestici sempre più faticosi, sulle scale che diventa difficile affrontare, sui minimi atti di pietas umana con cui, se vuoi bene a qualcuno, fingi di non vedere le sue difficoltà per evitare gli imbarazzi. Sono poesie di dolore ma forse più di afflizione per la sofferenza altrui e per quella che una futura perdita lascia intuire.

 
 

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