da Alleo.it su Dal sottovuoto

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In questo tempo sospeso e in parte svuotato di senso, la letteratura e la poesia potrebbero prendersi un ruolo che avevano forse perduto nell’ordinaria vita quotidiana contemporanea. Samuele Editore (progetto ormai in piedi da oltre un decennio, voluto da Alessandro Canzian che gli dedica anima, cuore e braccia) ha pubblicato una nuova antologia di poeti contemporanei italiani che dovrebbe fare il punto non solo del rapporto tra epidemia (cioè straordinario) e poesia (cioè senso della lingua), ma anche nominare insieme le voci poetiche italiane più autentiche del nostro tempo.

La scelta antologica è stata compiuta da un emergente poeta e critico, Matteo Bianchi, che dalla sua Ferrara dispone di un osservatorio panoramico sulla penisola. Nel libro Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria, si mette nero su bianco la volontà di confrontarsi sul tema dell’isolamento, di una quarantena tanto improvvisa quanto obbligata. L’idea è scaturita dalle sparute riflessione trapelate sul web, ovvero dalla necessità sommersa di molti intellettuali di liberare un vuoto interiore che una volta confinato rimbombava con maggiore violenza. «Dovremmo pronunciare ogni parola vera come fosse un’agonia o un testamento», sosteneva Ceronetti in Poesia e solitudine.

«Un movente così decisivo per gli animi del 2020 non poteva essere ignorato a priori come un semplice “fattore esterno”, una trascurabile casualità – argomenta Matteo Bianchi – né ridotto alla solita boutade per stampare altra carta e battere cassa quando il silenzio non può più essere abbastanza. Da parte nostra non c’è stata alcuna intenzione di strumentalizzare un momento drammatico, tantomeno di estetizzare un dolore condiviso; tutt’al più di anestetizzarlo facendolo vibrare. Non va tralasciato, infatti, il tentativo di opporsi al panico generalizzato, di scongiurare una paura che se fomentata avvelenerebbe irrimediabilmente il nostro futuro. «Eravamo già ciechi nel momento in cui lo siamo diventati, la paura ci ha già accecato, la paura ci manterrà ciechi», ammoniva Saramago in Cecità».

 
 
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