Caleranno i vandali – Flavio Almerighi

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Caleranno i vandali
Flavio Almerighi

prefazione di Rosa Pierno

pag. 114
Isbn. 978-88-96526-71-2

 
 

Libro pubblicato attraverso una Campagna di Crowdfunding Eppela.com

I sostenitori: Rosario Albano, Cristina Annino, Luca Ariano, Leopoldo Attolico, Chiara Baldini, Emilia Barbato, Rachele Bertelli, Marianna Bindi, Rosario Bocchino, Stefano Bonfreschi, Lucio Borghesi, Massimo Botturi, Fabrizia Borzatti, Valentina Campo, Valentina Carinato, Antonio Cenerini, Annalisa Ciampalini, Steno Colombo, Verusca Costenaro, Laura De Beni, Ubaldo De Robertis, Giuseppina Di Leo, Alessandro Fo, Elena Franchitti, Lucia Gaddo Zanovello, Ester Gaiadue, Marylìa Granata, Angela Greco, Monica Guerra, Gezim Hajdari, Giorgio Linguaglossa, Marta Mambelli, Riccardo Mattii, Enzo Minardi, Giancarlo Morinelli, Annamaria Naro, Giuseppe Panetta, Roberta Panizza, Marisa Papa Ruggiero, Filippo Passeo, Luigi Paraboschi, Sandro Pecchiari, Piero Polidori, Valentina Premerl, Maria Milena Priviero, Rosetta Rivola, Alberto Rizzi, Raffaela Ruju, Simonetta Sambiase, Gianluca Sansone, Francesco Sassetto, Alfonso Siano, Patrizia Sardisco, Silvia Secco, Mariella Tafuto

E con la sponsorizzazione di MELO DRINKwww.melodrink.it

 
 
 
 
 

Fin dalla prima poesia di Flavio Almerighi in Caleranno i vandali è il tempo, la sua valutazione in relazione al senso che innesca, al valore delle cose che determina. E, inevitabilmente, assieme alla posizione gerarchica che i valori in esso posizionati assumono, essendo da sempre immersi nello spazio, è necessario affrontare anche la questione del passaggio da una letteratura fondata sul tempo a una letteratura fondata sullo spazio come prospettava Foucault. Non appare dunque un caso che Almerighi introduca luoghi come Auschwitz e il Sud America, reali entrambi, ma inconfrontabili. Si aprono immediatamente baratri nel tentativo di categorizzazione, che si palesa pertanto impossibile. Che cos’è il tempo? Che cos’è un luogo? Il tempo speso nel guardare programmi in replica è incompossibile con quello dell’ergastolano. Se crollano le definizioni, il tipo di conoscenza a cui la poesia attinge è conoscenza critica. E tramite la critica, il passaggio alla resistenza alla battaglia, non solo mentale, ma anche fisica, è immediatamente compiuto.

Lo scontro non va colpevolizzato in assoluto: qui, il discrimine è talmente mosso che un uomo è sempre contemporaneamente al di qua e al di là della barricata come arma sta sia dalla parte della vittima sia del carnefice. Si tratta della presenza di un ulteriore livello che rende il quadro maggiormente complesso e non lascia indenne nessuna idea come migliore o più giusta, poiché nel giudizio entra anche la casualità della nascita, l’arbitrarietà dell’istruzione ricevuta. Non è acquiescenza allo stato di fatto, la poesia è schiaffo, strumento di verità assunta dal singolo che si rafforza con la voce degli altri. In questo senso la lettura è un atto collettivo che istituisce comunità.

dalla prefazione di Rosa Pierno

 
 
 
 
 
 
Di sette mattine
 

Di sette mattine
cinque sono sbagliate
due superflue.

Dai pomeriggi infiniti
al presente col fiato corto,
Auschwitz è più essenziale
il sud america un’illusione.

La sera grandina pietre dure,
si deve assecondare
l’arte da ergastolano,
attinge sonno
da programmi in replica.
 
 
 
 
 
 

Caleranno i Vandali
 
Niente fuga in ferrovia,
nessun distanziarsi in autobus
schiacciati senza intimità
dentro tripudi d’indifferenza,
dove cortili più che brevi
scordano poche soffitte rosse.

Caleranno i Vandali
pochi e male armati
spaventati cederanno
al ritardo che li acceca,
scagliati già supini
dai mari alla Penisola.

Noi dietro il vetro in utopie,
ogni cosa non va bene
qualche idea da collezione
nasce morta, già rubata
paia di ciabatte all’ombra
di vecchie colonie estive,

caleranno i Vandali,
gli Unni sono qui.
 
 
 
 
 
 
Nel nome del pane
 
Antonio nel nome del pane
si alza ogni giorno
e muore la notte senza riposo
spunta, rinasce bavero
contro la forza del vento

Antonio nel nome del pane
la vita inverna presto, sapessi
quanto ho vegliato i tuoi ritorni
ma certe brutte strade
portano soltanto via.

Reclusi da un lavoro infinito
se finisce
chiudiamo anche noi,
ai pochi figli avuti
non daremo più quel nome,

si deve saper lasciare,
se non ti chiamassi pane
ti chiameresti Antonio
sconfinato come gioie,
fuggito per trovare amore
 
 
 
 
 
 
Il mare a sinistra
 
Già tutte quelle foglie,
sbalzi di decollo, ubiquità del caso,
lanciate dalla fortuna a ostruire tombini
e il mare accigliato a destra
dietro la pineta

quando tornammo indietro
il mare a sinistra,
ben più reazionario che accigliato,
ci tenne per mano,
ma eri già lontana

non esistono parole
per dimenticare.