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Alfabeto dell’invisibile – Chiara De Luca

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Alfabeto dell’invisibile

 

Chiara De Luca
Samuele Editore 2015, collana Scilla
prefazione di Claudio Damiani

 
 
ESAURITO
 
 

Dalla prefazione

E alle soglie dell’invisibile, del silenzio, spesso conducono i versi di Chiara: “eppure ancora serbano il ricordo / forte di me le strade di un tempo, / rendendomi intera al silenzio”.
Nebbia, notte, pioggia…, la pioggia poi è quella più persistente in questo libro, pioggia di oggi e di ieri. E anche qui non è qualcosa di negativo. Chiara vorrebbe che non smettesse mai di piovere, e lei in casa, al caldo, a aspettare. Aspettare cosa? Mah… niente…: “un amico che ti chiami per niente / uno sconosciuto che non legga / in te soltanto quello che gli serve / un pianto che non enunci le assenze / un silenzio che non pronunci sentenze”.
Ecco: che non siano dette, rivelate, le assenze, ma siano come ombre nella foschia, immerse dentro il nostro mondo insieme alle presenze. E i silenzi, non siano sentenziosi, definitivi, ma accoglienti, anche loro, comprendenti una vita più ampia, più vasta. E così anche la notte, anche lei accoglie la speranza (“Hai gli occhi di chi ancora nomina il giorno / i miei dicono notte perché non tradisce / la speranza che se la pronunci svanisce”) e conserva gli invisibili (“lasceremo gli spettri al loro buio”). C’è speranza, o è forse meglio dire “visione”, e assomiglia alla “chimera” intravista, dalla bambina che la spiava non vista, negli occhi della madre, seduta da sola in cucina. Ed ecco l’ultima sezione, visionaria, del mare. Il mare a Ferrara! Ora la pioggia è cessata, tutto è mare. La pioggia che nell’ultima poesia della sezione precedente s’era trasformata, capovolgendosi, in sorgente (“e pioggia sgorga alla sorgente dell’istante / e batte l’infinito della tua presenza /e tutto ha forma e tutto è /nuovamente”).
Ma non c’è, forse, alcun capovolgimento. Quella sfera di nebbia, quella melassa di voci e silenzi, luci e ombre che era la città, ora è diventata mare. è diventata quel mondo più vasto e ampio, che tutto comprende, già anticipato più volte nel libro, e qui apparso (quasi che nella notte si fossero rotti degli argini, quasi che con la pioggia si fosse allagato tutto) in tutta la sua immensità invadente e non nascondibile, ineluttabile. Un mondo senza patrie e dove tutto è patria, tutto è appartenenza, e presenza, un mondo da dove non si può fuggire (e già Ferrara, ricordiamo, era la città “dove fallisce infine ogni fuga”).

[Claudio Damiani]

 
 
 
 

                         A Ferrara
 
 
Dopo vent’anni in silenzio ti ritorno
a guardare dritto nel centro del cuore
da viaggiatore che ormai più non cerca
 
da tempo alcun riferimento, madre
tanto lieve distratta e inadempiente,
eternamente infante, mia Ferrara
 
non una ruga sul volto solamente
i bar sono cresciuti e i tuoi locali
aperti alle truppe ferme sull’attenti
 
di giovani in divisa in vista dell’aperitivo
iscritti d’ufficio alle “compa” che a sera
si trovano al piazzale dell’Iper a bruciare
metà della serata nel decidere che fare.
 
Torno per l’abbraccio di chilometri di Mura
con le mani aperte che non ne sanno altre
 
gli occhi tra gli occhi dei dissimili distanti;
 
per il muschio fradicio e l’alloro dei giardini
il manto di silenzio che apre i giorni festivi,
per il canto stonato dei colombi che ricorda
il ritmo sincopato del verso quando inciampa,
 
per lo strenuo pulsare di esauste campane
che al dovere richiamano l’ultimo fedele,
per le braccia tese dei vecchi al davanzale,
gli screzi delle donne al mercato di quartiere,
 
per i negozianti che di me sanno gli orari,
tutto quel che conta, il nome dei miei cani,
per la quiete bella da farwest inabitato
quando dopo cena scatta il coprifuoco,
 
per l’accorto slalom in centro tra le bici,
 
gli incroci di volti e i balconi fatiscenti,
i vicoli scavati come tunnel tra i palazzi,
 
i fregi sui portoni e le pallide iscrizioni,
la silente sconfitta di austere prigioni.
 
Torno a sentirmi raccontare dalle pietre,
dall’albero grande dove seppellivo
in un dolce rito l’amato uccellino,
 
torno a sarchiare la nebbia per scoprire
il volto di ricordi che non vogliono svanire
e restano sepolti come spettri per restare,
 
digradano nel buio i luoghi del calvario
trasferito a Cona l’ospedale è nel lontano
ricorda ormai solo un college americano
 
la scuola che ha visto la mia liberazione
dagli altri nel bagno all’ora di ricreazione
molto prima che imparassi ad abbracciare
la nostalgia del mondo, la siccità d’amore.
 
 
 
 
 
 

Parco Massari, II
 
 
Alto e contorto si tiene
alla terra per non cadere,
 
sinuoso scala il cielo e riapre
ossute le braccia per restare
 
in bilico sul filo della stagione
 
dove flessuose danzano le dita
in ampie volute di radici la vita.
 
 
 
 
 
 
ESAURITO
 
 
Una recensione dell’Editore: qui
 
 
 
 
 
 

Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.