Un’intervista a Marco Amore

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Da Il Raccoglitore
 
 

Marco Amore, classe 1991, un giovane poeta beneventano che negli ultimi sei mesi ha viaggiato in lungo e in largo per il Bel Paese chiamato a presenziare come ospite a importanti eventi e prestigiose rassegne letterarie per parlare della sua ultima opera Farràgine, pubblicata da Samuele Editore.

 

Marco, raccontaci come e quando inizia la tua carriera letteraria.

Sono sempre stato un lettore piuttosto vorace – passavo dai best-seller di King a letture impegnative senza soluzione di continuità – e questo mi ha portato a esprimermi molto precocemente attraverso la stesura di racconti. Poi, crescendo, sono venute le prime pubblicazioni, i primi concorsi vinti e le prime presentazioni in giro per l’Italia. A quegli anni prolifici e spensierati è seguito il mio ingresso nel mondo dell’arte, quindi è arrivata la pubblicazione del mio ultimo libro.

 

Perché Farràgine è stato definito un ‘libromassa’? E come nasce questo titolo?

«Libromassa» perché il suo essere un’opera apparentemente disarticolata, farraginosa, a tratti quasi aforistica, coincide con il suo essere un’opera ad ampio respiro. Deve il titolo a una cartella che avevo ribattezzato così sul mio vecchio computer, e che conteneva una serie di tentativi di scrittura abbandonati i quali avrebbero trovato in seguito collocazione tra le sue pagine.

 

Puoi vantarti di aver avuto l’onore che la prefazione alla tua opera fosse a cura della nota poetessa Giovanna Frene, che effetto fa?

Posso solo dire che non mi aspettavo tanti complimenti da Giovanna e non nego che la cosa mi abbia galvanizzato. Farràgine rappresenta un periodo alquanto particolare della mia vita, e vedere che una poetessa stimata apprezza il tuo lavoro fa sempre molto piacere.

 

L’esordio letterario avviene per te da giovanissimo: che evoluzione ha subito la tua scrittura?

Il mio stile si è temprato nel tempo fino a raggiungere il giusto equilibrio formale. Detta così sembra niente, ma ti assicuro che non è affatto facile riuscire a trovare una voce nel marasma che mi porto dentro… perché ciò implica non solo l’aver scritto abitualmente per anni, bensì il raggiungimento di una dimensione personale che difficilmente si acquisisce anche con il sudore della fronte.

Francesca Ghezzani

 
 
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