Un’intervista a Juan Arabia su Pangea

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Da Pangea

 

L’icona dice molto, quasi tutto. Il viso canonico di Arthur Rimbaud, dionisiaco. I capelli all’aria, come falangi di uccelli in migrazione. Dito davanti alle labbra. Come a dire: ‘zitti tutti, parla la poesia’. Siamo nel 2013. Nasce la rivista di poesia più affascinante e folle d’Argentina. Buenos Aires Poetry. Primo numero: intervista a John Ashbery, il grande poeta statunitense, morto in settembre.

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Rimbaud vi dice: “zitti tutti, parla la poesia!”. Il logo di Buenos Aires Poetry

La rivista (che vedete qui) ha una grafica scattante, tra avanguardia e preraffaelliti, indaga con smaliziata acribia i grandi poeti di oggi (nel numero 6 c’è una intervista a Charles Wright, altro titano lirico americano) e i numi del passato: l’ultimo numero è dedicato a Dylan Thomas, gli altri ad Arthur Rimbaud e ad Ezra Pound. Paradossi di una globalizzazione fatta assecondando la bussola di Lord Jim: per capire la ‘poesia occidentale’ tocca sbarcare a Buenos Aires. Dietro il progetto di ‘BAP’ c’è Juan Arabia, ‘il Lawrence d’Arabia della poesia’, come dice, sbandierando sorrisi, l’editore italiano Walter Raffaelli. Giovane (classe 1983), figlio di immigrati calabresi, allampanato, vivacemente ‘maledetto’, assolutamente colto. Laurea sull’opera di John Fante, Arabia ha tradotto Rimbaud e Pound (Lustra), scrive poesie, per fortuna tradotte in Italia (Il nemico dei Thirties, Samuele Editore, 2017, pp.86, euro 12,00), dove si rivela la sua personale mitologia radicale: Rimbaud (“Qui Rimbaud ancorò la sua barca immobile”), Verlaine, Dylan Thomas (“Reggevi il tuo bicchiere,/ imprigionata da demoni e tiepida in verità,/ di un altro tempo non risolto, e spine arenose”), Hart Crane, sulla soglia abbagliante del suicidio (“questa non è una caduta, è il lascito”). Insomma, radicalità radiosa ed ebbrezza maieutica. Il volo a Buenos Aires, con ali virtuali, incontro i pazzi poeti oltreoceanici, era necessario.

Intanto. Come è nato il progetto di Buenos Aires Poetry? Ho visto che hai una vocazione ‘internazionale’: che tipo di poesia si legge oggi in Argentina, quali sono i grandi poeti argentini di oggi?

Buenos Aires Poetry nasce come una estensione della mia formazione, delle mie letture. Con il passare del tempo, è diventato luogo di incontro di diverse espressioni artistiche, di Camila Evia – che è responsabile del progetto grafico di ‘BAP’ – e di poeti e critici come Neil Leadbeater, Víctor Rodríguez Núñez, Lucas Margarit, Antonio Nazzaro y Mariano Rolando Andrade (tra quelli che costrituiscono il comitato editoriale della rivista). Quanto al resto, non sono molto informato su ciò che si legge specificamente in Argentina. Come in ogni altra parte del mondo, mediazioni e compromessi sono ampi e ciò che viene divulgato segue logiche che hanno poco a che vedere con la qualità estetica”.

Il primo numero di BAP è dedicato a John Ashbery, il grande poeta statunitense. Tu hai studiato John Fante. Come mai questo fascino verso la letteratura nordamericana?

Buenos_Aires_Poetry_N°1“Come in ogni grande sistema di oppressione e di potere, negli Stati Uniti emergono – o meglio, sono emerse… – le forme più radicali di resistenza e di ‘contropotere’. Penso ad autori come John Fante, Ezra Pound, Kenneth Rexroth, Jack Kerouac. Il mio interesse per John Fante deriva dalla mia più intima origine e ‘formazione’: sono anche io discendente diretto di immigrati italiani – dalla Calabria. Il padre di John Fante (Nicola) perse l’imbarco per l’Argentina, per questo finì, all’inizio del secolo scorso, a Denver, Colorado”.

Hai tradotto Ezra Pound. Pound ha vissuto ed è morto in Italia, un paese in cui i critici letterari tendono ancora a sottolineare il suo ‘fascismo’ più che la sua grandezza lirica. Spiegaci: perché Pound è così importante? Che cosa ti affascina di lui?

“Oltre a essere un grande poeta in grado di far rivivere il meglio della tradizione letteraria (da Li Po a Cavalcanti, da Arnaut Daniel a Browning e Villon…), è stato l’unico poeta della storia che ha affrontato con esito straordinario tutte le forme di ostruzione al potere: culturale ed economica”.

 

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