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Tutintùn – Ezio Solvesi



 
 
Tutintùn
Ezio Solvesi
Prefazione di Fulvio egato
Pagine 92
Prezzo 12 euro
ISBN 978-88-94944-14-3
 
 
 


 
 
 

Se leggessimo Solvesi, le sue poesie, per cercare significati intrinseci o metafore aperte a più e varie considerazioni e contraddittori, sbaglieremmo al punto da considerare le sue opere come fossero non rilevanti. E questo sarebbe certamente un errore.

Come se volessimo, di fronte ad una tela raffigurante un paesaggio o un particolare di natura morta, cercare un senso o un’accezione che l’artista stesso non aveva intenzione di rappresentare o nascondere.

Certo è che nel nostro tempo, non si è più portati e usi alla semplicità data da una naturale e reale immagine, appena sfumata e intarsiata dall’occhio di chi la guarda e, in fondo, replica.

Solvesi stesso denuncia e spiega che la sua non è opera concettuale o accademica, bensì semplice constatazione di realtà che circonda e veste. A questo punto però, va ricordato che anche le cose semplici sono comunque trasfigurazione, evocazione, discorrere poetico che come strumento e stilo non può se non attingere nel ricordo che nei versi migliori diventa collettiva memoria. “Finalmente,/son de novo a casa,/rente el mio mar”.

Scrittura che va “guardata” o perfino “annusata”, tanto forte, in certi brani, è l’uso d’una parola assolutamente improvvisa e schietta, senza possibilità d’interpretazione: “Carso, piere bianche, bora”.

È un paesaggista Solvesi, che usa toni di colore a volte tenui, a volte carichi come i Fiamminghi facevano, vividi rossi e blu, oro.

Però soprattutto guarda Trieste, la sua città, che ogni volta rivede come diversa e inaspettata, e si confonde e meraviglia come fosse una città nuova. E molto probabilmente è così perché l’età passando ha trasformato tutti e due, città e poeta. Ma anche quella “ripresa del paesaggio” tanto cara a Zanzotto, dove l’uomo/poeta deve ricollocarsi in una natura/città inevitabilmente cambiate e trasformate, vedendole col verso d’adesso e a volte sovrapponendole a un tempo passato ma che mai è scappato dal ricordo.

dalla prefazione di Fulvio Segato

 
 
 
 
Riva de Bàrcola
 
Co’ nei oci
el smeraldo dei pini
e ‘l cobalto del ziel;
co’ ne le ‘rece
el rombo de le onde
e i zighi dei cocài
e ‘l profumo de salso
e ‘l sol, che me careza la schena.
Finalmente,
son de novo a casa,
rente el mio mar.
 
 

Riva di Barcola
Con negli occhi / lo smeraldo dei pini / e il cobalto del cielo; / con nelle orecchie / il rombo delle onde / e le strida dei gabbiani / e il profumo di salso / e il sole, che m’accarezza la schiena. / Finalmente, / sono di nuovo a casa, / vicino al mio mare.

 
 
 
 
 
 
Piova a Trieste
 
Bati la piova,
su le foie del viale,
sui rossi copi del teto,
sui scuri serai de le camere,
su le ombrele, verte,
de le babe in Corso.
 
Bati forte la piova,
su la zità.
Ogni contrada
diventa un patòc
e l’aqua cori,
zo de le rive,
strassinando giare e scovàze.
 
Piovi su Trieste,
ma, quando finissi,
se alza fresca una bavisèla
e tuto par più bel e più neto
e i teti de la mia zità
lucica, rossi, soto el sol.
 
 

Pioggia a Trieste
Scroscia la pioggia / sulle foglie del viale, / sui rossi coppi del tetto, / sulle chiuse persiane delle camere, / sugli ombrelli spalancati / delle signore in Corso. // Batte forte la pioggia, / sulla città. / Ogni strada / diventa un torrente / e l’acqua corre, / lungo i pendii, / trascinando ghiaia e spazzatura. // Piove su Trieste, / ma, alla fine, / s’alza fresco un venticello / e tutto sembra più bello e pulito / e i tetti della mia città / luccicano, rossi, sotto il sole.

 
 
 
 
 
 
Costiera
 
Zoga tra i scoi el mar,
se scondi el sol
drio de Mìramar
e un borìn fresco se alza
a sbisigàr tra i pini.
Tanta mularìa,
sentàda per tera,
se godi l’oro del tramonto.
Xe chi zoga ancòra,
in aqua, tra zento schizi.
Xe chi se struca e se basa,
nel scuro che riva,
sconto soto una coverta de stele.
Xe chi, su la chitara,
taca a sonar
eterne melodie
de amor, de morte, de nostalgia.
Intanto xe za note
e mile fiame impìza el golfo
e l’onda, sonora,
la canta,
là soto,
tra i scoi.
 
 

Costiera
Gioca tra gli scogli il mare, / si nasconde il sole / dietro Mìramar / e un borino2 fresco s’alza / a giocare tra i pini. / Tanti ragazzi, / seduti in terra, / si godono l’oro del tramonto. / C’è chi gioca ancora, / in acqua, tra cento schizzi. / C’è chi si abbraccia e si bacia, / nel buio che arriva, / nascosto sotto una coperta di stelle. / C’è chi, sulla chitarra, / attacca a suonare / eterne melodie / d’amore, di morte, di nostalgia. / Intanto è già notte / e mille fiamme accendono il golfo / e l’onda, sonora, / canta, / lì sotto, / tra gli scogli.

 
 
 
 
 
 
Voleria esser albero
 
Go pensa’ che
volerìa forsi esser albero.
Un bel albero, alto,
e pien de foie
che se lassa dismissiàr
de la Bora.
Me piaserìa forsi
esser una vecia quercia
co i rami grossi e longhi
pieni de nidi e de zighi
de useleti.
O, forsi, me piaserìa esser
un sariesèr, co la scorza lissa
e elegante, pien de fiori
in primavera e càrigo de merli
che ghe ruba le sarièse d’istà.
O, forsi, sarìa bel esser un olivo,
storto e gropolòso,
co le foie de arzento,
che varda el mar
de i pàstini de la costiera.
Sarìa forsi meio, però,
esser un pino, scuro e forte,
spetinà de la Bora,
rampigà su le piere,
bianche, del Carso.
Un pino pien de pignòi
che tuti i giorni,
al tramonto,
i scoiatoli venierà a zercàr.
 
 

Vorrei essere albero
Ho pensato che / vorrei forse essere albero. / Un bell’albero, alto, / e pieno di foglie / che si fa squassare / dalla Bora. / Mi piacerebbe forse / essere una vecchia quercia / con lunghi grossi rami / ricchi di nidi e di grida / d’uccellini. / O, forse, mi piacerebbe essere / un ciliegio, dalla corteccia liscia / ed elegante, pieno di fiori / a primavera e affollato di merli / ladri di ciliegie in estate. / O forse sarebbe bello diventare un olivo, / nodoso e contorto, / dalle foglie d’argento, / a scrutare il mare / dai pastini della costiera. / Sarebbe forse meglio, però, / essere un pino, scuro e forte, / spettinato dalla Bora, / arrampicato sulle pietre, / bianche, del Carso. / Un pino ricco di pinoli / che tutti i giorni, / al tramonto, / gli scoiattoli verranno a cercare.

 
 
 
 


 
 



 
 
 
 

Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.