Sandro Pecchiari e Luigi Cannillo al San Marco di Trieste – 2 marzo

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Mercoledì 2 Marzo
alle ore 18.00
presso la libreria e antico caffè San Marco a Trieste

SANDRO PECCHIARI E LUIGI CANNILLO

converseranno sui loro rispettivi libri
L’imperfezione del diluvio
(Samuele Editore 2015)
e
Galleria del vento
(La vita felice 2014)

 
 
 
 

L’imperfezione del diluvio

Un libro particolarissimo, questo di Sandro Pecchiari, pulito ferocemente dall’Autore fino a un’essenzialità assoluta, assolutizzante, necessaria. Libro che continua il discorso iniziato al Premio Carducci in Carnia ne Il Comune Rustico attorno alla traduzione e alle sue problematiche. Traduzione come confronto con se stessi, traduzione come spoliazione e riscrittura di se stessi. Terzo libro di un viaggio metaforico nel verso ma esistenziale nella vita vissuta dall’autore che da Verdi anni e il suo percorso temporale era approdato a Le svelte radici dove essere nel mondo, pare dirci questo Sandro Pecchiari. Tutto entra in questa sorta di Canzoniere abitato e toccato dagli uomini, soprattutto attraversato, reso noto dall’importanza che hanno per il poeta i luoghi riportati alla fine dei versi, le città in cui quei versi sono stati ispirati. Pecchiari sceglie il “contatto” della visione, di immagini piane – ma anche labirintiche – che non dimenticano mai di attraversare le cose stesse (Mary Barbara Tolusso). Percorso che ne L’imperfezione del diluvio / An Unrehearsed Flood entra dentro al linguaggio con lo stesso spaesamento e la medesima ricerca di punti di riferimento dei precedenti libri, percorrendo attraverso la parola un’intera cultura (come nel precedente percorreva geograficamente) consegnando al lettore un libro di altissima poesia, rara nel panorama contemporaneo, con una domanda fondamentale non solo sulla traduzione ma sulla Poesia stessa.

 
 

Galleria del vento

Il grande tema della perdita attraversa tutto il libro. Ne è prova, ma non solo, il primo nucleo di poesie l’ordine della madre, concentrate intorno ai gesti postumi del figlio in lutto e che improvvisamente deve ricostruire e capire: la morte della madre tutto è, tranne che una questione sentimentale. L’esperienza del distacco dalle cose è la necessità della maturazione, del passaggio in un secondo tempo della vita quando una voce ci parla più sommessa, senza urlare e ci chiede uno sguardo più aperto, capace di abbracciare anche la morte, di darle una forma e un nome meno terribile. Il tema della perdita, allora, non può che essere declinato nell’altro, ben più vasto, della condizione destinale delle creature, fatta di meteore che attraversano improvvisamente la vita e la illuminano brevemente della luce di una verità postuma. Ecco allora delimitato un atlante di direzioni riconoscibilissime: sono i regni di competenza dei “dodici segni”, in cui la meditazione poetica perviene a delineare, con immagini e simbologie, i limiti e gli splendori di un agire per estrema ratio, bastante a se stessi, ai propri rischi mortali. Il senso del corpo, sembra essere restituito nella pienezza controllata della parola, e dall’ordine con cui la memoria prova a ridisegnare i luoghi dell’incontro, il partecipare nuovamente dell’evento ma questa volta nella luce malinconica – eppure più giusta – di ciò che essenzialmente è avvenuto e che ora ancora rimane.
dalla prefazione di Sebastiano Aglieco.